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 2012  luglio 24 Martedì calendario

Tante speranze per arginare l’epidemia di Aids, ma ancora tanta preoccupazione per i nuovi contagi e per lo sviluppo di resistenze ai farmaci contro l’Hiv

Tante speranze per arginare l’epidemia di Aids, ma ancora tanta preoccupazione per i nuovi contagi e per lo sviluppo di resistenze ai farmaci contro l’Hiv. E’ tra luci e ombre che si è aperto ieri a Washington il XIX Convegno Mondiale per la lotta Aids, dove oltre 20mila tra esperti e sieropositivi si sono riuniti per fare il punto sui progressi raggiunti e sullo stato della terapia per arginare la diffusione del virus. La comunità scientifica è convinta di essere di fronte a una svolta: «La medicina ha fornito gli strumenti necessari a ridurre drasticamente le nuove infezioni da Hiv, anche se non ha trovato il vaccino, e ora tocca ai Paesi utilizzarli», ha dichiarato Anthony Fauci, tra i principali esperti mondiali della malattia. Ma a rovinare la festa - segnata dal ritorno, dopo 21 anni, del simposio organizzato dall’International Aids Society, grazie alla rimozione da parte dell’amministrazione Obama del controverso bando che vietava l’ingresso negli Usa ai sieropositivi i dati diffusi da uno studio pubblicato su «Lancet». Stando ai risultati, le resistenze ai farmaci contro il virus dell’Hiv, soprattutto nei Paesi dell’Africa sub-sahariana, sarebbero in aumento. In Africa orientale, ad esempio, si è registrato un tasso di aumento pari al 29% all’anno, mentre in Africa meridionale il tasso è a quota 14 per cento. Neanche Gran Bretagna e Usa ne escono indenni: secondo i ricercatori, l’aumento delle resistenze ai farmaci è salito attorno al 10%. Negli Usa, in particolare, si aggiunge anche il preoccupante dato secondo cui sono in aumento le infezioni fra i giovani di colore omosessuali e bisessuali con percentuali paragonabili a quelle dell’Africa sub-sahariana. Rincara la dose anche Ignazio Marino, presidente dell’organizzazione non profit che si occupa di assistenza sanitaria di base nella Repubblica Democratica del Congo. «Qui in Congo meno del 15 per cento dei pazienti che necessita di terapia antiretrovirale la riceve - dice -. Solo l’11% delle strutture sanitarie offre il trattamento e meno del 6% di madri sieropositive ha accesso ai farmaci antiretrovirali per prevenire la trasmissione dei virus ai loro bambini». Ma qualche segnale di ottimismo c’è, eccome. «I progressi fatti contro la pandemia sono enormi - commenta il senatore - e i nuovi dati forniti dalle Nazioni Unite sono straordinari. Una decade di trattamenti antiretrovirali ha trasformato l’Hiv da condanna a morte in malattia cronica gestibile con successo. C’è la concreta opportunità di eliminare del tutto la trasmissione del virus dalle madri ai neonati nei prossimi tre anni e di raggiungere l’obiettivo di assicurare i farmaci antiretrovirali a 15 milioni di persone entro il 2015». Attualmente sono 34,2 milioni le persone che vivono con il virus Hiv nel mondo e, nonostante il numero di nuovi contagi stia lentamente calando, ogni anno sono 2,5 milioni i nuovi casi registrati. L’anno scorso nel mondo sono stati investiti 16,8 miliardi di dollari contro l’Aids nelle nazioni povere, le più colpite. Tuttavia ci vorrebbero ancora 7 miliardi per raddoppiare entro il 2015 il numero persone che ricevono i farmaci per sopravvivere, attualmente otto milioni. Buone notizia, infine, arrivano da uno studio made in Italy pubblicato su Pnas, e che verrà presentato nei prossimi giorni a Washington. Si tratta della scoperta, firmata da ricercatori dell’Ospedale e dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, di un meccanismo in grado di smascherare il virus dell’Hiv, che rimane nascosto nelle cellule e che in pratica diminuisce l’efficacia dei trattamenti. *** DANIELE BANFI SULLA STAMPA Il summit di Washington di quest’anno cade in un momento di profonda crisi economica. Le proiezioni dicono che per i prossimi due anni mancheranno all’appello 7 miliardi di dollari per raggiungere l’obiettivo minimo che prevede la garanzia di accesso ai farmaci per tutti i malati di Aids». A lanciare l’allarme è Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco all’Istituto superiore di Sanità e scienziato di fama mondiale. Professore Vella, come si può rimediare a questo trend così pericoloso? «La crisi sta aggravando la situazione e gli investimenti da parte dei governi stanno diminuendo. Ma per sconfiggere l’Aids occorre un approccio a 360 gradi. Questa malattia, infatti, non conosce confini geografici e, quindi, è poco lungimirante pensare di curarla soltanto a casa propria. Occorre una politica condivisa. Più persone vengono curate e più la possibilità di fermare il contagio potrà aumentare. In questi anni è stato fatto molto, ma il tema dell’accesso alle cure per tutti non deve finire nel dimenticatoio. Quello che sarebbe un risparmio nel breve termine si tramuterebbe in un problema di portata molto maggiore di quello attuale». E allora quali sono , secondo lei, le possibili soluzioni? «La più ovvia è quella dell’aumento dei fondi da stanziare. In alcuni Stati dell’Africa, che stanno investendo nella prevenzione, stiamo registrando netti miglioramenti nel controllo della malattia. Ma sarebbe già un successo ottimizzare al meglio le somme che abbiamo già a disposizione. Bisognerebbe semplificare il sistema e renderlo più efficiente, evitando tutti i possibili sprechi». Oltre a lle questioni politiche, si parlerà anche di ricerca. Quali passi avanti sono stati fatti dagli Anni 80? «Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito a un sensibile miglioramento delle cure. Se all’inizio di Hiv si moriva, oggi l’aspettativa di vita media dei malati è paragonabile quasi a quella degli individui sani. La ricerca ha fatto passi da gigante non solo nel garantire la sopravvivenza, ma anche la qualità della vita. Se in passato per curarsi era necessario assumere 28 compresse al giorno e con notevoli effetti collaterali, oggi una sola pastiglia è in grado di sostituirle tutte». Vaccino, l’eterno incompiuto: a che punto stiamo? «Sino ad oggi si è sempre lavorato al fine di cronicizzare la malattia. Ora gli sforzi si stanno concentrando sul problema di trovare una cura. Questa soluzione potrebbe passare dalla creazione di un vaccino terapeutico. Al momento non c’è nulla di concreto, ma la lentezza non è dovuta al “complottismo”. Questo virus è unico nel suo genere: a differenza di altri è velocissimo ad infettare le cellule ed è per questo che le difficoltà nel creare una cura sono così evidenti». Quale situazione sta attraversando l’Italia? «Secondo le ultime statistiche, si calcola che nel nostro Paese siano circa 180 mila le persone affette da Hiv e 40 mila quelle con Aids. Ma il problema è il mondo sommerso: sembra che un sieropositivo su quattro non sa di esserlo. Se prima ad essere malati erano gli individui con comportamenti a rischio, ora si tratta di persone eterosessuali di mezza età o età avanzata, contagiate a causa dei comportamenti a rischio avvenuti 10-15 anni fa». E i tempi? Come vede il futuro della lotta all’Aids? «Sono convinto che riusciremo a trovare una cura definitiva, è solo questione di tempo. Gli errori che non dobbiamo compiere sono perdere la fiducia e lasciare scappare l’occasione dell’accesso universale alle cure in nome della crisi. La lotta all’Hiv non può permettersi una pausa né tantomeno una visione locale del problema».