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 2012  luglio 21 Sabato calendario

IN GERMANIA IL MARCO FA ANCORA CONCORRENZA ALL’EURO


Il marco, da alcune parti in Germania, è ancora in circolazione. La notizia, lanciata mercoledì dal Wall Street Journal, è stata accolta da alcuni broker come la conferma della tesi che sarà la Germania a uscire dall’euro. A leggere tutto l’articolo, però, invece di fermarsi al solo titolo «Che bisogno c’è dell’Euro quando puoi pagare con marchi tedeschi?», si apprende che, esattamente come tutte le altre monete dell’Eurozona, anche il Deutsche Mark ha cessato di essere moneta legale il 1 gennaio 2002.
La differenza è che, al contrario di paesi come l’Italia e la Francia, le cui banche centrali dall’anno scorso non accettano più vecchie lire e vecchi franchi in cambio di euro, la Germania non ha messo alcuna scadenza al ritiro del marco da parte della Banca centrale.
Così ci sono negozi e aziende che usano il marco come pubblicità per attirare clienti, sapendo di poter presentare all’incasso in qualunque momento presso la Bundesbank i marchi incamerati.
Si tratta di un filone molto promettente perché, secondo la stessa Bundesbank, mancano all’appello ben 13,2 miliardi di marchi, ovvero 6.75 miliardi di euro, presumibilmente infilati sotto materassi o dimenticati nelle tasche di cappotti smessi. Si tratta di una massa monetaria, sostiene il Wall Street Journal, più vasta di tutte le altre 16 ex-monete che ancora mancano all’appello nell’Eurozona messe insieme.
Il fatto che la Germania non abbia messo una scadenza al ritiro dei Dm da parte della sua Banca centrale permette a commercianti e altre aziende di raccogliere liquidità che altrimenti si sarebbe perduta di vista.
La catena di abbigliamento internazionale C&A, il cui principale mercato è la Germania, cominciò ad accettare Dm fin dal 2003 e ancora oggi incassa fino a 150.000 marchi al mese nei suoi quasi 500 negozi tedeschi. Anche il 90% delle cabine telefoniche della Deutsche Telekom funzionano con le ex-monete nazionali della Germania Ovest.
Il villaggio di Gaiberg, nella Germania meridionale, preso ad esempio dal Wsj, è uno dei centri in cui, dal farmacista al fornaio si sono visti rivitalizzare le vendite: nel maggio scorso sono arrivati qui acquirenti fin da Francoforte a spendere 15.000 marchi, attirati dallo slogan «Lasciate il vostro ultimo pfennig a Gaiberg!».
Il Deutsche Mark fu introdotto nel 1948 nelle zone occupate della Germania occidentale post-guerra, prima ancora che ci fosse una bandiera o un inno nazionale della Germania Ovest. Così divenne il simbolo del miracolo economico post bellico, uno dei pochi simboli in cui i tedeschi potessero ancora esprimere l’orgoglio nazionale senza sentirsi a disagio. «Le bandiere no, non erano accettabili - Hitler aveva delle bandiere,» dice Wolfgang Ischinger, ex- vice ministro degli esteri tedesco che oggi è a capo della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Ma «il Marco era una storia di successo tedesco pulita. Rinunciarci è stato duro.»
L’articolo del Wsj, che prosegue raccontando della nostalgia della gente comune per il marco, si può leggere anche alla luce della convenienza che avrebbero dalla fine dell’euro le economie basate sul dollaro, nonché coloro che sulla disgregazione della moneta europea hanno orientato i propri acquisti in Borsa. Convenienza che ben si sposa con quella delle autorità tedesche a far dimenticare agli investitori internazionali i quali comprano bund anche a rendimento negativo, convinti di assicurarsi così contro i rischi dell’eventuale fine dell’euro, che, come ha attestato appena una settimana fa uno studio della Merrill Lynch, la Germania è il paese che più di tutti ha beneficiato della moneta unica e sarebbe quello che dalla sua fine riceverebbe il maggior danno.