Enrico Franceschini, la Repubblica 22/7/2012, 22 luglio 2012
RUPERT MURDOCH SI DIMETTE “VENDERÀ I SUOI GIORNALI”
Rupert Murdoch fa un passo indietro nei vertici del suo impero editoriale, suscitando indiscrezioni che il tycoon avrebbe deciso di vendere tutti i suoi giornali inglesi, compromessi dal Tabloidgate, lo scandalo delle intercettazioni illecite che infuria da oltre un anno in Gran
Bretagna.
Lo Squalo, com’è soprannominato uno dei più grandi editori del mondo, si è dimesso la settimana scorsa, senza darne notizia, dal consiglio di amministrazione di una serie di società sussidiarie della News Corporation, la casa editrice proprietaria del Times, del Sunday Times, del Sun e del Sunday Sun, oltre che di vasti interessi nel campo della televsione, del cinema e dell’intrattenimento, nel Regno Unito. Dopo che un giornale concorrente, il
Daily Telegraph,
ha appreso ieri sera la notizia, un portavoce del gruppo ha ammesso la decisione, minimizzandola come un’opera di «pulizia » nell’ambito di una separazione in due dei suoi interessi britannici, da un lato appunto i giornali, dall’altro la rete tv Sky (di cui Murdoch possiede il 40 per cento) e altri media.
Ma questa, secondo voci riportate dal
Telegraph,
sarebbe la premessa di molto di più: Murdoch si preparerebbe a cedere tutti i suoi giornali in Inghilterra, un’ipotesi già circolata nei mesi scorsi, dopo l’incriminazione del suo ex-amministratore delegato, Rebekah (detta «la Rossa») Brooks, e dell’ex- direttore del
News of the World,
Andy Coulson, che era stato in seguito anche portavoce e capo delle comunicazioni del primo ministro David Cameron a Downing street, entrambi
travolti dall’inchiesta sulle intercettazioni illecite del tabloid. È vero che il
Times
e il
Sunday Timesnon
sono stati investiti, se non molto marginalmente finora, dallo scandalo. Ma proprio nei giorni scorsi è emersa una nuova email accusatoria nel quadro del Tablodigate, «di una gravità senza precedenti », secondo quanto è trapelato, il cui contenuto viene al momento tenuto segreto per un’ingiunzione del magistrato che indaga sul caso. E in ogni caso, secondo vari commen-tatori, Murdoch potrebbe avere deciso di dare un
taglio netto a un business che lo ha fortemente screditato per tentare di salvare il resto del suo impero, che costituisce la fetta
più remunerativa.
I quattro giornali, in effetti, rappresentano appena il 10 per cento dei 4 miliardi e 200 milioeffetto
ni di dollari di fatturato della News Corporation. E fanno parte di un settore, quello della carta stampata, in forte crisi per
dell’impatto di internet sommato all’attuale recessione globale. Vendendo tutto, Murdoch taglierebbe un ramo secco,
per così dire, per rafforzare l’albero a cui tiene di più: la televisione
Sky,
di cui sperava e forse spera ancora di ottenere prima o poi la maggioranza azionaria, e i media che ha in America, giornali come il
Wall Street Journal
e il
New York Post,
network televisivi come la Fox News, che rischiano di finire anch’essi sotto inchiesta per operazioni illecite analoghe a quelle di cui il magnate è accusato in Gran Bretagna.
Di certo c’è che Murdoch ha lasciato i consigli d’amministrazione di News International, della Times Newspaper Holdings e della News Corporation Investment, oltre che da quelli di decine di società in Australia, negli Usa e in India. Una notizia confermata a tarda notte da una dei suoi più importanti collaboratori, Tom Mockridge, ex-capo di
Sky Italia
e attuale amministratore delegato di
News International, la società editrice «ombrello» del gruppo. Proprio quest’ultimo afferma che la decisione fa parte della preparazione per la separazione delle attività dell’impero editoriale di Murdoch, affermando che il tycoon «rimane completamente impegnato nella gestione del nostro business come presidente di quello che diventerà il più grande gruppo digitale e di quotidiani del mondo ». Una ristrutturazione, tuttavia, motivata sia dalle conseguenze del Tabloidgate che dalla rivolta che cova da mesi tra gli azionisti per spingere lo Squalo a dimettersi da ogni incarico di responsabilità. Suo figlio James, l’erede apparente, aveva già fatto un passo indietro qualche mese fa. Ora ne fa uno anche l’81enne Rupert. È iniziata la battaglia finale. E lui come sempre fa la prima mossa, a sorpresa.