VARIE 26/7/2012, 26 luglio 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. IL CASO ILVA
REPUBBLICA.IT
TARANTO - Il gip di Taranto Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro senza facoltà d’uso dell’intera area a caldo dello stabilimento siderurgico Ilva. I sigilli sono previsti per i parchi minerali, le cokerie, l’area agglomerazione, l’area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi. Disposti otto arresti per gli indagati nell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici del siderurgico. Gli operai sono usciti dallo stabilimento e hanno dato vita a una manifestazione sulle statali Appia e 106. Poi in corteo hanno raggiunto il centro della città per un presidio sul ponte giravole. Sono circa 5.000, 200 quelli in sit-in davanti alla Prefettura. "Chiederò che il provvedimento di riesame avvenga con la massima urgenza", fa sapere il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che nel frattempo a Roma ha firmato a Roma il patto per le boniche e il risanamento di Taranto: un accordo da 336 milioni di euro.
FOTO MIGLIAIA DI OPERAI IN CORTEO
I SIGILLI E GLI ARRESTI
- Sono 8 gli indagati, tra dirigenti ed ex dirigenti dell’Ilva, per i quali il gip ha disposto i domiciliari. Cinque di questi erano già inquisiti e avevano nominato propri consulenti nell’ambito dell’incidente probatorio. I provvedimenti sono stati firmati ma non ancora notificati. Riguardano il patron Emilio Riva, presidente dell’Ilva Spa fino al maggio 2010, il figlio Nicola Riva, che gli è succeduto nella carica e si è dimesso un paio di settimane fa, l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, il dirigente capo dell’area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, il responsabile dell’area agglomerato, Angelo Cavallo. La misura cautelare, però riguarderebbe anche altri tre dirigenti che hanno assunto incarichi in tempi più recenti . Per quanto riguarda i sigilli agli impianti, sono state individuate anche tre figure tecniche (due funzionari dell’Arpa Puglia e uno dei Dipartimenti di prevenzione dell’Asl di Bari) che dovranno sovrintendere alle operazioni e garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Della gestione delle fasi che attengono al personale si occuperà un commercialista e revisore contabile. Due le ordinanze del gip Todisco: quella che dispone il sequestro di sei impianti è di circa 300 pagine (come l’altra per gli arresti) e contiene, tra le motivazioni del provvedimento, anche pezzi dei risultati dell’incidente probatorio durante il quale sono state discusse due perizie - una chimica e l’altra medico-epidemiologica - disposte dal magistrato su richiesta della Procura.
IL MINISTRO - "La magistratura sta procedendo al sequestro degli impianti e ad altre misure cautelari - dice Clini - e "l’intenzione del governo è di sostenere la continuazione delle attività produttive nel sito industriale". Per questo - aggiunge - "chiederò che il riesame dei provvedimenti giudiziari avvenga nel minor tempo possibile, entro giorni e non mesi, perché non possiamo sostenere il probabile clima di tensione economica e sociale". "L’iniziativa della magistratura incide sulla vita di 15mila persone", ha aggiunto Clini assicurando che il Governo "vigilerà sul fatto che l’azienda continui a stare a Taranto anche per potare avanti il programma di risanamento ambientale". Secondo il ministro, infatti, nonostante i provvedimenti giudiziari, "non è detto che l’impianto venga chiuso, anche perché non si tratta di impianti che si chiudono con un bottone, e quindi abbiamo un ragionevole tempo per risolvere la situazione".
LA PROTESTA - I sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm hanno organizzato la mobilitazione avendo avuto sentore dell’imminente notifica del provvedimento da parte dei carabinieri. Un assembramento di 3-4000 persone si è formato sulla statale 7 Appia, all’altezza della direzione aziendale, ed è partito in corteo verso il centro della città. Altre 3000 persone, dipendenti del 2° turno, si sono uniti alla manifestazione. Un nuovo blitz dopo quello di ieri, chiamato dai lavoratori stessi ’sciopero preventivo’. Il rincorrersi di voci sul sequestro, la tensione alle stelle, la città blindata: i lavoratori stremati dall’attesa hanno deciso di dare vita alla protesta, mentre a Roma il governo, gli enti locali e le parti sociali firmavano l’accordo sulle bonifiche e per il risanamento della città jonica. Una manifestazione si è svolta anche nella capitale, sotto al ministero dell’Ambiente. Un elicottero dei carabinieri dalla mattina sorvola l’area dello stabilimento e le strade che portano al centro di Taranto sono presidiate dalle forze dell’ordine. I lavoratori sono gli stessi che il 30 marzo invasero la città. Quella volta erano il doppio e sfilarono nel giorno in cui venivano consacrate in incidente probatorio due perizie che accusano Ilva di produrre, oltre all’acciaio, malattia e morte. "L’azienda ecocompatibile va bene - dice un operaio - ma bisogna dare tempo all’azienda. Noi dobbiamo continuare a lavorare, altrimenti dove si va?". "In questa città - gli fa eco un collega - le prospettive sono quasi zero. La chiusura dell’Ilva manderebbe in crisi le nostre famiglie. Sarebbe una decisione traumatica".
GLI AVVERTIMENTI - I magistrati sono come rinchiusi in un bunker. Non hanno la scorta, ma quella che si chiama sorveglianza speciale, una macchina delle forze di polizia li segue passo dopo passo per paura di qualche esagitato. "Cinque lettere negli ultimi anni, senza mai avere avuto una risposta" ha ripetuto fino all’ultimo il procuratore di Taranto, Franco Sebastio da settimane. L’ultima - alla Regione, alla Prefettura, al ministero eccetera eccetera - diceva così: "Dal contenuto della relazione tecnica depositata si desumono elementi conoscitivi tali da destare particolare allarme. Gli elementi fin qui accertati possono e debbono essere valutati dagli enti diretti destinatari di questa comunicazione, i quali sono titolari di specifici ’poteri-doveri’ di intervento in materia di intervento (...) c’è da tutelare il diritto alla salute e quindi alla vita, unico di tali diritti che, oltre ad essere assoluto e valido erga omnes, non tollera alcun contemperamento ".
IL ’PATTO PER TARANTO’ - Le risorse per "interventi urgenti di riqualificazione ambientale" a Taranto saranno pari a "un importo complessivo di 336 milioni di euro". Lo ha detto Clini spiegando i contenuti del protocollo d’intesa firmato oggi al ministero, mentre era in corso una manifestazione cui hanno partecipato alcuni cittadini di Taranto organizzati in comitati e associazioni ("Aria irrespirabile, cibo inquinato e acqua imbevibile" gli slogan scanditi). L’accordo prevede una "cabina di regia" presieduta dal presidente Vendola. La firma del protocollo è arrivata oggi al termine una riunione al ministero che ha coinvolto anche le istituzioni locali e i sindacati. E l’intesa "non è una risposta alle iniziative della magistratura ma un impegno per andare avanti in tempi rapidissimi", ha sottolineato ancora Clini spiegando che "le autorità daranno le prescrizioni per gli interventi che saranno a carico dell’impresa: questo accordo serve quindi a velocizzare le procedure per identificare gli interventi che l’azienda deve fare".
REGIONE PARTE CIVILE - Se si dovesse arrivare al processo, la Regione Puglia si costituirà parte civile, annuncia Vendola. "Se la magistratura - dice - avesse indicato delle prescrizioni, l’Ilva avrebbe il dovere di adempierle". "In tutte le vicende in cui c’è la lesione di un danno collettivo - prosegue Vendola - normalmente ci costituiamo parte civile. E penso che lo faremo anche in questo caso". In questo momento, osserva però il governatore della Puglia, "il pensiero è per gli operai e le loro famiglie, a cui va tutta la solidarietà di chi vive con grande apprensione quello che sarebbe disastroso per Taranto, la Puglia e l’economia italiana".
(26 luglio 2012)
IL MINISTRO CLINI
ROMA - Non si tratta di una risposta alle "iniziative della magistratura". Ma un impegno per risolvere la questione in tempi rapidi. E per sostenere "la vita dello stabilimento" nonostante il sequestro dei reparti. Il versante romano del caso Ilva 1 si chiama "Protocollo d’intesa per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto". Un documento che identifica "in maniera puntuale gli interventi da compiere per un importo complessivo di 336 milioni di euro". Così il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Che precisa: "l’attuazione degli interventi è affidata a una cabina di regia coordinata dal presidente della Regione Puglia".
Il protocollo è stato siglato anche dai ministeri delle Infrastrutture, dello Sviluppo Economico e per la Coesione Territoriale, nonchè da Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto. "Abbiamo rastrellato queste risorse in una situazione di enorme penuria, ma sono solo l’inizio di un ciclo che porterà risorse molto più cospicue: lo Stato e gli enti locali stanno dando un segnale di serietà, speriamo di poter dare pesto speranza di vita alla fabbrica".
Passera: "Garantire continuità operativa". Governo e istituzioni locali faranno tutto il possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità produttiva" dell’Ilva di Taranto. Lo afferma in una nota il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, secondo cui è fondamentale che, nel pieno rispetto delle procedure di legge, si garantisca la continuita.
Vendola: "Riesame del provvedimento". Il governatore della regione Puglia formula un auspicio: "un altro giudice riesamini quegli atti e provvedimenti giudiziari". E in particolare "quelli cautelari di sequestro: vanno letti puntualmente, perchè non significano automaticamente lo spegnimento della fabbrica". Il punto è tenere insieme la vita della fabbrica e la questione ambientale. Ancora Vendola: "Non possiamo immaginare che uno degli elementi sia soverchiante rispetto all’altro: appartiene a una cultura ecologista anche la difesa della continuità del reddito per 20mila famiglie".
Fassina: "Il governo segua la questione". Il sequestro degli impianti senza possibilità d’uso "è un fatto drammatico". Perchè l’Ilva e il relativo indotto sono "una realtà industriale ed occupazionale imprescindibile per il territorio tarantino, per il Mezzogiorno e per l’Italia". Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd, è netto. Sottolinea che "vi sono tutte le condizioni per la revoca del provvedimento: i miglioramenti tecnologici già attuati, le recenti normative approvate dalla regione Puglia su standard ambientali e salute. Da ultimo, proprio oggi, la firma di governo, istituzioni territoriali, proprietà e sindacati del protocollo d’intesa e lo stanziamento di 330 milioni di euro per le bonifiche". Poi la richhiesta al governo: "Chiediamo di seguire attivamente il problema". Ancora: "L’Ilva di Taranto da problema può diventare una straordinaria occasione di innovazione per la sostenibilità ambientale delle produzioni pesanti".
Legambiente. Il sequestro è il risultato di anni di politiche industriali "davvero irresponsabili". Legambiente esprime "la più profonda preoccupazione per la situazione che si è venuta a creare a Taranto". Perchè agli "annosi e drammatici problemi ambientali e sanitari" ora si aggiunge quello "occupazionale". Un vicolo cieco da cui "si rischia di uscire con soluzioni frettolose che non risolverebbero i problemi che hanno portato a questo sequestro".
I sindacati. "Cgil, Cisl e Uil sono a fianco di tutti i lavoratori coinvolti, sia diretti che dell’indotto. Perché il diritto al lavoro, pur nel rispetto delle prerogative della magistratura, non può essere messo in discussione in un Paese già così colpito dalla crisi economica ed occupazionale". I segretari generali Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti si esprimono così sulla vicenda dell’Ilva. E aggiungono che già a partire da domani nelle assemblee convocate dalle organizzazioni verranno attivate tutte le iniziative utili al sostegno della vertenza, con lo scopo di difendere e tutelare il lavoro".
"La drammatica situazione occupazionale dell’Ilva di Taranto rischia di compromettere anche gli altri siti di Genova e Novi Ligure - sottolineano i tre leader sindacali - e per questo desta la nostra preoccupazione. Il protocollo sottoscritto oggi da Governo, Regione ed Enti Locali è un atto importante che segna la volontà di impegnare risorse pubbliche per la bonifica e il riassetto del territorio sull’intera area tarantina".
(26 luglio 2012)
REPUBBLICA.IT - ANTONIO CIANCIULLO
TARANTO - Le chiamano "colline ecologiche" ma di ecologico hanno ben poco. Ingannano l’occhio, non il naso, non la pelle di chi vive a Tamburi, il quartiere assediato dalle ciminiere dell’Ilva, la più estesa acciaieria d’Europa. Per decenni nuvole di polvere carica di diossina hanno scavalcato questo esile diaframma di terra che separa la fabbrica dalle case seminando un tappeto rosso e nero sulle strade, sui giardini, sui balconi. Per decenni a Tamburi si sono stesi i panni solo quando non soffiava la tramontana, altrimenti bisognava rilavarli appena asciutti. Per decenni si è accettato di convivere con un vulcano artificiale che aveva preso in ostaggio Taranto dando 13 mila posti di lavoro in cambio della salute di tutti.
IL SONDAGGIO 1 / LA TABELLA: I DATI SULLA DIOSSINA 2
Sembrava una battaglia persa quella contro la "testa del drago", la ciminiera da 220 metri che sputa gli inquinanti prodotti da una città d’acciaio più grande della città di pietra: 1.500 ettari di fabbrica che nel 1961 si sono fatti largo spazzando via antiche masserie e greggi, stravolgendo il profilo di questo angolo di Puglia e continuando a divorare terra, fino a fermarsi proprio sul limite dell’acquedotto romano. Ma il Capodanno del 2011, quando arriviamo in città "inviati" dalle migliaia di lettori di Repubblica.it che attraverso il primo sondaggio mensile del sito ci hanno chiesto di occuparci di questa realtà poco conosciuta, scopriamo una sorpresa: l’attacco feroce della diossina si sta placando, le emissioni rientrano nei limiti e ora l’attenzione si sposta sulla necessità di saldare i conti con il passato. Bisogna misurare i danni prodotti in decenni di inquinamento selvaggio e bonificare le aree più contaminate.
"Oggi la situazione non è più da emergenza, ma quanta diossina abbiamo respirato in mezzo secolo di emissioni non lo sa nessuno perché mancavano i rilevamenti con i numeri esatti", spiega Gino D’Isabella, segretario della Cgil di Taranto. "Però era tanta. E per molti anni la nostra città è rimasta in cima alle classifiche sull’inquinamento perché per molti anni la direzione dell’azienda, nata come Italsider e acquisita nel 1995 dal gruppo Riva, ha cercato di eludere il problema. Un problema che sarebbe stato ben diverso se nel 1961 fosse stato accolto il parere della commissione tecnica che suggerì di costruire la fabbrica dieci chilometri più in là. Purtroppo le classi dirigenti dell’epoca scelsero in base alla proprietà dei terreni, non alla logica".
Quando finalmente si è cominciato a misurare la diossina si è scoperto che le quantità in gioco erano decine di volte superiori ai valori di riferimento indicati dall’Unione Europea ed è cominciata una battaglia durissima che ha visto come protagonisti da una parte la Regione Puglia e i comitati dei cittadini, che chiedevano il limite più cautelativo (0,4 nanogrammi per metro cubo), dall’altra l’Ilva e il ministero dell’Ambiente che avanzavano dubbi sugli obiettivi proposti da Nichi Vendola.
"E’ stato un confronto molto acceso", ricorda Giorgio Assennato, direttore dell’Arpa Puglia. "E per arrivare a produrre i dati che hanno messo fine alla questione abbiamo dovuto far ricorso alle casse pubbliche perché a differenza di altre grandi aziende siderurgiche, l’Ilva non ha voluto pagare i rilevamenti al di fuori della fabbrica: sono state analisi lunghe e costose condotte a spese dei contribuenti. Ma il risultato è stato raggiunto e oggi i limiti fissati dalla Regione Puglia sulla diossina vengono rispettati. Il problema riguarda piuttosto il benzopirene, un composto cancerogeno su cui c’è ancora molto lavoro da fare: da alcuni rilievi risulta che la concentrazione a Tamburi è 5 volte più alta che nel centro di Taranto, cioè nel punto in cui nelle altre città si registra il picco".
Dati ufficiali sull’aumento delle malattie collegabili a queste emissioni non esistono. L’assessore all’ambiente della città, Sebastiano Romeo, osserva però che nel suo studio di medico l’aumento dei tumori e delle malattie respiratorie è "drammatico e consistente". E la responsabile del circolo Legambiente di Taranto, Lunetta Franco, aggiunge: "I dati non saranno stati ancora accorpati ufficialmente, ma a Tamburi si calcola che un bambino fumi più di due sigarette al giorno dal momento in cui nasce. Una situazione del genere può essere considerata accettabile?".
"Negli ultimi due anni le emissioni di diossina sono state abbattute del 90 per cento e anche quelle delle polveri sono crollate", replica Adolfo Buffo, della direzione Ilva. "Abbiamo investito un miliardo di euro solo per l’innovazione in campo ambientale e un impegno del genere ha dato i suoi frutti".
Ma il decreto ferragostano con cui il governo ha rimandato al 31 dicembre 2012 la scadenza per il tetto più cautelativo per il benzopirene (1 nanogrammo per metro cubo) ha riacceso le polemiche nella città che si trova in prima linea sul fronte della lotta contro questo cancerogeno. E i Verdi hanno lanciato una class action chiedendo danni per 3 miliardi di euro per le vittime dell’inquinamento a Taranto: "Ormai la diossina è nel terreno, è entrata nella catena alimentare e continua a mietere vittime".
(10 gennaio 2011)
CORRIERE.IT
TARANTO - Il gip di Taranto Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro senza facoltà d’uso dell’intera area a caldo dello stabilimento siderurgico Ilva. I sigilli sono previsti per i parchi minerali, le cokerie, l’area agglomerazione, l’area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi. Sono 8 gli indagati, tra dirigenti ed ex dirigenti dell’Ilva, per i quali il gip Patrizia Todisco ha disposto gli arresti domiciliari. Cinque di questi erano già inquisiti e avevano nominato propri consulenti nell’ambito dell’incidente probatorio. I provvedimenti sono stati firmati ma non ancora notificati.
IMMINENTI GLI ARRESTI DOMICILIARI - Riguardano il patron Emilio Riva, presidente dell’Ilva Spa fino al maggio 2010, il figlio Nicola Riva, che gli è succeduto nella carica e si è dimesso un paio di settimane fa, l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, il dirigente capo dell’area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, il responsabile dell’area agglomerato, Angelo Cavallo. La misura cautelare, però riguarderebbe anche altri tre dirigenti. Gli otto indagati coinvolti nell’inchiesta sull’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico sono accusati, a vario titolo, di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose. La perizia medico-epidemiologica, sulla base della quale sono stati disposti il sequestro e gli otto arresti in via di esecuzione, è stata redatta da Annibale Biggeri, docente ordinario all’Università di Firenze e direttore del centro per lo studio e la prevenzione oncologica; Maria Triassi, direttrice di struttura complessa dell’area funzionale di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro ed epidemiologia applicata dell’azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli; e da Francesco Forastiere, direttore del dipartimento di Epidemiologia della Asl Roma/E. Secondo i periti, «l’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte».
I PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE - Sono due le ordinanze firmate dal gip Todisco. La prima ordinanza, con la quale si dispone il sequestro di sei impianti, è di circa 300 pagine e contiene, tra le motivazioni del provvedimento, anche pezzi dei risultati dell’incidente probatorio conclusosi il 30 marzo scorso dinanzi allo stesso gip e durante il quale sono state discusse due perizie - una chimica e l’altra medico-epidemiologica - disposte dal magistrato su richiesta della Procura. La seconda ordinanza, anche questa di 300 pagine circa, dispone la custodia cautelare agli arresti domiciliari di otto indagati. Ai cinque dirigenti o ex dirigenti dell’Ilva di Taranto, si sono aggiunti tre dirigenti del Siderurgico che hanno assunto incarichi in tempi più recenti.
LA SICUREZZA - Sono state individuate tre figure tecniche (due funzionari dell’Arpa Puglia e uno dei Dipartimenti di prevenzione dell’Asl di Bari) che dovranno sovrintendere alle operazioni e garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Della gestione delle fasi che attengono al personale si occuperà un commercialista e revisore contabile.
LE PROTESTE - I lavoratori dell’Ilva che stanno protestando per il provvedimento della chiusura degli impianti dell’area a caldo, che avrebbe pesanti conseguenze dal punto di vista occupazionale, hanno bloccato la statale 106 jonica Taranto-Reggio Calabria, la statale 100 Taranto-Bari e i due ingressi alla città di Taranto: la città vecchia e il ponte Punta Penna. Una delegazione di sindacalisti e lavoratori sta incontrando il prefetto di Taranto Claudio Sammartino.
IL MINISTRO PASSERA - «Governo e istituzioni locali faranno tutto il possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità produttiva» dell’Ilva di Taranto. Lo afferma in una nota il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, secondo cui è fondamentale che, nel pieno rispetto delle procedure di legge, si garantisca la continuità. «Stiamo seguendo con la massima attenzione la vicenda dello stabilimento Ilva di Taranto, uno dei più importanti impianti produttivi del Paese, la cui produzione è di grande importanza per diversi comparti del nostro sistema industriale», prosegue Passera. «È per questo necessario avviare e portare avanti, una volta per tutte, il superamento strutturale delle motivazioni che hanno portato al provvedimento di sequestro da parte della magistratura. L’accordo firmato oggi dai ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico, della Coesione Territoriale e dalla Presidenza del Consiglio con la Regione Puglia e le istituzioni locali va proprio in questo senso». Il ministro auspica infine che «il Riesame possa rivalutare la decisione di sequestro nel minor tempo possibile».
Nazareno Dinoi
CORRIERE.IT - REAZIONI
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini conferma che a Taranto «la magistratura sta procedendo al sequestro degli impianti» dell’Ilva «e ad altre misure cautelari». Il Governo - hanno sottolineato Clini e il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera - vuole sostenere la «continuazione delle attività produttive e chiederò che il riesame dei provvedimenti giudiziari avvenga entro giorni e non mesi, nel minor tempo possibile. Non possiamo sostenere il clima di tensione economica e sociale», ha avvertito il ministro, precisando che la situazione interessa «circa 15mila lavoratori».
IN MARCIA - Erano solo voci. Ma appena si è saputo che sarebbe stato chiuso il reparto a caldo e sarebbero scattate le manette per otto persone, oltre 5mila operai hanno lasciato il posto di lavoro e sono usciti dallo stabilimento. A Taranto, all’Ilva è mobilitazione generale. Gli operai hanno invaso le statali Appia e 106, verso il centro di Taranto. Obiettivo la Prefettura e probabilmente il ponte girevole con l’intenzione di bloccarlo.
EMISSIONI - Il provvedimento di cui si parla riguarderebbe il sequestro (senza facoltà d’uso) degli impianti dell’area a caldo: parchi minerari, cockeria, agglomerati, altoforni, acciaieria e gestione di rottami ferrosi. Secondo i magistrati le emissioni dell’impianto hanno messo a rischio la salute di migliaia di lavoratori e di abitanti delle zone circostanti.
BONIFICA - Il sequestro è avvenuto nello stesso giorno in cui, al ministero dell’Ambiente durante una riunione sul risanamento della zona dell’acciaieria, è stato raggiunto un accordo tra governo, enti locali e gruppo Riva, che prevede 330 milioni di investimenti per la bonifica ambientale, 7,5 dei quali provenienti dalla società, come riferisce una fonte. Decisioni che fanno seguito a una lunga inchiesta sull’ipotesi che la diossina e altri agenti chimici provenienti dall’acciaieria abbiano causato un incremento abnorme dei casi di cancro e di malattie cardiovascolari a Taranto. Il protocollo viene siglato anche dai ministeri delle Infrastrutture, dello Sviluppo Economico e per la Coesione Territoriale, nonchè da Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto. «Abbiamo rastrellato queste risorse in una situazione di enorme penuria, ma sono solo l’inizio di un ciclo che porterà risorse molto più cospicue: lo Stato e gli enti locali stanno dando un segnale di serietà, speriamo di poter dare pesto speranza di vita alla fabbrica». Secondo il sindaco di Taranto, Ezio Stefano, si tratta di «una terapia d’urto per sanare una malattia nata 52 anni fa».
«SEQUESTRO NON SIGNIFICA SPEGNERE» - «Chiederò che il riesame del provvedimento (di sequestro) avvenga con la massima priorità ed urgenza», ha detto al termine dell’incontro il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. «È evidente che la magistratura ha ritenuto che il ciclo produttivo, in particolare quello a caldo, è ancora sorgente di rischio», ha continuato il ministro precisando che non è detto che i danni causati dagli impianti siano stati causati da quelli attuali. «Questo non vuol dire che l’impianto venga chiuso, non sono impianti che si spengono spingendo un bottone, ma avremo tempo anche rispetto a quello che deciderà il riesame». Posizione condivisa da Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, che ha siglato il protocollo d’intesa. «L’auspicio non può che essere quello che un altro giudice riesamini quegli atti e provvedimenti, in particolare quelli cautelari di sequestro vanno letti puntualmente, perché non significano automaticamente lo spegnimento della fabbrica», ha detto il governatore pugliese dichiarando che, in caso di processo, la regione si costituirà parte civile.
PRODUZIONE E SOSTENIBILITA’ - «Non sia messo in discussione il diritto al lavoro». I leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, hanno espresso «grande preoccupazione» e chiedono impegno e volontà anche da parte della proprietà perchè vengano salvati gli impianti, con la loro messa a norma, e così i posti di lavoro. «Già a partire da domani nelle assemblee convocate dalle organizzazioni sindacali di categoria, saranno attivate tutte le iniziative utili al sostegno della vertenza con lo scopo di difendere e tutelare il lavoro». «Siamo con i 12.000 lavoratori dell’Ilva», ha detto il segretario nazionale della Uilm, Mario Gini: «Siamo consapevoli che i suddetti provvedimenti potrebbe essere soggetti a riesame del Tribunale della Libertà, ma è fondamentale che l’attività industriale non subisca interruzioni». Impedire di cancellare la produzione di acciaio e i riflessi negativi su l’intero sistema industriale e produttivo è l’obiettivo condiviso da Cisl che sostiene i lavoratori tarantini. «Occorre fare di tutto affinchè Taranto rimanga sede del più grande impianto siderurgico dell’Italia e dell’Europa, assicurando piena continuità produttiva ed occupazionale, in un contesto di rafforzamento dell’economia territoriale e della stessa politica industriale» ha detto il Segretario Confederale della Cisl, Luigi Sbarra che ha definito il provvedimento di sequestro «duro e inaspettato».
BERSANI - Pier Luigi Bersani ha espresso preoccupazione per l’Ilva di Taranto e auspicato che siano salvaguardati sia la produzione sia i posti di lavoro. «Sono molto preoccupato per la sorte dell’Iva di Taranto», ha dichiarato il segretario del Pd. «I gruppi parlamentari del Partito democratico hanno già chiesto al governo di riferire alle Camere. Ma è decisivo che nel contesto delle iniziative della magistratura sia possibile mantenere l’attività produttiva e l’occupazione del più grande stabilimento siderurgico d’Europa», ha sottolineato che i posti di lavoro vanno preservati «nel pieno rispetto delle compatibilità ambientali».
Redazione Online