Sergio Romano, Corriere della Sera 24/7/2012, 24 luglio 2012
È vero, per quanto Lei ne sappia, che alcuni politici italiani paragonavano De Gaulle a Boulanger? E qual era la visione gollista dell’Italia? Quale rapporto esisteva tra i due Paesi in quel frangente storico? Sergio Pippi sergio
È vero, per quanto Lei ne sappia, che alcuni politici italiani paragonavano De Gaulle a Boulanger? E qual era la visione gollista dell’Italia? Quale rapporto esisteva tra i due Paesi in quel frangente storico? Sergio Pippi sergio.pippi@alice.it Caro Pippi, Q uando il generale De Gaulle tornò al potere, nel maggio del 1958, la reazione delle sinistre europee fu quella automatica del ginocchio quando è colpito dal martelletto del medico. Balzarono in piedi e dichiararono che la democrazia francese era «in pericolo». Non pensarono al generale Dwight D. Eisenhower, comandante supremo delle forze alleate durante la Seconda guerra mondiale, che aveva democraticamente conquistato la Casa Bianca nel novembre 1952. Pensarono ai numerosi militari europei che nei decenni precedenti avevano instaurato regimi autoritari o presieduto governi di emergenza in cui la democrazia, nel migliore dei casi, era stata temporaneamente sospesa: Josef Pilsudski in Polonia, Miklos Horthy in Ungheria, Miguel Primo de Rivera e Francisco Franco in Spagna, Ioannis Metaxas in Grecia, Ion Antonescu in Romania, Pietro Badoglio in Italia. Qualcuno si spinse addirittura sino ad affermare che il generale De Gaulle era un personaggio «bonapartista» ed evocò lo spettro del generale Georges Boulanger, effimero protagonista della vita pubblica francese agli inizi della Terza Repubblica. Boulanger aveva combattuto in Italia nel 1859 e partecipato alla spedizione in Cocincina all’inizio degli anni Sessanta, si era distinto per il suo coraggio nella guerra franco-prussiana e aveva preso parte alla riconquista di Parigi dopo la rivoluzione comunarda del 1870. Verso la metà degli anni Ottanta, mentre comandava le truppe francesi in Tunisia, aveva già un profilo pubblico e un certo seguito popolare. Sembrava democratico e repubblicano, ma era noto anche per le sue sortite anti-parlamentari e raccoglieva consensi soprattutto negli ambienti nazionalisti, revanscisti e anti-tedeschi. Quando fu chiamato al governo come ministro della Guerra, nel 1886, adottò una linea provocatrice verso la Germania e divenne il leader potenziale di uno schieramento politico che comprendeva movimenti di estrema destra ed estrema sinistra, bonapartisti e giacobini, tutti uniti dal loro comune disprezzo per la «democrazia borghese». Nel corso delle elezioni suppletive del 1889 si presentò contemporaneamente in alcuni collegi e incassò vittorie trionfali. La Francia sembrò a un passo dal colpo di Stato e molti esortarono Boulanger a cogliere l’occasione, ma il generale esitò e preferì attendere la scadenza delle elezioni politiche, alla fine dell’anno. Bastò quella esitazione perché gli umori del Paese cambiassero e le istituzioni repubblicane trovassero in se stesse la forza per resistere alla tentazione autoritaria di un leader populista. Boulanger fuggì a Bruxelles, fu condannato in contumacia e si tolse la vita nel settembre del 1891. Fu soltanto una cometa nel cielo burrascoso di un Paese che, dopo il trauma della guerra franco-prussiana, stava creando le sue nuove istituzioni. De Gaulle, invece, si servì della crisi algerina per creare un nuovo Stato. La reazione della sinistra italiana agli eventi francesi del 1958 fu molto simile a quella delle sinistre europee. La Democrazia cristiana fu preoccupata dall’avvento al potere in Francia di un uomo che aveva un concetto dell’Europa alquanto diverso da quello dei suoi padri fondatori. Ma alcuni democristiani e liberali cominciarono ben presto a osservare con una punta d’invidia l’evoluzione politica della Quinta Repubblica.