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 2012  luglio 23 Lunedì calendario

L’APOCALISSE TRA 16 MILIARDI DI ANNI. MA L’UOMO NON LA VEDR



I vecchi Maya, al confronto degli scienziati, erano dei dilettanti. Ma è me­glio dirlo sottovoce, oppure, meglio an­cora, aspettare il 22 dicembre prossimo, quando il mondo (si spera...) non sarà stato azzerato e dunque avremo la prova provata, tangibile, che la loro profezia s’è rivelata un buco nell’acqua.
I vecchi Maya sono dei dilettanti so­prattutto al confronto con un altro popo­lo storicamente incline a calcoli, pratici o astrusi: i cinesi. Sono stati infatti i fisici teorici (molto teorici)dell’Accademia ci­nese delle scienze a fissare, con una pre­cisione spannometrica su cui volentieri chiudiamo un occhio e magari anche due, che la fine dell’Universo avverrà fra 16,7 miliardi di anni. Siamo a distanza di sicurezza, quindi, e con noi lo sono i no­stri figli, nipoti e pronipoti. Tuttavia la no­tizia resta preoccupante, perché quel nu­mero freddo e banale, visto da qui, dal­l’altrettanto banale 23 luglio 2012, fa im­pressione.
Sapere (pur se in linea teorica) che a un certo punto Tutto dovrà chiudere ba­racca e burattini fa correre un brivido lungo la schiena. Ma fra le pieghe del più grande scoop negativo della Storia, gli ot­timisti possono intravvedere persino un bicchiere mezzo pieno. Spiegano infatti i capoccioni cinesi che alla Terra il Desti­no (ma gli scienziati solitamente non amano parlare di questo loro ingom­brante competitor , peraltro privo di titoli accademici) ha riservato un trattamen­to di favore. Per il semplice fatto che il no­stro pianeta, che a quel tempo non sarà più né nostro né di nessun altro, finirà 16 minuti prima del «The End». Certo, arit­meticamente parlando, togliere la mise­ria di 16 minuti a 16,7 miliardi di anni non cambia granché. Però è una magra consolazione, una consolazione altret­tanto teorica.
Gli studiosi cinesi hanno pubblicato il risultato dei loro calcoli sulla rivista Science China . Nello scenario apocalitti­co si parla di un lento, graduale e inesora­bile «strappo» provocato dall’energia oscura, ossia la forma ancora misteriosa di energia che costituisce il«motore»del­l’espansione dell’Universo e che lo occu­pa per ben il 70 per cento del totale. In­somma, l’energia oscura porterà l’Uni­verso a espandersi fino a provocare una serie di «strappi» che lo ridurranno in brandelli come un vestito lacerato dal­l’usura e dalle intemperie cosmiche.
Lo studio ha stimato i tempi di una del­le più importanti i­potesi sul destino fina­le dell’Universo proposta nel 2003, la teo­ria del «Big Rip» o Grande Strappo. Se­co­ndo la cronologia del fenomeno dovu­to all’espansione accelerata dell’Univer­so, a sua volta causata dalla presenza del­l’energia oscura, lo «smembramento» della Via Lattea avverrà 32,9 milioni di anni prima della fine, e la dissoluzione del nostro pianeta appena 16 minuti pri­ma della morte dell’Universo.
La teoria, del resto, ha sempre ragio­ne, fino a quando la pratica non si degna di smentirla. Quando poi, in questo caso­limite, non sarà rimasto nessuno in gra­do di sbugiardarla, si terrà la sua ragione ma non potrà nemmeno lei sfuggire al co­mune destino. Sparirà con tutto il resto in un batter d’occhi.