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 2012  luglio 26 Giovedì calendario

UN ICEBERG ANTISICCITÀ


Dal ghiacciaio di Petermann, in Groenlandia, si è staccato un iceberg di 120 chilometri quadrati, due volte l’area di Manhattan: miliardi di litri di acqua che andranno persi nell’Atlantico, mentre 783 milioni di persone, l’11 per cento della popolazione terrestre, secondo le ultime rilevazioni, non hanno acqua potabile. Ma proprio dagli iceberg potrebbe venire la soluzione alla mancanza di «oro blu», come è stata ribattezzata l’acqua, uno dei problemi del millennio. Lo afferma dagli anni Settanta Georges Mougin, un ingegnere navale di Saint Malo, cresciuto tra i pescatori di merluzzo di Terranova. «Da un iceberg di 30 milioni di tonnellate» stima Mougin «si possono ricavare 30 miliardi di litri d’acqua, pari alle necessità per un anno di una città di 550 mila abitanti».
L’idea aveva affascinato il giovane principe saudita Mohammed al-Faisal, che nel 1976 aveva fondato una società per portare un iceberg dal Polo Sud alla sua terra. «Ma all’epoca non potevamo provare che il nostro progetto fosse realizzabile» spiega Mougin, che a 87 anni ha la stessa energia di quando da giovane collaborava con l’esploratore polare Paul-Emile Victor. «Non conoscevamo le montagne sottomarine, che possono arrivare a 100 metri dal livello del mare. Solo i militari avevano queste informazioni, c’erano pochi satelliti e si sapeva ben poco delle correnti oceaniche».
L’entusiasmo del principe saudita per il progetto iceberg ricorda quello dell’emiro yemenita del film Il pescatore di sogni, che voleva creare un lago per la pesca dei salmoni nel deserto. Nel 1977 Faisal organizzò invano un convegno internazionale: a poco a poco il progetto finì nel dimenticatoio delle idee geniali ma irrealizzabili.
Fino a quando, nel 2009, Mougin non ha incontrato gli uomini della Dassault Systèmes, uno dei leader mondiali della tecnologia 3D. Un visionario come l’ingegnere francese non poteva trovare di meglio che una società il cui motto è «Passion for innovation». Così è nato il progetto Icedream e15 ingegneri e tecnici della Dassault si sono messi a lavorare per dimostrare che il progetto di Mougin non era così folle come poteva apparire. «La prima cosa che abbiamo fatto» spiega Cédric Simard, 38 anni, che coordina la squadra di ricercatori «è stata studiare la forma dell’iceberg sia nella parte emersa sia in quella sommersa per realizzare un modello in 3D. E poi abbiamo inserito nel programma tutti i dati sulla meteorologia, le correnti, le onde, i venti e i vortici dell’Atlantico del Nord, per simulare tutte le condizioni che il nostro iceberg potrebbe incontrare nel suo viaggio da Terranova alle Isole Canarie, ipotizzato da Mougin per provare la fattibilità del suo progetto». «Una mera operazione di mecenatismo » tengono a precisare alla Dassault Systèmes «che è costata circa 250 mila euro, contro gli 8 milioni di euro che servirebbero per attuare il progetto realmente».
Nella simulazione è stato usato un iceberg da 7 milioni di tonnellate alla partenza, che, secondo la simulazione, dovrebbe perdere un terzo del proprio peso durante il viaggio della durata di quattro mesi: gli oltre 4 milioni di tonnellate di ghiaccio rimanenti potrebbero assicurare acqua potabile per un anno a 70 mila persone.
Il progetto che Mougin ha elaborato con il collega François Mauviel prevede l’uso di un iceberg «tabulare», quelli piatti e di forma piuttosto regolare che sporgono di una ventina di metri sopra il livello del mare e raggiungono i 200 metri di profondità: non si rovesciano e difficilmente si spezzano in due. «Grazie al sistema dei satelliti Argos» aggiunge Mougin «possiamo individuare l’iceberg giusto e catturarlo con due rimorchiatori che lo circondando con una enorme rete da tonni. Una volta preso l’iceberg viene circondato da una specie di cintura rigida alta 12 metri, 6 sopra il pelo dell’acqua e 6 sotto, che lo protegge dall’erosione causata dalle onde». Dalla cintura rigida scende una «gonna» in tessuto isolante, lunga 200 metri, che protegge la parte immersa dell’iceberg e ritarda il processo di scioglimento.
Se nella simulazione è stato usato un iceberg da 7 milioni di tonnellate, nella realtà Mougin ne vorrebbe usare uno da 20 milioni di tonnellate, «perché più grande è l’iceberg, minore è la quantità di ghiaccio che si perde in proporzione. Se perdiamo 20 metri di spessore per lato su un bordo di 100 metri ne restano 60, ma se il bordo è di 400 metri ne restano 360».
Per trainare una massa così imponente servirebbero quattro o cinque rimorchiatori oceanici e la spesa di carburante e l’inquinamento renderebbero l’impresa troppo onerosa. Ma qui entrano in gioco le correnti che vanno dall’America verso l’Europa. «A noi servirà un solo rimorchiatore oceanico per indirizzare il nostro iceberg sulle giuste correnti e portarlo sino alle Canarie, dove una volta arrivato potrà essere fatto a pezzi e trasformato in acqua dolce. Non solo, grazie alla differenza di temperatura con l’ambiente esterno, tutto quel ghiaccio potrà essere utilizzato come fonte di energia, consentendo vantaggiosi ricavi» prevede Mougin.
«La prima simulazione fu disastrosa» racconta Cédric Simard: «Per un mese l’iceberg rimase intrappolato in un vortice oceanico e girò in tondo, poi capimmo che bastava ritardare la partenza di un mese, a metà giugno, per riuscire a passare indenni e rispettare la tabella di marcia». Chiusa la fase sperimentale, Mougin conta di convincere il governo australiano a scommettere sul suo progetto per rifornire d’acqua l’Australia occidentale con un iceberg trainato dal Polo Sud. Ma, per convincere le autorità australiane, l’ingegnere navale francese deve prima dimostrare la fattibilità del suo progetto nell’Oceano Atlantico.
Così, nella primavera del 2013, Mougin vuole catturare tre piccoli iceberg e farli andare alla deriva in una baia di Terranova: due con le gonne di protezione e uno senza per valutare i tempi di scioglimento. Se questo primo test sarà coronato da successo, e soprattutto se riuscirà a convincere qualcuno a investire 8 milioni di euro, nella primavera del 2014 le acque dell’arcipelago delle Canarie saranno un po’ più fresche, perché a qualche centinaio di metri dalla costa sarà ormeggiato un enorme iceberg e l’endemica carenza d’acqua delle isole diventerà un problema meno pressante.

Damiano Iovino