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 2012  luglio 23 Lunedì calendario

PAROLE CORRETTE E SCORRETTE NEGRO, NIGGER, BLACK, GAY

Nella sua «Storia del calcio in Italia» il compianto giornalista-scrittore napoletano Antonio Ghirelli ha usato più volte, per definire ad esempio il fuoriclasse brasiliano Pelé, il termine «negro», oggi considerato assolutamente spregiativo e offensivo. Essendo quel libro relativamente recente (la copia in mio possesso risulta pubblicata nella metà degli anni Sessanta) vorrei sapere quando si è verificata questa inversione di tendenza e se sia legata all’evoluzione di tutte le società occidentali verso una cultura multirazziale.
Massimo Medri
massimomedri@fastwebnet.it
Caro Medri, fino alle grandi proteste delle comunità nere americane negli anni Sessanta e Settanta, le due parole maggiormente usate negli Stati Uniti per definire un afro-americano erano negro e nigger. La prima era neutrale e non comportava alcun giudizio di valore, la seconda era spregiativa e veniva abitualmente usata per offendere e deridere. Ma anche «negro», per coloro che protestavano contro le antiche discriminazioni e chiedevano eguaglianza, ricordava in America gli anni delle umiliazioni e dell’arroganza bianca. Gradualmente, negli anni Settanta, la parola divenne scorretta e fu sostituita da black o «afro-american». Paradossalmente la vecchia espressione spregiativa (nigger) sopravvive oggi quasi esclusivamente nel gergo delle fasce più povere della gioventù nera americana ed è usata con toni ironici o trasgressivi. In Italia, dove «negro» era già in molti casi sinonimo d’inferiorità razziale, abbiamo accettato l’uso americano e preferiamo oggi «nero» o «afro-americano».
Queste evoluzioni linguistiche sono abbastanza frequenti e coincidono generalmente con il processo di autoaffermazione di un gruppo sociale che celebra la sua vittoria battezzandosi con un nome diverso da quello con cui era stato abitualmente definito. Alla fine degli anni Sessanta, negli Stati Uniti, gli omosessuali si proclamarono «gay». La parola (in italiano gaio) era stata in altri tempi sinonimo di immorale e dissoluto, ma divenne accettabile quando fu usata provocatoriamente dagli interessati e venne letta come l’acronimo di «good as you»: una frase che in italiano si potrebbe liberamento tradurre con «valgo quanto voi».
Qualcosa del genere è accaduto in Italia per parole che non rispondevano più ai nuovi costumi sessuali della società o mettevano in evidenza i difetti fisici di una persona. Zitella, nubile e scapolo sono stati eliminati dall’uso corrente e sostituiti con la parola inglese «single»; amante e concubina con compagno, compagna, convivente. Sono scomparse purtroppo anche parole antiche e straordinariamente espressive come sciancato, storpio, orbo, zoppo, cieco, sordo, straccione, pezzente. Oggi preferiamo dire, con un po’ d’ipocrita compunzione, disabile, diversamente abile, non udente, non vedente. Ma per fortuna, se avremo occasione di andare in Andalusia, diremo con le parole del poeta messicano Francisco de Icaza che «nella vita non vi è pena maggiore dell’essere cieco a Granada».
Sergio Romano