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 2012  luglio 25 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - FORMIGONI INDAGATO


REPUBBLICA.IT
Dopo settimane di indiscrezioni è arrivata l’ufficialità attraverso una nota del procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati: il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, è indagato per corruzione con l’aggravante della transnazionalità nell’ambito dell’inchiesta sui presunti fondi neri costituiti attraverso la Fondazione Maugeri. Cade invece l’accusa, inizialmente contestata, di finanziamento illecito per mezzo milione di euro ricevuto per le elezioni regionali del 2010. Al presidente lombardo è stato anche notificato un invito a comparire davanti ai pm milanesi sabato 28 luglio: lui stesso, però, ha già anticipato che chiederà il rinvio a un’altra data. Formigoni sarebbe stato corrotto con utilità per un valore di circa 8,5 milioni di euro in relazione a 15 delibere regionali con cui sono stati stanziati per la Fondazione Maugeri rimborsi di circa 200 milioni in dieci anni.
L’autodifesa del governatore. "La Regione non ha alcuna responsabilità sul controllo dei bilanci delle fondazioni San Raffaele e Maugeri", si è difeso Formigoni durante un’audizione al Senato. "Bisogna tener presente che questi sono Irccs, enti a rilevanza nazionale. La vigilanza sui loro bilanci spetta al ministero della Salute". E il Pd lombardo chiede "un’assunzione di responsabilità
che fino a qui non c’è stata: il voto anticipato continua a essere l’unica strada percorribile per rinnovare una situazione sempre più ingestibile". Lo affermano il segretario lombardo del Pd, Maurizio Martina, e il capogruppo in Regione, Luca Gaffuri. "Questa notizia - scrivono in una nota - conferma e aggrava la preoccupante situazione che coinvolge direttamente il vertice della Regione". La Lega Nord, invece, continua a sostenere Formigoni. Lo ha assicurato Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia in quota carroccio: "La posizione della Lega Nord non cambia. E non si farà mai intimorire dalla verosimiglianza, ma si riferirà sempre e soltanto alla verità".
"Giornalisti gazzettieri dei magistrati". Nel pomeriggio Formigoni ha incontrato i giornalisti per una conferenza stampa. "Ho letto le carte. E a una seconda lettura mi sono detto: tutto qua?", ha esordito. "Non ho nulla da temere dopo la lettura di questi atti". Il governatore ha poi ribadito quanto aveva espresso in mattinata via Facebook: "Esprimo le mie più vive congratulazioni alla maggioranza di voi per l’equilibrio con cui è stata trattata la notizia relativa al rinvio al giudizio del presidente della Puglia, Nichi Vendola" (in realtà si tratta di una richiesta di rinvio a giudizio). "Nessun quotidiano ha riportato la notizia oggi in prima pagina". E poi: "Qual è l’atto corruttivo? Dov’è la corruzione? Io non l’ho trovata". Quindi un altro attacco ai giornalisti: "Alcuni di voi sono stati degni gazzettieri dei magistrati". A proposito dei ’benefit’ che gli sarebbero stati elargiti da Daccò: "Non è reato, eventualmente, essere stato ospite a una cena insieme con altre cinquanta persone o per qualche weekend". Ipotesi dimissioni: Formigoni ha replicato che "io rimango al mio posto, perché so che i miei comportamenti sono sempre stati rettilinei. Se mi rinviano a giudizio, andrà a finire che vincerò 12-0. Mi hanno già mandato a processo 11 volte e sono stato sempre assolto. E se non sarò rinviato a giudizio, questo rimarrà un altro inutile avviso di garanzia a Formigoni".
Indagato dal 14 giugno. Il nome di Formigoni era stato iscritto nel registro degli indagati il 14 giugno scorso, in concorso con altre persone per fatti commessi a Milano e all’estero dal 2001 al novembre del 2011: fra gli altri indagati ci sono il faccendiere Pierangelo Daccò (legato a Comunione e liberazione), Umberto Maugeri, Costantino Passerino e l’ex assessore regionale dc Antonio Simone, oggi imprenditore immobiliare e consulente nel settore sanitario. L’aggravante della transnazionalità è dovuta al fatto che i magistrati milanesi ritengono che ci siano stati una serie di passaggi in conti correnti in Svizzera. L’invito a comparire, con contestuale informazione di garanzia, è stato notificato al legale di Formigoni, l’avvocato Salvatore Stivala.
Settanta milioni di euro. L’inchiesta sulla Fondazione Maugeri ruota intorno a 70 milioni di euro che si presume siano stati distratti dal polo privato, attivo nel settore della sanità, in favore del consulente e mediatore Daccò. Questi soldi sarebbero stati usati per costituire fondi neri, dai quali l’uomo d’affari avrebbe attinto per pagare alcuni benefit concessi a Formigoni: vacanze, cene e soggiorni. In cambio, ipotizzano gli inquirenti, la Regione Lombardia avrebbe approvatp delibere in favore della Fondazione Maugeri, facendo aumentare i rimborsi a suo favore per le funzioni ’non tariffabili’. Nell’ambito dell’inchiesta - nata da quella sul crac dell’ospedale San Raffaele e coordinata dai pm Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Greco sono state già arrestate sei persone, fra le quali Daccò e Simone.
I ’benefit’ al governatore. Gli investigatori hanno quantificato in 8,5 milioni di euro le "utilità" elargite a Formigoni: si va dai 3,7 milioni per imbarcazioni di lusso messe a disposizione tra il 2007 e il 2011 agli 800mila euro per vacanze e aerei fra il 2006 e il 2011; dai 70mila euro per il meeting di Comunione e liberazione a Rimini ai 500mila euro per cene e incontri pubblici. A ciò si aggiungono i 4 milioni di euro di ’sconto’ in relazione alla compravendita della villa in Sardegna acquistata da Alberto Perego, il coinquilino di Formigoni (vivono nello stesso appartamento con altri Memores Domini), per 3 milioni di euro; il valore ipotizzato sarebbe stato di 7 milioni.
(25 luglio 2012)

VECCHIO PEZZO SULLA MAUGERI DI REPUBBLICA
Polo di eccellenza, la Fondazione Maugeri, uno dei fiori all’occhiello della sanità privata lombarda. Finanziata con fiumi di denaro dal Pirellone: 111 milioni l’anno. La Regione porta in palmo di mano la Maugeri, molto famosa per la riabilitazione, paga le sue prestazioni, ma non ha libero accesso ai bilanci. La Fondazione è privata e, come tale, i conti li tiene per sé. In compenso macina una mole di prestazioni, tutte di alto livello, che le fruttano, come ricordano in assessorato alla Sanità, 100 milioni all’anno di rimborsi, più altri 11 milioni per “funzioni non tariffate”. Che vuol dire? «Si tratta spiegano in Regione di rimborsi legati ai maggiori costi sostenuti dalla Maugeri per riabilitazioni complesse». Sta di fatto che il flusso di denaro dal Pirellone alla Fondazione pavese si è sempre mantenuto sostanzioso e costante, tanto da consentire alla Maugeri di consolidare la sua attività in Lombardia attraverso numerosi centri. Su 23 sparsi in tutta Italia, dalla Lombardia alla Puglia, 15 fanno parte integrante della rete sanitaria regionale che fa capo al Pirellone.
La Fondazione Maugeri ha il suo quartier generale a Pavia (suddiviso in due sedi, quella storica e la nuova) e un distaccamento a Montescano, nel pavese, che brilla, più degli altri, sul fronte della riabilitazione.
A guidarlo non è un direttore sanitario qualsiasi, ma Paola Abelli, figlia del parlamentare del Pdl considerato, da sempre, il vero assessore della sanità lombarda, un politico con grande potere anche sulle carriere dei medici. Ed è proprio per questo centro, che di recente si è classificato primo in Italia nella cura dello scompenso cardiaco, che dal Pirellone sono arrivati finanziamenti ad hoc. Dal 2007 al 2009 il centro di Montescano è stato premiato con 30 milioni, elargiti in base a quella che è stata ribattezzata la "legge Daccò". Proprio quel Pierangelo Daccò, ricco e influente amico di Formigoni, finito in carcere ad Opera, dove si trova dal novembre scorso per l’indagine sul San Raffaele e di nuovo inquisito per i 56 milioni di euro, trasferiti «indebitamente all’estero» dalla Fondazione Maugeri.
Con Daccò sono finiti nei guai altri cinque, tra cui Roberto Maugeri, presidente della Fondazione, e Antonio Simone, ex assessore regionale della Sanità, noto esponente ciellino. Ed è proprio con Simone, bruciato politicamente per una vicenda di Mani Pulite (da cui però è uscito senza condanne), che Daccò famoso per i suoi affari poco puliti sul fronte ospedaliero ha messo le mani sulla Fondazione Maugeri. Una storia iniziata nel 2002, con la coppia Daccò-Simone che ha sempre agito nell’ombra, accompagnando l’ascesa di questa istituzione che ha sempre mantenuto il suo primato sul fronte medico. Nella storia della Maugeri, le tappe che contano sono il 1965, l’anno di nascita della Fondazione per iniziativa di Salvatore Maugeri, uno dei padri della medicina del lavoro. Quattro anni dopo, nel ‘69, è arrivato il riconoscimento di Irccs, ovvero di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, una qualifica che ha permesso alla Maugeri di entrare nel giro degli ospedali di serie A. Poi nel ’95 la trasformazione in “Fondazione Salvatore Maugeri, Clinica del lavoro e della riabilitazione”.
Oggi per questa istituzione lavorano 770 medici, ha 2.351 letti in tutta Italia, di cui 1300 in Lombardia e garantisce 30mila prestazioni l’anno, cui 15mila a carico della rete lombarda. Ed è proprio per tenere alta la bandiera di questa istituzione che la Regione, dopo che nel 2009, è decaduta la “legge Daccò”, ha iniziato a garantire 11 milioni in più all’anno “per funzioni non tariffate”. Il motivo? La riabilitazione che si fa alla Maugeri è speciale, di alto livello, sia che si tratti di curare i danni da ictus, da infarto o da incidente. Ma resta da capire come mai un centro specialistico come questo possa mettere da parte 56 milioni da nascondere all’estero. «Molto probabilmente le prestazioni erano sopravvalutate», dice un medico che questa realtà la conosce bene e preferisce restare anonimo.
(14 aprile 2012)

CORRIERE.IT
MILANO - Il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni è indagato. Dopo le anticipazioni del Corriere, la conferma è arrivata con una nota del procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, che specifica che Formigoni è destinatario anche di un invito a comparire e che si dovrà presentare davanti ai pm il prossimo sabato 28 luglio (GUARDA IL DOCUMENTO). Nel comunicato c’è un piccolo refuso: si parla dell’articolo 375 del cp (codice penale) anziché del cpp (codice di procedura penale). Al presidente lombardo è contestato il reato di corruzione, con l’aggravante dei reati transnazionali, in concorso con l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e l’ex assessore regionale Dc alla Sanità Antonio Simone, attualmente in carcere nell’inchiesta sulla sanità lombarda, e con Umberto Maugeri e Costantino Passerino. Non è stato ipotizzato il finanziamento illecito ai partiti. Bruti Liberati ha reso noto che Formigoni è stato iscritto nel registro degli indagati il 14 giugno scorso, e che l’iscrizione è stata desecretata oggi. L’invito a comparire, con contestuale informazione di garanzia, è stato notificato al legale di Formigoni, l’avvocato Salvatore Stivala. Formigoni ha convocato una conferenza stampa a Palazzo Lombardia, nella quale ha dichiarato di essere «tranquillissimo», perché dalle carte «non emerge nessun atto corruttivo».
CONTI IN SVIZZERA - L’aggravante della transnazionalità, contestata dalla Procura di Milano a Roberto Formigoni, affine al reato di corruzione, è prevista dalla legge n.146 del 2006. Da quanto si è saputo, la contestazione dell’aggravante per Formigoni è legata alle condotte delle persone arrestate ad aprile nell’inchiesta sul caso Maugeri, tra cui Daccò e Simone. Secondo l’accusa, infatti, sarebbe stata messa in piedi un’associazione per delinquere che operava anche attraverso conti all’estero, e in particolare in Svizzera e riconducibili a Daccò e al suo collaboratore Giancarlo Grenci. Da qui l’aggravante della transnazionalità. Inoltre, a Formigoni vengono contestati fatti commessi tra Milano e l’estero dal 2001 al novembre del 2011, lo stesso periodo in cui, secondo le indagini, avrebbe operato l’associazione che drenava fondi dalle casse della Maugeri per dirottarli all’estero.
«Mi son detto: tutto qua?»
OTTO MILIONI E MEZZO DI EURO - Stando alla ricostruzione dei pm milanesi, Formigoni avrebbe ricevuto da Daccò circa otto milioni e mezzi di euro di «utilità», tra cui viaggi, passaggi in barca e uno sconto per l’acquisto di una villa in Sardegna da parte di un suo amico di Comunione e Liberazione. In cambio, è l’ipotesi dell’accusa, avrebbe garantito una «corsia preferenziale» a Daccò, consulente della Maugeri, in Regione.
HA SEMPRE NEGATO - Il governatore Formigoni ha sempre sostenuto di non aver mai ricevuto nessun avviso di garanzia. Anche mercoledì mattina su Facebook, pochi minuti prima che fosse reso noto il comunicato della Procura, ha scritto, riferendosi ai quotidiani nazionali: «Ricordate come diedero la notizia – falsa – di Formigoni semplice indagato? Il Corriere in prima pagina, con ampi servizi interni ripetuti per più giorni (...) Un’ultima considerazione: questi giornaloni ricevono anche una sovvenzione pubblica, pagata con i soldi delle tasse di voi cittadini. Pensate che meritino ancora i vostri soldi in omaggio?».
L’OPPOSIZIONE - L’informazione di garanzia a Roberto Formigoni spinge le opposizioni di centrosinistra a ribadire la richiesta di dimissioni ed elezioni anticipate. Il Pd - in un comunicato del segretario Martina e del capogruppo Gaffuri- ha scritto: «Serve un’assunzione di responsabilità che fino a qui non c’è stata: il voto anticipato continua ad essere l’unica strada percorribile per rinnovare una situazione sempre più ingestibile». Sulla stessa linea le dichiarazioni di Idv e Sel. «Questo avviso di garanzia - ha detto Stefano Zamponi, Idv - certifica che ormai Formigoni è inadeguato a continuare a goveernare». «Spetterà alla magistratura appurare le responsabilità penali» ha aggiunto Chiara Cremonesi di Sel «ma è sempre più chiara la necessità di sue dimissioni».
LA REAZIONE - «La Regione non ha nessuna responsabilità sul controllo dei bilanci delle fondazioni San Raffaele e Maugeri», ha affermato Roberto Formigoni durante un’audizione al Senato. «Bisogna tener presente - ha detto - che questi sono Irccs, enti a rilevanza nazionale. La vigilanza sui loro bilanci spetta al ministero della Salute».
12 INDAGATI - Con Roberto Formigoni sale a 12 il numero degli esponenti del Consiglio regionale e della Giunta della Lombardia insediatisi a inizio legislatura (nella primavera del 2010) che sono stati nel frattempo indagati nell’ambito di diverse vicende, anche se alcuni hanno già lasciato la Regione e sono stati sostituiti.

PEZZO DI FERRARELLA-GUASTELL USCITO SUL CORRIERE IL 23 GIUGNO IN CUI SI DAVA CONTO DELL’INDAGINE SU FORMIGONI
MILANO - Illecito finanziamento elettorale di oltre mezzo milione di euro nel 2010 da una azienda sanitaria privata in vista della campagna di Roberto Formigoni per le Regionali lombarde, e corruzione per la somma dei molteplici benefit di ingente valore patrimoniale (vacanze, soggiorni, utilizzo di yacht, cene di pubbliche relazioni a margine del Meeting di Rimini, termini della vendita di una villa in Sardegna a un coinquilino di Formigoni nella comunità laicale dei Memores Domini ) messi a disposizione del governatore lombardo dal mediatore Pierangelo Daccò: sono le due ipotesi di reato per le quali il presidente pdl della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, è indagato a Milano nell’inchiesta sui 70 milioni pagati negli anni a Daccò dalla Fondazione Maugeri per il suo ruolo di «facilitatore» nei rapporti tra questo importante polo privato della sanità italiana (con base a Pavia) e i meandri amministrativi del Pirellone.
«Apriporte in Regione»
È in questi meandri che si esprimeva la peculiare professionalità di Daccò nell’«aprire le porte in Regione Lombardia» e, anche «sfruttando la mia conoscenza personale con Formigoni per accreditarmi presso i miei clienti», muovere «nell’ente pubblico le leve della discrezionalità» cruciali per il riconoscimento agli ospedali delle «funzioni non coperte da tariffe predefinite», cioè del capitolo (pari al 7% del bilancio della sanità per quasi 1 miliardo l’anno) parametrato su attività d’eccellenza e di ricerca in aggiunta ai normali rimborsi delle prestazioni erogate ai pazienti.
Nell’inchiesta, gemmata da quella sul dissesto finanziario del San Raffaele di don Verzè dopo il suicidio nel luglio 2011 del vicepresidente Mario Cal, sono sinora state arrestate (per reati che a vario titolo vanno dall’appropriazione indebita al riciclaggio all’associazione a delinquere) sette persone, tra le quali due amici personali di Formigoni: Daccò, che è in cella dal 15 novembre scorso, e dal 13 aprile un ex assessore regionale democristiano (negli anni 90) poi riconvertitosi in imprenditore immobiliare e consulente nella sanità, il ciellino Antonio Simone.
Nuove contestazioni
Le due inedite contestazioni sono affiorate ora nell’ultimo giro di interrogatori, quando ad almeno quattro degli arrestati è stato via via comunicato che la Procura sta procedendo anche per i nuovi reati di corruzione e di finanziamento illecito. E contrariamente alle suggestioni determinate nei giorni scorsi dalla segretazione dei verbali ordinata dalla Procura, i pochi elementi disponibili fanno pensare che, alla base degli addebiti, vi sia qualcosa di diverso dalla circolata leggenda metropolitana di ammissioni da parte di Daccò e Simone. L’avvocato del mediatore, Giampiero Biancolella, che pur non vuole entrare nel merito dei fatti appunto perché gli ultimi due interrogatori di Daccò sono stati segretati, un solo aspetto ritiene ad esempio di rilevare: «Per quelle che sono le dichiarazioni di Daccò, il reato di corruzione non esiste, però vorrei che a questo punto, dopo oltre 7 mesi di carcere, i pm affrontassero una volta per tutte questo nodo. Se ritengono di possedere elementi per inquadrare nel reato di corruzione i comportamenti che Daccò ha avuto verso l’amico Formigoni, allora chiedano il rinvio a giudizio: ma escano dallo stallo di questa custodia cautelare incongrua e anomala, che neppure nel momento più acuto di Tangentopoli registrava un protrarsi così lungo». «Quello che ha avvicinato Simone a Daccò è stato il fatto che Daccò avesse clienti nella sanità del mondo cattolico», prospetta l’avvocato Giuseppe Lucibello, che dell’interrogatorio del suo assistito tre giorni fa si limita a osservare che «Simone ha spiegato, e anzi ha rivendicato, il proprio ruolo di promotore culturale e grande esperto della legislazione della sanità nel settore del no-profit».
Ancora di recente il presidente della giunta ha ribadito di considerare se stesso e la Regione estranei ad accertamenti giudiziari che a suo avviso riguardano «solo rapporti tra privati» come la Fondazione Maugeri e i consulenti Daccò-Simone, ha asserito che «non un euro di soldi pubblici è stato dissipato», e ha affermato che «Daccò non ha tratto qualche indebito vantaggio da Regione Lombardia per il fatto di conoscermi».
«Neppure un usciere»
All’inizio di questa vicenda Formigoni ha spiegato di aver solo fatto con Daccò «vacanze di gruppo» ai Caraibi, anche se tra «agende da controllare» e «ricevute buttate» dei ventilati rimborsi. In un secondo tempo ha precisato che «non c’era stato bisogno di alcun conguaglio» con l’amico generoso. E infine da ultimo ha detto di aver «potuto accumulare risparmi per un milione di euro che ho prestato a un amico» (Alberto Perego) «per acquistare una casetta in Sardegna», cioè la villa venduta per 3 milioni a Perego da Daccò due settimane prima del suo arresto. «Nessuno di Regione Lombardia è sottoposto a indagine, non un assessore e neppure un usciere», aveva spesso rimarcato Formigoni, anche se in questa inchiesta era stata già indagata per l’ipotesi di riciclaggio la ex dirigente regionale nell’unità organizzativa di Programmazione sanitaria, Alessandra Massei. In un’altra e diversa indagine la settimana scorsa è stato perquisito e indagato per l’ipotesi di associazione a delinquere e di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente il direttore generale dell’assessorato regionale alla Sanità, Carlo Lucchina, al quale Formigoni sabato ha voluto rendere «onore» ed esprimere «solidarietà».
Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella