Beda Romano, Il Sole 24 ore 24/7/2012, 24 luglio 2012
BRUXELLES
Dal nostro corrispondente
È trascorso quasi un anno tra il fallimento di Lehman Brothers nel settembre del 2008 e l’annuncio nell’ottobre del 2009 da parte premier greco George Papandreu di un deficit pubblico tre volte superiore alle cifre ufficiali. Due eventi che pur diversi sono il risultato dello scoppio di una stessa bolla speculativa che da tre anni sta tenendo in ostaggio la zona euro. Tre anni segnati dalle difficoltà della Grecia a risanare la propria economia, ma anche da un iter decisionale europeo particolarmente lento, vittima di molti dubbi nazionali.
«Passiamo da un vertice all’altro compiendo anche passi positivi per migliorare la risposta della zona euro alla crisi debitoria - spiegava ieri un diplomatico europeo - oggi però siamo costretti ad affrontare l’estate con un fondo finanziario Efsf che ha veramente poco denaro a disposizione, e con un meccanismo di stabilità Esm, assai più potente, ma la cui entrata in vigore è bloccata dai dubbi costituzionali del tribunale tedesco, mentre la Grecia rischia di avere bisogno presto di nuovo denaro e molti paesi sono contrari a garantirglielo».
Quando arrivò al potere il 4 ottobre 2009, il socialista Papandreu fece una coraggiosa (e forse a questo punto imprudente?) operazione-trasparenza. Ammise pubblicamente che il deficit pubblico del suo Paese superava il 12% del Prodotto interno lordo. L’accusa era rivolta al Governo precedente, guidato dal conservatore Kostas Karamanlis. Inizia in quel momento il drammatico tentativo della Grecia (e della zona euro) di gestire un fortissimo shock economico senza poter agire né sulla valuta nazionale né sul costo del denaro.
Intervistato da Le Monde nel maggio 2010, prima quindi di prendere la guida del Governo italiano, Mario Monti afferma: «La Grecia ha certamente un problema di debito pubblico, ma questo è in gran parte il riflesso di una economia che ha un deficit di produttività, di competitività e quindi di crescita. Questo Paese è refrattario al mercato unico e alla concorrenza. Non ha saputo combattere i corporativismi e le rendite di posizione, nel settore privato e pubblico». L’analisi sembra ancora valida, e suona come un ammonimento per altri Paesi.
Nonostante le prime misure di risanamento, la situazione greca precipita a fine 2009. Per Atene è impossibile rifinanziarsi sui mercati. In un vertice il 2 maggio 2010 l’Unione si mette d’accordo per un (primo) pacchetto da 110 miliardi di euro su tre anni. Nel contempo, viene creato il primo paracadute finanziario: l’Efsf. I Paesi creditori non vogliono però impegnarsi più di tanto. Preferiscono mettere a disposizione garanzie pubbliche e non denaro contante, e soprattutto pretendono che le decisioni avvengano all’unanimità, iniettando il seme della paralisi.
Preoccupati dal rischio di azzardo morale in una unione di Stati sovrani, alcuni Governi - in primis tedesco, olandese e finlandese - hanno spesso imposto soluzioni parziali e costose, rifiutando in un primo momento (per poi spesso ricredersi colpevolmente) i salvataggi sovrani, gli interventi di acquisto di titoli pubblici sui mercati, la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dei fondi finanziari europei. Anche quando produttivi di risultati, i vertici europei hanno mostrato l’immagine di un’Europa nella quale l’euro non è percepito come un bene collettivo.
Nel 2011, la crisi greca non accenna a risolversi, tanto che il 21 luglio, il Consiglio europeo vara un (secondo) piano di aiuti, a cui questa volta associa una controversa ristrutturazione del debito pubblico greco. Gli investitori privati sono chiamati a parteciparvi. Anche su questo fronte i tira-e-molla sono stati molti. In un primo tempo, la partecipazione del settore privato è stata esclusa; poi è stata fatta propria da Berlino e Parigi in un incontro a Deauville tra il cancelliere Angela Merkel e l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy; poi ufficialmente limitata alla Grecia.
Per sei mesi, il successore di Papandreu, l’ex vice presidente della Banca centrale europea Lucas Papademos, ha negoziato con le banche e con i partner europei la ristrutturazione del debito. Il risultato è finalmente ottenuto il 20 febbraio di quest’anno con l’approvazione di un secondo piano di aggiustamento della Grecia per un totale di 130 miliardi di euro (fino al 2014). A cinque mesi di distanza, il programma appare drammaticamente in forse. Due elezioni legislative in pochi mesi hanno bloccato sia il sistema produttivo che il risanamento dell’economia.
L’entrata in vigore dell’Esm - che può decidere i suoi interventi a maggioranza e che avrebbe a disposizione denaro contante e non garanzie pubbliche per aiutare paesi e banche - è bloccata dalla Corte costituzionale tedesca che ha preso tempo fino al 12 settembre prima di sdoganarlo.
Nel frattempo, il rischio che molti diplomatici vedono qui a Bruxelles è di assistere a una ulteriore fuga del risparmio greco o spagnolo verso altri stati membri della zona euro, lasciando la Grecia o la Spagna senza gli strumenti per far ripartire le loro economie.
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TRE ANNI
NELLA
GRANDE CRISI
12 febbraio
Lo swap di Atene
In una Atene messa a ferro e fuoco dai dimostranti, il Parlamento greco approva un nuovo pacchetto di austerità, che comprende lo swap da 100 miliardi con il taglio effettivo del 75% del valore nominale dei bond greci
30 marzo
Potenziato il fondo salva-Ue
Dopo un lungo negoziato,l’Eurozona approva finalmente un nuovo strumento anti-crisi, che unisce Efsf ed Esm. La dotazione a regime sarà di 500 miliardi di euro, cui se ne aggiungono 300 già impegnati in interventi di sostegno
6 maggio
Giornata elettorale
Si va alle urne in Francia, dove prevale il socialista François Hollande (nella foto) premiato definitivamente al secondo turno. Voto cruciale in Grecia: avanza la sinistra radicale, puniti i partiti che avevano sostenuto tagli e riforme
17 giugno
La Grecia torna alle urne
Ad Atene i tentativi di formare un Governo falliscono. Si torna a votare e vincono le forze a favore dell’euro. Nasce il Governo di Antonis Samaras, leader del partito liberal conservatore Nuova Democrazia, con il sostegno di Pasok e Dimar
20 luglio
Aiuti alle banche spagnole
L’Eurogruppo sblocca 100 miliardi per sostenere le banche spagnole. Ma i mercati non sono soddisfatti: lo spread vola. La crisi della Spagna si complica: la Regione di Valencia dichiara la bancarotta e chiede il salvataggio dello Stato
Molti summit, pochi passi avanti
MAGGIO 2010
110 miliardi
Prima soluzione (incompleta)
al caos greco
Dopo sei mesi di pressioni su Atene perché facesse un’operazione verità sui suoi conti pubblici, i leader europei, sotto la pressione dei mercati, decidono di accordare un prestito di 110 miliardi di euro alla Grecia (di cui 30 forniti dall’Fmi).
«Siamo convinti - scrivono i leader Ue - che questo programma servirà a rimettere in carreggiata l’economia greca anche se servirà qualche anno».
DICEMBRE 2010
85 miliardi
Ossigeno per le banche e i conti pubblici di Dublino
Il vertice dei capi di Stato decide di istituire un meccanismo permanente salva-Stati da sostituire a quello temporaneo.
Poche settimane prima è stato dato il via libera a un pacchetto di salvataggio da 85 miliardi per l’Irlanda, alle prese con il collasso del suo sistema bancario.
Dopo l’Irlanda anche il Portogallo finirà sotto un programma Ue-Fmi nel maggio 2011, con un prestito di 78 miliardi.
LUGLIO 2011
100 miliardi
Un altro pacchetto
salva-Grecia
I capi di Stato e di Governo approvano un secondo pacchetto di aiuti da oltre 100 miliardi per la Grecia. Viene inoltre deciso che i fondi salva-Stati possono ricapitalizzare le banche e intervenire sul mercato secondario dei titoli di Stato.
Quanto al coinvolgimento dei privati nella ristrutturazione del debito greco (100 miliardi), viene affermato che si tratta di un caso unico legato all’eccezionalità della situazione greca.
DICEMBRE 2011
25 Paesi
Vittoria della Germania
sul Fiscal compact
Il 9 dicembre 25 capi di Stato e di Governo trovano un’intesa sul Fiscal compact, il Patto di bilancio fortemente voluto dalla Germania che rafforza la sorveglianza europea sui conti pubblici nazionali, introduce sanzioni semi-automatiche per i Paesi in deficit eccessivo e accentua i controlli sui debiti pubblici.
Viene inoltre anticipata di un anno (al luglio 2012) l’entrata in vigore del Fondo salva-Stati Esm.
GIUGNO 2012
500 miliardi
Verso l’Unione bancaria
Fondi salva-Stati inadeguati
Il 28 e 29 giugno a Bruxelles, nel corso dell’ultimo consiglio europeo, viene raggiunto un accordo politico per dare il via all’unione bancaria europea partendo da una vigilanza unica da affidare alla Bce. Nella stessa occasione si decide che il fondo salva-Stati Esm potrà ricapitalizzare direttamente le banche in difficoltà, non prima però che sia operativo l’organismo unico di vigilanza bancaria, previsto non prima della fine del 2013.