Maurizio Crosetti, la Repubblica 26/7/2012, 26 luglio 2012
Più laureati e mamme, poco Sud così è cambiata l’Italia in 4 anni– I290 azzurri alle Olimpiadi raccontano bene un’Italia che cambia: un paese in forte mutazione socioeconomica, e allo stesso tempo una realtà zavorrata da pesi antichi
Più laureati e mamme, poco Sud così è cambiata l’Italia in 4 anni– I290 azzurri alle Olimpiadi raccontano bene un’Italia che cambia: un paese in forte mutazione socioeconomica, e allo stesso tempo una realtà zavorrata da pesi antichi. Da un lato, le donne non sono mai state così tante: 126, vale a dire il 43,3 per cento, il doppio rispetto a vent’anni fa. Gli atleti nati all’estero sono 24, e ovviamente non mancano i cosiddetti G2, gli italiani figli di stranieri. Eppure, dando un’occhiata alla geografia, si scopre che il Sud resta indietro: 17 regioni rappresentate, ma senza Molise e Basilicata, come 4 anni fa a Pechino (la terza regione mancante è la Valle d’Aosta che nel 2008 c’era, al posto della Calabria). Storia vecchia, purtroppo sempre nuova. I lombardi (lombardi, non padani) rimangono la maggioranza come già a Pechino: 49, il 18,4 per cento. Segue il Lazio con 38. La presenza del nord-est è sempre massiccia, mentre il Piemonte si dimezza: 10 atleti contro i 20 del 2008. Stavolta, però, i confini da considerare sono più vasti. Si assiste a una specie di “mondializzazione” della squadra, con 11 ragazzi nati nell’Est europeo, 4 in Germania, 2 in Sudamerica (e il pallanuotista Pietro Figlioli, nato a Rio, ha pure il passaporto australiano), 3 in Centroamerica, 3 in Africa e una in Cina, la campionessa del tennistavolo Wenling Tan Monfardini. Percorsi diversi, il colore azzurro ottenuto per matrimonio o naturalizzazione, ma pure essendo italiani dal primo vagito, nonostante sia così difficile ottenere la cittadinanza dopo i diciott’anni: una legge troppo restrittiva, lo ripete anche il presidente Napolitano. La squadra azzurra, per gli amici “I-Team”, si è notevolmente snellita, per trovare una spedi- zione più sparuta occorre tornare a Seoul ’88. Il conto è fatto: mancano 22 calciatori, 8 canoisti, 7 velisti, 3 cavallerizzi, 3 sollevatori di pesi, 3 ciclisti, un lottatore. Nell’atletica siamo sotto di 11. Possiamo consolarci pensando che la Germania è scesa dalle 8 squadre di Pechino a 3, il colosso cinese che ne aveva 14 adesso è a 5. Numeri che non cambiano l’auspicio del Coni, vincere almeno 25 medaglie (nel 2008 furono 28: 8 ori, 10 argenti e altrettanti bronzi). L’Italia almeno non è invecchiata: 27,6 anni di età media, un po’ meno che a Pechino (27,7), anche se in Cina c’erano i calciatori “under 21” a spostare l’equilibrio. Nonostante la crisi economica, il ricambio generazionale non manca. Siccome le carriere sportive si sono allungate, anche il numero dei laureati è in aumento: 32 su 290, a Pechino erano 27 su 340. I cervelloni hanno un’alta densità nel tiro a volo (3 su 8, tra cui il teologo Pellielo), le laureate della squadra di pallanuoto femminile sono 4 (il capitano e centroboa Elisa Casanova fa la commercialista a Genova), e neppure uno tra i maschi. Nella vela abbiamo due architetti, il lanciatore del martello Lorenzo Povegliano è medico. Il professionismo di Stato continua ad essere una risorsa: i militari sono più dei civili, 183 a 107, il sorpasso racconta di carriere che procedono su binari solidi, garantendo non ricchezza ma tranquillità, tempo per allenarsi e un lavoro sicuro quando lo sport sarà un ricordo. Ma ha un costo: gli atleti con le stellette ricevono ogni anno 3,5 milioni dal Coni. Cambia anche la mappa coniugale: aumentano gli sposati (16 donne, 26 uomini) e i genitori (8 mamme e 12 papà). La sintesi è in Josefa Idem, 47 anni e 9 mesi, mamma e campionessa inimitabile. Potrebbe essere sua figlia la ginnasta Francesca Deagostini, 15 anni e 11 mesi. Una mamma come Josefa sarebbe da augurare a tutti, non solo a lei.