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 2012  luglio 24 Martedì calendario

ROMA —

Gianfranco Fini con Fli da un lato. Gli ex colonnelli di An confluiti nel Pdl dall’altro. La telenovela sugli eredi della Fiamma torna sulla scena ieri. Quando il Tar del Lazio — accogliendo un’istanza cautelare di Rita Marino, storica segretaria del presidente della Camera — sospende il provvedimento con cui il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro aveva concesso la trasformazione dell’associazione degli ex An nella «Fondazione Alleanza Nazionale». E di fatto congelato un patrimonio, oggi controllato dagli uomini del quartetto Gasparri-La Russa-Matteoli-Alemanno, che nemmeno il finiano Donato Lamorte riesce a stimare con esattezza. «Tra rimborsi elettorali e immobili, parliamo di una cifra superiore ai 150 milioni». È l’ultimo capitolo di un divorzio che si consuma nel 2010 con l’uscita di Fini dal Pdl. Il tesoro di An finisce in un’associazione che per la legge deve trasformarsi in fondazione. E il riconoscimento, contestato dai finiani rappresentati da Giuseppe Consolo, avviene con un’ordinanza di Pecoraro. La stessa sospesa ieri. «È un provvedimento provvisorio», dice il senatore pdl Franco Mugnai, presidente del Cda della Fondazione An. Italo Bocchino esulta: «Avremo ragione anche a novembre, quando si discuterà del merito». Sullo sfondo c’è l’ipotesi di una divisione del patrimonio. Che però i «colonnelli» respingono. «Non se ne parla», avverte Maurizio Gasparri. «E che nessuno si sogni di usare i beni di An per finanziare operazioni politiche attuali». E la voce che si vada ai tempi supplementari con un’inchiesta penale, di cui si parlava tempo fa in ambienti di Fli? «Sapevo che c’era stata una denuncia penale...», spiega Lamorte. Ma, aggiunge, «che cosa succederà non lo so». E lo ripete: «Non lo so davvero».
T. Lab.