Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 22 Domenica calendario

COSÌ IL LUCIFERINO PANNELLA È RIUSCITO A RUBARMI LA VITA


Il re è nudo. Nu­do come quella volta che rice­vette un attoni­to Gaetano Quaglia­riello, facendosi tro­vare in ammollo nel­la vasca da bagno a piagnucolare: «Vor­resti dimetterti proprio ora e lasciarmi co­sì? Non ti rendi conto del dolore che mi dai?»,e l’attuale senatore del Pdl non riu­scì a dire nulla, «capii solo che dovevo sot­trarmi e scappare», avrebbe confessato anni dopo. È devastante il ritratto di Mar­co Pannella che esce dalle 208 pagine del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio , scritto da Danilo Quinto, per dieci an­ni tesoriere del Partito radicale, edito da Fede & Cultura e dedicato alla «più formi­dabile macchina mangiasoldi della parti­tocrazia italiana», così il sottotitolo, «una famiglia allargata dove tutto ciò che era privato diveniva anche pubblico, dove ci si accoppiava e ci si cornificava fra di noi, dove il massimo della gratificazione era salutare Pannella baciandolo sulle lab­bra quando si presentava alle riunioni mano nella mano con l’ultimodeisuoi fi­danzati ventenni e lo imponeva come fu­turo dirigente o parlamentare».
Anche Quinto a un certo punto della propria vita ha capito che doveva svinco­larsi dall’abbraccio soffocante del suo at­tempato pigmalione e fuggire. Alla fine c’è riuscito.Ma a che prezzo:«Tre gradidi giudizio nel tempo record di quattro anni, con una sentenza della Cassazione che, pur riducendomi la pena di oltre la metà e concedendomi il beneficio della non menzione, mi condanna a 10 mesi per ap­propriazione indebita, consentendo a Pannella di darmi pubblicamente dell’im­postore, dell’estorsore e del millantatore. Peggio di Luigi Lusi, insomma».
Il leader radicale dimentica di aggiun­gere che dev’essere anche un vero creti­no, questo Quinto, che dal 1995 al 2005 ha procurato al partito finanziamenti per ben 45 milioni di euro, ne ha maneggiati 19.651.357 di entrate e 20.976.086 di usci­te, eppure si sarebbe degnato di mettersi in tasca solo un misero 0,32% di questo fiu­me di denaro, cioè 206.089,23 euro, «spe­se effettuate con la carta di credito, facenti parte del mio stipendio, sulle quali ho per­sino pagato le tasse, tutte regolarmente contabilizzate, oggetto di ricevute e dichiarate nei bi­lanci approvati dai vari congressi», ma sulle quali la magistratura in primo grado ha evitato di ordina­re una perizia nonostante l’imputato non si rifugias­se nella prescrizione, e sa­re­bbe arrivato a sgraffigna­re l’astronomica somma di 2 .151,77 euro nell’ultimo anno in cui era in carica, e oggi è costretto a vivere del­la sua povertà: «Non pos­siedo una casa e neppure un’auto, non ho un conto corrente, sono indebitato fino al collo, ho dovuto abbandonare Roma e ri­fugiarmi nella natia Bari, mantengo la fa­miglia con un contratto a progetto da 1.200 euro al mese che scadrà il 31 dicem­bre, non avrò mai diritto alla pensione».
Peccato che Pannella si sia accorto solo dopo vent’anni che il suo collaboratoredi fiducia era «un impostore dedito ad attivi­tà truffaldina», nonostante la conclamata bravura nel reperire tutti i mesi i soldi per pagare gli stipendi ai 150 dipendenti del Partito radicale. Una resipiscenza soprag­giunta peraltro solo il giorno in cui Quinto ha avviato una causa per vedersi ricono­sciuto dai giudici il dovuto, e cioè 6 milioni di euro,poi ridotti a 2:«Vent’anni di lavoro occasionale per 13-14 ore al giorno, senza contratto, senza contributi versati al­l’Inps, senza ferie, con presenza in sede an­che il sabato, la domenica, a Natale, a Ca­podanno, a Pasqua. Aggiunga il mancato riconoscimento del rapporto subordina­to, il mancato adeguamento dello stipen­dio al ruolo dirigenziale e la mancata cor­responsione del Tfr ». La causa è pendente davanti alla Corte d’appello di Roma.
Quinto, 56 anni, giornalista, un esame mancante alla laurea in giurisprudenza, s’è persuaso che il re nudo sia la personifi­cazione di Satan­a e assicura d’averne avu­to una controprova il giorno in cui, dimes­sosi dall’incarico di tesoriere, andò a riti­rare le sue poche cose nella storica sede ro­mana dei radicali, in via di Torre Argenti­na, dove ha lavorato, ma sarebbe più esat­to dire vissuto, dal 1987: «Mi ero fatto ac­compagnare da padre Fran­cesco Rivera, un esorcista. All’uscita mi disse: “Sai,Da­nilo, ho avvertito molto for­te la presenza del diavolo in quelle stanze. Ringrazia Dio che ti ha salvato”».
La salvezza s’è presenta­ta a Q­uinto con le sembian­ze di Lydia Tamburrino, un soprano originaria di Cassi­no cresciuta alla scuola di Franco Corelli, Placido Do­mingo e Montserrat Cabal­lé, una credente dalla fede adamantina che l’allora tesoriere del Pr conobbe in una villa sull’Appia Antica, a una proiezione privata del film Diario di Matilde Manzoni di Lino Capolicchio, re­gista col quale la cantante lirica aveva esordito a Lucca in Bohème . «Fu un colpo di fulmine. Quando annunciai a Pannella che stavo per sposarmi, ammutolì. Come osavo? Non avevo chiesto il suo permes­so! “È una che conosciamo?”, borbottò. Alla mia risposta, commentò con tono di scherno: “Ah, allora potrà fare degli spet­tacoli per noi”. Da quel despota che è, già considerava anche Lydia di sua proprie­tà. Non credo proprio, lo raffreddai. Lì co­minciò la guerra per annientarmi».
Profumo d’incenso e odore di zolfo, si sa, non vanno d’accordo. Forse Pannella aveva fiutato il pericolo che quella donna incarnava. Infatti sarebbe stata lei a con­vincere il marito che non doveva più lavo­rare per il Partito radicale, a farlo riacco­stare alla confessione dopo 30 anni, a ri­portarlo a messa tutte le domeniche. «Al nostro matrimonio religioso non venne nessuno degli amici con i quali avevo con­diviso un ventennio di vita, a parte l’ex se­gretario Sergio Stanzani, che si presentò all’aperitivo e solo per un quarto d’ora».
Avrà temuto le ire del capo. 
«Sergio era succube di Pannella. Quando nel 1995 fu deciso che gli esponenti radica­li dovevano denudarsi pubblicamente al teatro Flaiano di Roma, era terrorizzato: “Se non lo faccio, Marco non mi candide­rà alle prossime elezioni”. Gli consigliai di andarsene in vacanza per evitare il ricatto. Ma il richiamo manipolativo del capo era troppo forte. Che tristezza vedere un uo­mo di 72 anni nudo in palcoscenico con­tro la sua volontà, con le mani sul pene, rannicchiato dietro un albero stilizzato. Se ci pensa bene,il corpo è al centro di tut­ta l’ideologia pannelliana, che vuole deci­dere come disporne e decretarne la mor­te, come garantirne la trasformazione nel corso della vita per assecondare le più di­sparate identità sessuali, come abusarne con sostanze che lo devastano. In una pa­rola, non rispettarlo, consumarlo».
I digiuni estremi bene non fanno. 
«Estremi ma furbi. Il suo medico di fiducia mi svelò che quando Pannella decise di be­re la propria urina davanti alle telecamere del Tg2, la sera prima la fece bollire e con­servare in frigo per attenuarne il sapore».
In compenso nel 2002 persino il presi­dente della Repubblica si preoccupò delle condizioni di salute del guru e chiamò in diretta Buona domenica per indurlo a sospendere lo sciopero della sete.
«Povero Carlo Azeglio Ciampi! Conservo il nastro di una riunione di partito - c’era questa mania di far registrare tutto, de­gna del Kgb- in cui Pannella gli dà della te­sta di cazzo. Un déjà vu. Marco è stato il grande elettore di Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale, salvo definirlo “don Rodrigo, eversore e fuorilegge”quattro anni dopo, invitandolo a “fare un passo indietro,fino al limite della galera”». 
Se è per quello, costrinse con accuse false il povero Giovanni Leone alle di­missioni e poi andò a chiedergli scusa poco prima che morisse. 
«Ora coccola Giorgio Napolitano e ne lo­da “ la davvero straordinaria, quotidiana, pubblica, sapiente opera e fatica”. Però negli ultimi giorni ha cambiato musica. Siccome, stando a Italia Oggi , il mio libro avrebbe stoppato la campagna per la sua nomina a senatore a vita, si lamenta a Ra­dio Radicale perché il capo dello Stato non è un liberale, è un ex comunista di cul­tura togliattiana. Lui fa sempre così: quan­do vuole ottenere qualcosa, minaccia».
Pannella è iscritto alla massoneria? 
«Non penso. Però mantiene con essa rap­porti strettissimi. Del resto Giorgio Gaber nel monologo L’abitudine diceva: “Io, se fossi Licio Gelli, mi presen­terei nelle liste del Partito Radicale”. Il capo della P2 fu sul punto d’essere candi­dato dal Pr come una qual­siasi Cicciolina. A questo scopo suo figlio Maurizio ebbe una serie d’incontri con Pannella in un albergo romano di via Veneto. Pos­so te­stimoniare che Gelli ju­nior è stato un grande finan­ziatore del partito». 
Che altro può testimo­niare? 
«Che Radio Radicale ripianava i debiti del­la Lista Pannella col denaro ricevuto dal­lo Stato. Non poteva farlo, era contro la legge. Con una convenzione ad hoc e sen­za gara d’appalto, Radio Radicale dal 1998 incassa 10 milioni di euro l’anno per mandare in onda le sedute parlamen­tar­i che potrebbero essere trasmesse gra­tis dalla Rai. In più la legge sull’editoria le garantisce altri 4,3 milioni di euro in quan­to organo della Lista Pannella, che peral­tro non ha eletti in Parlamento. Ho denun­ciato tutto questo allo stesso procuratore della Repubblica che mi ha rinviato a giu­dizio. A tutt’oggi non mi è stata neppure comunicata l’archiviazione dell’esposto. Come se non l’avessi mai presentato».
Perché i radicali erano indebitati? 
«Pannella spende patrimoni per le sue carnevalate. La sola campagna Emma for 
president del 1999 per candidare la Boni­no al Quirinale ci costò 1,5 miliardi di lire.
All’annuncio che Marco voleva la sua coc­ca sul Colle, lei svenne o fece finta di sveni­re, non s’è mai capito bene, durante una riunione notturna in un albergo di Mona­stier, nel Veneto. Ha sperperato un mare di quattrini nel disegno megalomane e fal­limentare del Partito Transnazionale, che aveva 20 sedi nel mondo,da Baku,nel­l’Azerbaigian, a New York, dove mi spedì a lavorare per sei mesi. Fu lì che vidi i soli­dissimi rapporti esistenti fra la Bonino, frequentatrice con Mario Monti del Grup­po Bilderberg, e lo spregiudicato finanzie­re George Soros, il quale nel 1999 prestò un miliardo di lire ai radicali. E fu lì che les­si il fax inviato da Pannella alla stessa Bo­nino quando la fece nominare commissa­ria europea nel 1994: “Cara principessa, ora tutti s’inchineranno ai tuoi piedi”».
Oltre che spendaccione, che tipo è Pannella?
«Un pusillanime. Nell’ultimo colloquio che abbiamo avuto, teneva gli occhi bas­si. Riaffermando la mia fede cristiana, ri­conquistavo la libertà, e questo gli mette­va paura. Pur sapendo quale vendetta mi attendeva, ho provato molta pena per lui. Qualche tempo dopo Lydia lo ha incontra­to per strada nei pressi di via del Tritone. Pannella le ha voltato le spalle fingendo di guardare le vetrine d’un negozio di stru­menti d’acconciatura per donna. E dire che allora non portava la fluente coda di capelli bianchi che oggi tiene annodata lungo la schiena. Non ha avuto il coraggio di girarsi neppure quando mia moglie ha recitato ad alta voce, perché lui sentisse, il Padre nostro e l’Ave Maria».
Solo pusillanime? 
«Intelligente. Grande manipolatore. Ha attraversato 50 anni di politica italiana stando sempre nel ventre caldo della vac­ca, la partitocrazia, fingendo d’esserne fuori e di combatterla. La sede vera del Partito radicale è casa sua, in via della Pa­netteria, vicino alla Fontana di Trevi, fre­quentata assiduamente dai tre o quattro uomini che ha amato nel corso della sua vita. L’approvazione e l’esaltazione del­l’omosessualità e della bisessualità non solo è connaturata al mondo radicale, ma rappresenta lo strumento attraverso il quale si formano le carriere politiche».
Eppure cita in continuazione le Sacre Scritture.
«E che cosa sa fare il diavolo,se non cerca­re malamente d’imitare Dio? Da anni usa una sua foto, scattata durante un incontro con Papa Wojtyla al quale partecipavano il dc Flaminio Piccoli e molti altri parla­mentari, per vantarsi d’aver avuto un filo diretto con Giovanni Paolo II. Sostiene persino che il Pontefice ascoltava le sue concioni a Teleroma 56. Mi dispiace che Giovanni Maria Vian,direttore dell’ Osser­vatore Romano , sia andato a farsi intervi­stare da Radio Radicale per confermare quest’amici­zia inesistente. Fa il paio con la stoltezza di don Gian­ni Baget Bozzo, pace all’ani­ma sua, che lo venerava e di­ceva di lui: “Pannella in re­altà è una figura interna al­la cristianità italiana, non è un politico: è un profeta”».
Lei sta demolendo la per­sona alla qu­ale ha consa­crato metà della sua vita.
«Lo so, e mi considero per questo un grande peccato­re, che ha alimentato l’opera di devasta­zione che Pannella ha compiuto sul­l’identità cristiana di questo Paese. Ha confuso la libertà col desiderio.Ha porta­to l’Italia a non distinguere più il bene dal male. Ha distrutto milioni di vite umane con l’ideologia abortista.Per questa ragio­ne combatte la Chiesa. Nella sua intelli­genza luciferina, sa che gli sopravviverà».
Questo è sicuro. 
«Prigioniero di un delirio d’onnipotenza, a 82 anni sta evitando i conti con una cate­goria che non gli appartiene: la morte. Do­vrebbe pregare, come fa mio figlio che di anni ne ha appena 7».
(605. Continua) 
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it