Morya Longo, Il Sole 24 ore 24/7/2012, 24 luglio 2012
Immaginate un tedesco, un italiano e uno spagnolo. Come nelle migliori barzellette. Immaginate che abbiano tutti e tre lo stesso identico mutuo, di durata decennale e da 100mila euro, ma siano costretti a pagare tassi d’interesse molto diversi: il tedesco dell’1,17% (come il suo Stato), l’italiano del 6,33% e lo spagnolo del 7,49%
Immaginate un tedesco, un italiano e uno spagnolo. Come nelle migliori barzellette. Immaginate che abbiano tutti e tre lo stesso identico mutuo, di durata decennale e da 100mila euro, ma siano costretti a pagare tassi d’interesse molto diversi: il tedesco dell’1,17% (come il suo Stato), l’italiano del 6,33% e lo spagnolo del 7,49%. Ebbene: il tedesco dovrebbe sopportare una rata mensile di 883 euro al mese per onorare il suo debito, l’italiano di 1.127 euro e lo spagnolo di 1.186 euro. Avrebbero tutti e tre lo stesso identico mutuo, ma il tedesco risparmierebbe circa 300 euro al mese. Questa, purtroppo, non è una barzelletta. Alla fine non c’è nulla per cui ridere. Ma dimostra, con un esempio, perché la Germania stia sempre meglio (e con essa tutti i Paesi che si finanziano a zero) e l’Italia sempre peggio: noi sperperiamo soldi in interessi, loro li risparmiano. È stato lo stesso ministro tedesco delle finanze, Wolfgang Schäuble, ad ammetterlo di recente: «I tassi d’interesse della Germania sono bassi in maniera innaturale». Questo, come nell’esempio del mutuo, si traduce in enormi risparmi per lo Stato: un economista del Kiel Institute ha calcolato che la Germania salverà quest’anno 10 miliardi di euro solo grazie ai tassi bassi. Secondo altri economisti, risparmierà ben 68 miliardi in interessi solo per i titoli di Stato emessi dal 2009 a oggi. Situazione opposta in Italia, dove – per usare le parole del ministro tedesco – i tassi sono invece alti «in maniera innaturale». Il Centro studi della Confindustria ha stimato che l’Italia paghi 3 punti percentuali di troppo rispetto a quanto sarebbe giustificato dai fondamentali economici: questo brucerà quest’anno, in termini di maggiori oneri per interessi, 12,4 miliardi di euro a carico del bilancio pubblico, 12,1 a carico delle famiglie e 23,7 delle imprese. Ovvio che questa situazione non possa reggere. Non può sopportarla lo Stato, ma neppure imprese e famiglie. Come può un’azienda della Penisola competere con una tedesca, se è zavorrata da tassi d’interesse doppi e se nessuno le fa credito? Fa dunque bene il premier Monti a chiedere uno scudo anti-spread forte e credibile (e soprattutto automatico), per arginare l’emergenza. Ma questo non deve esimere l’Italia dal risolvere i problemi di fondo che, a prescindere dalla speculazione, hanno causato questa situazione. Perché l’Italia non può sperare di attirare capitali e investimenti se è il Paese con le tasse più alte del mondo. Non può sperare di convincere le aziende estere a investire, se la classifica della Banca mondiale sulla facilità di fare impresa la colloca all’ottantasettesimo posto al mondo. Non può attirarle se la giustizia è lenta e la burocrazia è asfissiante. L’Europa deve intervenire, certo. Ma anche noi: non dimentichiamolo mai. m.longo@ilsole24ore.com