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 2012  luglio 24 Martedì calendario

PROTAGONISTA

invocatissimo e ricorrente, ancorché necessariamente provvisorio, degli impicci partitocratici e fantasmatici della Seconda Repubblica, il Tar del Lazio ha congelato il tesoro di An. Partito che non esiste più dal marzo del 2009, ma che anche per questo, come la Margherita, ha seguitato a pompare quattrini pubblici in gran quantità suscitando però i peggiori appetiti e le liti più furibonde e interminabili.
L’ordinanza di ieri ha dato ragione ai seguaci di Fini, nella persona della sua segretaria Rita Marino e di Enzo Raisi (il terzo ricorrente, Buonfiglio, ha abbandonato Fli) e ha dato torto ai suoi ex colonnelli (La Russa, Gasparri, Matteoli, Alemanno) confluiti nel Pdl. Questo grosso modo. Con la stessa indispensabile approssimazione si può segnalare che la faccenda ruota attorno alla fuggevole personalità giuridica di una enigmatica “Fondazione An”, che poi forse sono anche due, una nata già male e un’altra fatta crescere in fretta e furia, mentre le due fazioni di ex camerati se ne facevano di tutti i colori. E mentre una terza fazione, guidata da Storace, ma aperta al contributo assai fattivo di un quarta, ex alemanniana, che ispirata un po’ all’antica Roma e molto alle curve calcistiche è passata a vie di fatto occupando uno stabile di An, ai Parioli. Dove proprio ieri Storace - coincidenza - si è insediato come leader della «Destra».
Per non farsi mancare nulla, ma proprio nulla, prima di rientrare nel generico patrimonio immobiliare di An quest’ultimo
appartamento di via Paisiello faceva parte dell’asse ereditario della contessa Colleoni, che insieme alla più celebre casa di Montecarlo l’aveva lasciato a Fini, in quanto leader di An - ma mal gliene incolse, si può dire. Gli appassionati saranno forse contenti di sapere che insieme alle case «per proseguire la buona
battaglia» la contessa aveva lasciato ad An anche una gatta di nome «Piumina», le cui tracce si sono perse nella villa di un conte dalle parti di Orvieto.
Ma né il tenero particolare della gatta Piumina, né il grave impegno della buona battaglia, né il livello di astruseria giuridica raggiunto dalla vicenda e
nemmeno le innumeri giravolte fin qui messe in atto dai comprimari, ecco, nulla riesce a togliere la sensazione che si tratti solo di quattrini. Quanti esattamente è difficile dire, sui cento milioni, ma i conti non tornano con il risultato che il tesoro si accresce e il preteso buco, intono ai 25 milioni, pure. Comunque troppi, e ancora di più se si considera che sono pubblici e che ad agognarli è gente - non i militanti - che di norma non li guadagna con il sudore della fronte. Eppure così va il mondo residuale e spettrale dei partiti e dei loro furbi strateghi, invero rivelatisi con il tempo un po’ fresconi. La furbata fu quella di fare queste fondazioni; la fesseria di non prevedere che tra i fondatori si sarebbero di lì a poco scatenate perfide vendette e guerre sanguinose. Così è stato e così sarà per gli anni a venire, con il debito e in fondo fruttuoso contorno di commissari, ispettori, reggenti, avvocati, notai, commercialisti, curatori fallimentari; ma con la consolazione che già ci sono due belle cartelle e salate di Equitalia e un’indagine del Nucleo tributario della Guardia di Finanza.