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 2012  luglio 26 Giovedì calendario

ANTIBIOTICI FINANZIARI

Se lo chiedete ad un medico, vi dirà che il contagio è la trasmissione di una malattia, attraverso il contatto con i batteri o i virus che la portano. Anche nella finanza, vi dirà un economista, il coinvolgimento di un paese in una crisi internazionale può avvenire per contatto. Ad esempio, Spagna e Italia avrebbero potuto prendere il mal greco, attraverso un eccesso di crediti ballerini delle loro banche verso debitori greci, ormai inaffidabili. Ma non è andata così: l’esposizione delle banche europee verso la Grecia non è mai stata pericolosa. La crisi si è allargata dalla Grecia agli altri paesi, piuttosto, per imitazione: come se una malattia prendesse uno, solo perché è biondo o debole di fegato, a prescindere da ogni contatto. Qual era il punto debole comune ai paesi contagiati dalla crisi greca? I tedeschi non hanno dubbi. Tutti paesi con governi lassisti e spendaccioni, gravati da debiti pubblici troppo alti, di cui i mercati, ora, stanno chiedendo conto. Solo che non è vero. Le finanze pubbliche spagnole erano, prima del contagio, più in ordine di quelle tedesche. Il problema erano le finanze private, soffocate da una bolla immobiliare: a Madrid , le banche avevano prestato troppo e troppo facilmente. La differenza è importante, perché, a seconda che il problema sia nel privato o nel pubblico, la ricetta per la cura è diversa.
Invece, la cura applicata è stata la stessa per tutti: l’austerità.
Il premio Nobel Paul Krugman l’ha paragonata alle pratiche della medicina medievale: un salasso e, se il paziente appare più debole, nuovi salassi.
Naturalmente, non è bastato a fermare il contagio. Il punto debole comune, infatti, era un altro: la progressiva perdita di competitività delle economie mediterranee, rispetto alla Germania. Un punto debole che si sana con riforme a medio-lungo termine, a patto, però, che, nel frattempo, il paziente non sia finito in coma per troppa austerità. Come è, invece, avvenuto, dopo la Grecia, in Spagna, ormai in preda ad una profonda recessione. È un elemento che non è sfuggito ai portatori del contagio, cioè i mercati finanziari. Il paradosso della situazione attuale è che il meccanismo di trasmissione della malattia non è più dovuto alle condizioni specifiche o comuni dei malati. Il contagio avviene, invece, perché i mercati mettono apertamente in discussione la competenza generale dei medici e la loro capacità di approntare la cura del caso. Se non arrivano in fretta antibiotici e vitamine, dicono i mercati, il default, cioè il collasso del paziente, è inevitabile. Ma i medici sembrano riluttanti, impegnati a discutere se è il caso di somministrare antibiotici e vitamine, prima che il paziente abbia riassunto il peso forma.
Più ancora che le vitamine (cioè i piani per la crescita economica), il problema immediato sono gli antibiotici. Per fermare il contagio, occorre, anzitutto, spegnere la febbre, debellare l’infezione, liquidare il virus. Ovvero, bloccare la spirale che sta portando i rendimenti sui titoli pubblici spagnoli e italiani a livelli non sostenibili, al di là di quello che Madrid e Roma possano pagare. Come per ogni contagio, bisogna anzitutto erigere delle barriere di protezione, che blocchino la trasmissione della malattia. Finora l’Europa ha eretto barriere troppo piccole e lo ha fatto, ogni volta, troppo tardi, ponendo mille vincoli e condizioni. È così anche per l’ultimo Fondo Salva-Stati, le cui risorse sono insufficienti a tamponare una crisi spagnola e italiana. La dose-shock di antibiotici necessaria a riportare alla normalità la temperatura dei mercati dei titoli pubblici europei può venire, probabilmente, solo da Mario Draghi e dalla Banca centrale europea.