Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 25 Mercoledì calendario

«IO A LONDRA A CACCIA DI GLORIA»

La difficoltà di comunicare in una lingua soltanto masticata, non frena affatto la nascita d’un amore. Anzi può aumentarne il mistero ed esaltare lo spirito d’iniziativa. In fondo per capirsi può bastare guardarsi in un certo modo.
Roberto Cavalli, 72 anni, famoso stilista e da molto tempo fluido conversatore anglofono con amici come Jennifer Lopez, Cindy Crawford e Lenny Kravitz, ha sperimentato nella sua Firenze le risorse d’una conversazione mutilata proprio durante un amore prorompente. «Amore pazzo», corregge.
Aveva 29 anni, un precoce matrimonio già in crisi ed era agli esordi non facili ma promettenti d’una professione che gli avrebbe poi riservato soddisfazioni. Al tramonto d’un giorno di primavera passa vicino a piazza della Signoria, appuntamento fisso per i giovani leoni fiorentini e viene abbagliato. Il lampo accecante ha la minigonna, è alta, snella, capelli lunghi castano chiari, occhi azzurri e uno di quei sorrisi che tagliano le gambe. «Sinceramente all’inizio non capivo se quel sorriso era per me o per la mia stupenda spider, una Fiat 1500 bianca, fatto sta che pur con 3 mila battiti al secondo e senza forze ho mollato la spider e l’ho seguita. È stata lei la prima a dire qualcosa: forse voleva che le scattassi una foto, visto che aveva una macchina in mano o che le indicassi una strada. So comunque d’essere riuscito soltanto a dire "Roberto" e d’essere rimasto a bocca aperta...».
Per il giovanotto figura poco gloriosa di fronte a tanta Gloria, 24 anni, neozelandese abitante a Sydney arrivata a visitare il famoso Paese del sole, dell’arte e dei pappagalli, intesi come maschi conquistatori dalla parlantina facile e ammaliatrice: chiaro a quel punto come Roberto non appartenesse alla categoria.
«Anche ora passo per un playboy ma son tutte ciance, non è vero. Sono sempre stato un romantico e un timidone pieno d’insicurezze. Quando ho incontrato Gloria, ero sposato, pur con l’idea di separarmi, già papà ma fino ad allora l’unica donna che avevo avuto era appunto Silvanella, la mia prima moglie. Quella ragazza venuta dagli antipodi aveva aperto nel mio cuore un tunnel d’amore ma anche di voglia di fuga, di ritorno a cose che non avevo avuto. Ben presto m’ero buttato a capofitto nel lavoro, a studiare la stampa dei tessuti, mio primo passo in questo mestiere, m’ero pure impegnato a convincere i futuri suoceri che meritavo la loro figlia e poi avevo messo su casa. Gloria mi faceva assaporare una nuova dimensione».
E infatti Roberto, al settimo cielo, contagia con quel suo entusiastico modo d’essere romantico e avvolgente la bella kiwi. Dove non possono le parole, intervengono i gesti. Dove non riescono i gesti ecco la magica atmosfera della primavera fiorentina. Anche se il soggiorno di Gloria è rapido, perché Roma dove il viaggio si conclude la chiama, il reciproco incantamento esplode e trova la sua ardente sublimazione in una notte dove davvero «sull’Arno d’argento si specchia il firmamento».
«È la strana alchimia che può scoppiare fra due persone che non si conoscono. Non avevo mai provato una passione così travolgente, fisica ma soprattutto interiore. Mi sentivo su un altro pianeta anche se mi pesava aver tradito mia moglie: le cose andavano male da un pezzo, ma tradire è sempre brutto». L’ultimo flash, da film, è lo sguardo velato di Roberto fissato su Gloria in partenza per Roma: un attimo dopo si renderà conto di non averle nemmeno chiesto il cognome. Unica traccia: una nonna a Londra.
«All’inizio pensavo mi sarebbe bastato il ricordo. Invece non fu così. L’ossessione di rivederla mi tolse il sonno. Dal portiere dell’albergo riuscii ad avere qualche dato in più, andai a Londra per cercare sua nonna, poi tentai con il consolato australiano: nessun risultato». Bizzarrie della vita. Quattro anni dopo, a Roberto nel frattempo tornato single, arriva una lettera del consolato australiano con l’indirizzo della ragazza. È fatta. Le scrive subito e qualche settimana dopo la rivede a Londra: sempre bellissima, sempre con quel sorriso ammaliatore. I battiti tornano a tremila, le emozioni fluttuano, ma quella notte, diversamente che sull’Arno, il Tamigi non si specchierà nel firmamento.
«Durante tutto quel tempo entrambi avevamo ripensato con struggimento al nostro incontro ma certi incanti sono irripetibili: in realtà eravamo due estranei. Questa storia mi ha insegnato una grande verità: il passato va rispettato e lasciato riposare. Non bisogna mai disturbarlo».
Gian Luigi Paracchini