Alessandra Arachi, Corriere della Sera 23/07/2012, 23 luglio 2012
«LA AMAVO, LEI ENTRO’ NELLE BR»
Non si ferma Paolo Crepet quando si pronuncia la parola amore. Le sue frasi diventano un flusso indistinto e la narrazione del suo amore una galassia mobile che avvolge ogni angolo della visuale. Questione di psiche.
Questione di uno psichiatra che proprio all’amore ha dedicato uno fra i suoi libri più venduti. Getta uno sguardo serio, Crepet: «È che l’amore si coniuga con molti aspetti della mia vita». Però è l’arte quello con cui si coniuga di più, per via dei due nonni, tutti e due artisti, Mario e Angelo Mario, pittori e ceramisti, con il risultato di un imprinting di colori che ha segnato il piccolo Paolo fin dalla culla.
Analizza se stesso, lo psicoterapeuta Crepet: «L’imprinting è fondamentale per capire la genesi delle nostre emozioni». Quelle calzamaglie coloratissime impressionarono la mente dell’adolescente Paolo come fa un flash che colpisce la pellicola. Un’emozione indelebile.
«Quelle calze coloratissime sbucavano fuori dalla prima minigonna che io abbia mai avuto davanti agli occhi», racconta adesso Paolo Crepet, gli occhi chiari a scrutare un orizzonte lontano, quello del liceo scientifico «Ippolito Nievo», nella sua Padova natia. Il Sessantotto era nel pieno del suo fulgore e ci avrebbe pensato proprio l’indossatrice di quella prima minigonna a traghettare quella protesta direttamente negli Anni di Piombo.
Spiega Paolo Crepet: «Era Susanna Ronconi che aveva indosso la minigonna che ha turbato le mie notti d’adolescente. Era bellissima Susanna. Alta. Snella. Sensuale. Con i capelli rossicci talmente lunghi da raggiungere l’inizio del sedere. Era il millenovecentosessantotto e ci eravamo dedicati alla prima occupazione del nostro liceo. Eravamo coetanei e dunque lei, a mala pena, mi degnava di qualche sguardo, proiettata verso i compagni più adulti. Forse mi degnava di più come compagno di dibattiti politici. Ma il risultato è che fra noi non ci fu niente. Mi fu impossibile avere a che fare con lei. Purtroppo».
Nulla da fare negli anni del liceo. Ma ancora meno in quelli che sarebbero venuti poi. Perché Susanna Ronconi se la sarebbe sfilata presto quella minigonna, pronta ad imbracciare il fucile e fuggire nella clandestinità, quella della colonna padovana delle Brigate Rosse. A Paolo Crepet sarebbe rimasto soltanto il ricordo di quell’emozione. Un’emozione forte. Basilare. Di quelle in grado di modificarti l’esistenza.
«Le gambe colorate di Susanna Ronconi mi hanno traghettato da un ciclo all’altro della vita. Hanno trasformato un bamboccio che si occupava di calcio, soldatini e merendine in un adolescente inquieto e inquietato dalle donne», spiega lo psichiatra Crepet, anche se più che un traghetto la minigonna di Susanna Ronconi sembra essere stata un vero e proprio trampolino di lancio per il giovanissimo latin lover Paolo a spasso nella provincia veneta, negli anni a venire.
Non si ferma Paolo Crepet quando comincia a raccontare la sua liberazione sessuale che lui definisce periferica visto che si è consumata tutta lontana dalla troppo borghese Padova e si è scatenata invece fra le feste, le band e i garage di paesi come Bassano del Grappa, grazie alle virtù più libertine di ragazze di cui oggi l’adulto psichiatra fatica persino a ricordare i semplici nomi e non esattamente gli stati di nascita.
Fruga nei cassetti della memoria, Crepet. Scuote la testa: «È inutile, quegli anni sono stati un tourbillon senza soluzione di continuità. Avevo diciassette, diciotto anni. Sono stati gli anni dei primi club med e i primi incontri magici con le ragazze straniere. Mentirei se dicessi di ricordarmi dei nomi».
Ma un diminutivo, almeno quello, alla fine dalle curve della memoria riesce a spuntare fuori: Chicca. Un meraviglioso flirt. «Quanto era bella Chicca. Capelli lunghi, castani. Alta. Ha cominciato indossando minigonne e poi è approdata alle gonnellone folk a fiori, genere paleofemminista», gli occhi chiari dello psichiatra adulto indugiano adesso su questo ricordo e una piccola breccia sembra aprirsi. Ma non è così. Scuote la testa, Crepet: «Non ricordo il suo nome. Nemmeno il cognome. Non l’ho mai più rivista, da quegli anni».
Chissà se invece Chicca riesce a riconoscersi in queste gonne corte corte oppure lunghe lunghe a fiori. Tante volte.
Alessandra Arachi