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 2012  luglio 22 Domenica calendario

IL CLUB DEI CUOCHI PIÙ POTENTI DEL MONDO


Talleyrand diceva: «Datemi un buon cuoco e vi darò un buon trattato». In effetti lui aveva Carême, il Bocuse dell’epoca, ed è anche suo il merito se il congresso di Vienna andò bene, o almeno non troppo male, per la Francia sconfitta. In politica è meglio prendere l’interlocutore per la gola che per il collo e nelle relazioni internazionali i cannoli sono preferibili ai cannoni. Da qui il ruolo anche diplomatico dei cuochi dei capi, che in francese sono gli «Chefs des chefs». E appunto «Club des chefs des chefs» (per brevità: CCC) si chiama la più esclusiva associazione gastronomica del mondo, una specie di G20 della gastronomia: per farne parte, bisogna cucinare per un capo di Stato o di governo.

L’idea venne nel 1977 a Gilles Bragand, titolare di una celebre maison di abiti e accessori per la ristorazione. Da allora, i cuochi che riempiono gli stomaci più potenti del mondo si ritrovano almeno una volta all’anno, ricevuti dai loro datori di lavoro. Come ha spiegato Medvedev, il loro compito è creare «un’atmosfera propizia» alle trattative. E la cena cucinata in febbraio a Tel Aviv per il Centro Peres con una brigata mista israeliana e palestinese è stata un successo anche diplomatico.

Quest’anno il CCC festeggia i cinquant’anni del trattato dell’Eliseo, quando De Gaulle e Adenauer misero le gambe sotto il tavolo e una pietra sopra un secolo di guerre francotedesche. Quindi gran riunione prima a Berlino, ospiti di Ulrich Kerz, cuoco della Cancelleria, e da oggi a Parigi da Bernard Vaussion, quello dell’Eliseo.

I soci sono attualmente 27: presidente è Christian Garcia, lo chef di Alberto II di Monaco, vice Mark Flanagan, che spignatta per Elisabetta II. E poi ci sono Sun Zhonting e Yang Zongwei, che officiano alla Grande Casa del Popolo di Pechino, Cristeta Comerford della Casa Bianca, Vakhtang Abushidi del Cremlino e Daryl Schembeck dell’Onu. Per l’Italia, Fabrizio Boca e Massimo Sprega, i due cuochi del Quirinale.

E chissà che favolosi gossip politicogastronomici. Gli Obama, impegnati nella loro crociata contro l’obesità, vogliono sempre legumi freschi. Hollande odia i carciofi, la Merkel ama il pesce del Baltico e Medvedev la carne bianca: al Cremlino, peraltro, tutto viene preventivamente assaggiato, come nel Medioevo.

Gusti e disgusti degli inquilini dell’Eliseo sono un capitolo a parte. Abituato alle mense dell’Armée, De Gaulle non aveva molte pretese, Pompidou voleva le solide ricette borghesi («Veau aux carottes», «Poule au pot»), Giscard d’Estaing la nouvelle cuisine, Mitterrand i frutti di mare e il foie gras, Chirac l’agnello in tutte le forme (gigot, sella e spalla) e tutte le salse: «Ho cucinato greggi interi», racconta Vaussion. Sarkozy, che non è un gourmet, ha un’unica passione: il cioccolato. Complice Carlà, bandì i piatti pesanti e soprattutto il formaggio. Invece, ovviamente, a Hollande il formaggio piace molto.

La cucina dell’Eliseo, 500 metri quadrati per 24 impiegati (tutti uomini per un diktat di Bernadette Chirac), sforna 200 pasti al giorno, 70 mila all’anno. Ma anche qui si va verso la semplificazione. I menu delle cene di Stato di fine Ottocento erano di quindici portate; con il général De Gaulle erano cinque, adesso sono tre. E i piatti sono più semplici: se a Bokassa, nel 1969, furono servire sogliole Saint-Germain e filetto Messidor (ma lui avrebbe preferito mangiarsi il cameriere), a George Bush sono toccate delle polpettine di vitello ai finferli.

Guai, però, a sbagliare: le pareti della cucina presidenziale tremano ancora per la sfuriata di Giscard al suo pasticciere. Oggetto, la torta di mele servita a Hassan II del Marocco: «Mi sono vergognato di un dessert così mediocre».