Antonio Pascale, la Lettura (Corriere della Sera) 22/07/2012, 22 luglio 2012
IL MOVIMENTO PERPETUO DELLA NATURA E L’ANATOMIA DI UN PAESE IMMOBILE
Spesso capita, e con frequenza costante. Si parla di cultura scientifica, di applicazioni tecnologiche, ne viene fuori un dibattito, e qualcuno, in genere un umanista, si alza ed esprime un’opinione al riguardo. E appunto, capita spesso che queste opinioni contengano sempre qualcosa di impreciso, soprattutto quando si tocca il tema dell’evoluzione darwiniana. Per esempio, ancora si ascoltano affermazioni come «la selezione del più forte», quando sappiamo che non sopravvive il più forte, ma il più adatto — e nemmeno è possibile identificare chi sia il più adatto, perché tutto dipende da fluttuazioni casuali dell’ambiente.
Ancora è possibile, anzi è frequente nei suddetti dibattiti, che qualcuno, per accusare la vasta categoria degli «scienziati» di collusioni con i peggiori crimini, citi un libro: Essere e tempo di Martin Heidegger, come se il filosofo non avesse avuto serie collusioni con Hitler — ma questo è un altro discorso. Insomma, sembra, almeno a considerare questi dibattiti improvvisati, che a una parte della cultura umanista (italiana) manchi la conoscenza di un filosofo, fondamentale per capire e maneggiare moderni strumenti conoscitivi, e cioè il maggior esperto di lombrichi e piccioni al mondo, Charles Darwin. Questa mancanza genera confusione e forma un immaginario creazionista, però mascherato. Per esempio, quando Carlo Petrini scrisse un decalogo per ribadire il suo no a questi benedetti Ogm, scrisse, punto 8: «Le piante mal sopportano le modifiche genetiche». Se Petrini avesse letto Darwin, di sicuro non avrebbe prodotto una simile affermazione: non solo la storia delle piante, ma quella di ogni vivente, è piena zeppa di pesanti modifiche genetiche, spontanee o indotte. Sono cose assodate, e però non si trovò a suo tempo un biologo che mettesse ordine — ma questo è un altro discorso. Insomma, la suddetta visione presuppone un mondo immobile (che mal sopporta modifiche), quindi considera malefico ogni apporto umano (portatore di impurità).
E dunque, tradotto in altri campi, questo modo di vedere è responsabile anche della nostra immobilità come Paese, di quello che prosaicamente Cesare Prandelli ha espresso pochi giorni fa: siamo un Paese vecchio. Ossia i baroni comandano e non certo per meriti, ma perché ci fanno credere che ciò che è antico (cioè loro stessi) è naturale e sano, dunque si scoraggia sia l’innovazione sia la contestazione. Ma come fare a infondere un po’ di curiosità nelle giovani generazioni, così che possano, poi, interessarsi alla vita e alle sue mutazioni? Come raccontare questo terribile, ma affascinante e intrigato mondo (naturale)? Perché l’interesse verso una disciplina non si apprende a scuola, ma spesso si acquisisce da giovani, e per un accidente, magari ci si imbatte in qualcosa di strano e anomalo, divertente e curioso. Come appunto questo libro di Lisa Signorile, L’orologiaio miope (Codice Edizioni). Una maniera intelligente e leggera per parlare di evoluzione naturale. Il sottotitolo recita: Tutto quello che avete voluto sapere sugli animali... che nessuno conosce. In effetti il libro è una divertente storia di animali repellenti o buffi o strani e bizzarri, come pulci, pidocchi, topi, mosche che decapitano, draghetti di Medina, vipere e ragni. A ogni animale, parassita o meno, sono dedicate tre o quattro pagine, veloci e chiare.
Che cosa si impara da questo libro? Per prima cosa, ci si diverte: il bambino schizzinoso e curioso che è in noi si eccita. Poi si apprendono lezioni non noiose di evoluzione darwiniana. Infine, raccontando, per esempio, la storia dei pidocchi, viene narrata anche la storia dell’uomo, o meglio, la storia in comune che noi raffinati sapiens abbiamo avuto con i fastidiosi insetti. Non solo, gli animaletti nati milioni di anni fa diventano protagonisti di bizzarre e curiose storie, epiche e piene di difficoltà adattative.
L’orologiaio miope è un omaggio al famoso titolo di un libro di Richard Dawkins edito da Mondadori: L’orologiaio cieco — cioè il creatore che crea complessi meccanismi non c’è, siamo il risultato di casuali fluttuazioni. Il presente è solo il risultato di una lunga storia e svariate mutazioni. Però il presente si muove, è un peccato non maneggiare gli strumenti utili per analizzarne con più precisione il movimento. Questo libro sarebbe da consigliare anche a quei teologi che spesso parlano dell’uomo o dell’anima, senza mai chiedersi: ma quanti uomini siamo su questa Terra? La nostra anima (per chi ci crede) dov’è? È pura o contaminata con l’ambiente? Come ci evolveremo? Darwin è essenziale per affrontare questa realtà. Si sa, in un mondo complicato si ha voglia di risposte semplici: peccato che siano quasi sempre sbagliate — ma questo è davvero un altro discorso.
Antonio Pascale