Angelo Aquaro, Affari & Finanza, La Repubblica 23/7/2012, 23 luglio 2012
LA SCOMMESSA DI MAMMA MARISSA LA SCUOLA DI GOOGLE PER RILANCIARE YAHOO
Bella, bionda e brava, se fosse anche buona Marissa Mayer non sarebbe mai arrivata a sedere sulla poltrona più scottante della Silicon Valley. Ma la severità, se non proprio la cattiveria - si sa - è qualità che nei manager è apprezzata assai.
Così tanto che il traballante board dell’ex colosso chiamato Yahoo non ci ha pensato due volte a iscrivere nei suoi bilanci da più di dieci anni al ribasso il fantasmagorico compenso che la signore riceverà: 129 milioni di dollari in cinque anni. E del resto: voleva e non voleva giocar duro l’ex motore di ricerca e oggi non si più nemmeno bene che cosa? Voleva o non voleva strappare alla concorrenza di Google la manager non solo più stimata ma addirittura immagine, volto, viso, faccia, capelli biondi, occhi azzurri e tutto quel che segue? Del gigante di Mountain View, Marissa era tecnicamente il vicepresidente.
A Yahoo è diventata il settimo Ceo nel giro di cinque anni. Ma i ruoli non sono commensurabili. La signora ha avuto la sfrontatezza e il coraggio di emigrare dal paradiso, se non proprio all’inferno, quantomeno al purgatorio dell’hi- tech: lasciando la squadra che vince per andare, a sorpresa, in quella formazione di vecchie glorie che per nascondere qualche brocco, come il penultimo Ceo Scott Thompson, avevano taroccato perfino il uso curriculum, inventandogli la bella laurea che non aveva.
Marissa no che non ne ha di questi problemi di immagine. Anzi: l’immagine, come il pericolo di certi eroi, in fondo è proprio il suo mestiere. Non solo perché, appunto, è bella, bionda e brava e ambasciatrice così apprezzata che fino a ieri, lì a Google, a lei affidavano persino le relazioni con la Casa Bianca, malgrado nella troika che gestisce il colosso - i fondatori Larry Page e Sergey Brin col presidente Eric Schimdt - il manager che ha sempre ha fatto da chioccia ai due ragazzoni, Schmidt, militi addirittura tra i consiglieri di Barack Obama.
No, non è solo questione di faccia e di buone maniere: ma soprattutto di testa. Marissa è la migliore pr di se stessa. E’ stata proprio lei a dare in prima persona l’annuncio su Twitter che stava cambiando cavallo, lunedì 18 luglio, traslocando da Google a Yahoo. E sempre lei e sempre su Twitter è stata a dare, qualche nanosecondo dopo, un altro, importantissimo annuncio. “Un’altra buona notizia oggi!” ha twittato con tanto di punto esclamativo: “Io e Zachary Bogue aspettiamo un bambino”.
Così la Signora Immagine non sarà diventata la prima donna a sedere su un colosso dai piedi d’argilla come Yahoo, visto che il primato va riconosciuto alla dolentissima esperienza di Carol Bartz, l’ex signora che l’anno scorso si vide dare il poco gentile benservito con una semplice telefonata. Però è sicuramente la prima donna a salire al vertice con tanto di pancione: piccolo, anzi grande particolare che ha fatto pomposamente dire ai geni del management che “tra dieci anni il suo nome sarà letto nei libri di storia”.
Per la verità, malgrado il comprensibile entusiasmo delle “mompreneurs”, le poche e coraggiose mamme imprenditrici, Mrs. Mayer è attesa per adesso a una scadenza molto più ravvicinata: la presentazione della prossima trimestrale di Yahoo.
Ok, questa manager bionda, bella e brava ha già una collezione di record, la doppia laurea cum lode a Stanford in “sistemi simbolici” e “computer science”, con tanto di specializzazione in quella “intelligenza artificiale” che ha messo il turbo a quella sua di natura, geneticamente nutrita dalla madre insegnante d’arte e dal padre ingegnere.
E sì, lei - l’assunta numero 20 di Google - è anche la 20esima nella classifica delle manager donna di Fortune 500, la lista delle compagnie più famose del mondo stilata dalla bibbia delle imprese, dove le signore ammesse sono appena il 4 per cento. Ma la dignitate della bella Marissa si parrà al prossimo appuntamento con i conti, il primo nel quale dovrà sfoderare tutte le sue qualità di manager, non celandosi più dietro ai trionfi d’immagine o alle responsabilità di gestione che a casa Google posavano appunto sul cofondatore e Ceo Larry Page.
Gli ultimi conti, la settimana scorsa, hanno mostrato l’ennesima flessione, -4,2% nel fatturato del secondo trimestre. E la signora amerà anche il rosso: ma quello sgargiante di Oscar De La Renta, lo stilista preferito che divide con una certa Michelle Obama, mica quello dei conti che finora anzi aveva contribuito laggiù nel Googlepex a colorare verde brillante, investendo su Gmail, Google Map, la pubblicità locale e tutto quello che ha portato la società di Mountain View a diventare la padrona di Internet (e di oltre 200 miliardi di valutazione).
Chiaro che questo fa parte, anzi è il nocciolo della sfida della signora, che ha già fatto sapere che la sua maternità “non durerà più di qualche settimana” e che quindi a Yahoo riproporrà lo stile di vita probabilmente ereditato - insieme ai capelli biondi e agli occhi azzurri - dalla finnica e iperattivissima mamma. Lì nel Googleplex, dove gli ingegneri sciamano in shorts e ciabatte per 300 giorni all’anno, arrivano tardi e vanno via presto, perché la creatività è la molla del sistema, Marissa era sempre la prima ad arrivare, prima ancora delle 9 del mattino, e l’ultima ad andare via, mai prima del tramonto.
Metteteci che adesso a Yahoo dovrà darci obbligatoriamente dentro molto di più. Perché quella poltrona che già scotta di sua per lei è due volte bollente. E già. La signora era arrivata a Google quando - come la maggior parte degli esseri viventi - non sapeva ancora neppure cosa fosse un motore di ricerca. Ma l’ha fatto perché “in tutte le mie scelte - ha ricordato - io mi sono sempre concentrata su due caratteristiche. La prima, scegliere di lavorare in un posto di gente simpatica.
La seconda, scegliere qualcosa che, in fondo, non mi sentivo ancora pronta fare”. Beh, sulla variante numero uno non ci sono dubbi. Prima che si ingrigisse per i problemi di salute che lo stanno tenendo lontano da Google, e che a Mountain View continuano a definire semplice laringite, il cofondatore Page stava così simpatico a Marissa che tra i due duri, come si dice, nacque del tenero, immortalato in un abbraccio galeotto sulla copertina pettegola di “Us”.
Ma riguardo alla variante numero due, mah, stavolta la scommessa della signora è davvero da brivido. Perché Marissa nasce e dentro di sè resta profondamente ingegnere, smanettona e nerd, malgrado gli occhioni azzurri che sostituiscono, deo gratias, gli occhialoni da ordinanza nell’ambiente. E non ha certo la preparazione manageriale che ha portato l’altra donna forte della Silicon Valley, Sheryl Sandberg, a diventare il braccio destro di Mark Zuckerberg.
Certo che ha imparato a far di conto nei suoi 13 anni a Google. Però non è un caso che proprio il vecchio amore Larry le abbia fatto lo sgarbo, qualche mese fa, di escluderla dal suo ristrettissimo “gruppo di ascolto”, assegnando a un altro candidato il ruolo di vicepresident senior. E’ il motivo per cui Mrs. Mayer ha confessato “che non è stato poi così difficile” fare la scelta che ha fatto.
A Google, insomma, avevano cominciato a tagliarle la strada: con la stessa lungimiranza con cui i maschietti al comando avevano tagliato la strada a Sheryl Sandberg, altra transfuga. Riuscirà adesso Marissa nell’ultima difficilissima missione? Riuscirà questa pignolosissima ingegnera, capace di scartare 41 tonalità di blu prima di scegliere quella giusta da mettere nell’homepage, a ridare una mission appunto a quella Yahoo che dopo la cacciata di Jerry Young, il cofondatore, sogna di rimettersi a sfidare Goole e Facebook e Apple e Microsoft?
L’unica cosa certa è quando vuole ottenere qualcosa l’ottiene. Come quella volta che per arredare la sua penthouse da 5 milioni al 38esimo piano del Four Season, per caricare i suoi Warhol, i suoi Lichtenstein e l’ultima installazione dell’artista preferito aveva mandato in tilt il traffico di San Francisco, con i ragazzi del trasloco in divisa antisommossa per evitare le proteste. Ma sapete com’è: quando sei bella, buona e brava non t’è richiesto, appunto, di essere anche buona. E chi se ne frega del traffico di San Francisco: l’unico che conta è quello del web.