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 2012  luglio 23 Lunedì calendario

Ancora la Grecia nell’occhio del ciclone. Nella domenica dell’attesa, mentre tutti si chiedevano se i mercati oggi sarebbero o meno rimbalzati dopo aver ragionato sul salvataggio senza sussulti delle banche spagnole, Atene s’è ritrovata a ballare per le indiscrezioni della stampa - guarda caso tedesca - secondo cui il Fondo monetario internazionale non sarebbe più disposto a finanziare il suo risanamento

Ancora la Grecia nell’occhio del ciclone. Nella domenica dell’attesa, mentre tutti si chiedevano se i mercati oggi sarebbero o meno rimbalzati dopo aver ragionato sul salvataggio senza sussulti delle banche spagnole, Atene s’è ritrovata a ballare per le indiscrezioni della stampa - guarda caso tedesca - secondo cui il Fondo monetario internazionale non sarebbe più disposto a finanziare il suo risanamento. «Le cose non stanno così - ha spiegato in serata una fonte dell’Ue -. Il Fondo intende mantenere fede agli impegni presi con il secondo salvataggio da 130 miliardi deciso in primavera». Tuttavia, si precisa, «non ritiene di potersi votare subito a un terzo pacchetto». Niente nuovi soldi, dunque. Ma nessuna retromarcia rispetto ai vecchi. Tutto fa dell’Europa un bersaglio mobile, la debolezza delle situazioni di bilancio di alcuni stati e il dogmatismo rigorista di alcuni paesi del Nord in campagna elettorale semipermanente. Venerdì è stata una giornata nera nonostante l’agile approvazione del piano coi 100 miliardi condizionati per ricapitalizzare il credito iberico. Borse in picchiata e spread alle stelle. L’Italia è anche sotto osservazione, c’è chi vede montare una offensiva estiva contro il nostro debito. Sarà interessante seguire l’esito dell’asta di Ctz, Btp e Bot a 6 mesi che il Tesoro ha in agenda per giovedì e venerdì. A Roma restano da collocare 170 miliardi ed è stato già emesso il 62% del programma di quest’anno. Lo scoglio più insidioso è il blocco da 37,1 miliardi di ottobre. A quel punto Bruxelles spera di essere riuscita a stabilizzare il quadro. Cruciale risulterà l’impacchettamento del dossier greco, grave al punto da costringere il premier cristiano democratico Samaras a dire che il suo paese «è in una grande depressione» alla stregua degli Stati Uniti negli anni Trenta. Domani la Troika UeFmi-Bce arriva ad Atene per avviare il lavoro su contabilità e riforme. C’è convergenza sul fatto che il governo sia in ritardo sulla tabella di marcia, perché durante la campagna elettorale non si è lavorato quanto necessario. «Le misure pronte valgono 11,6 miliardi - dice una fonte diplomatica -. Ne mancano almeno tre». Tanto basta per scatenare un nuovo monito di Berlino: il ministro delle Finanze Schäuble si schiera contro la concessione di più tempo ad Atene per i tagli e le riforme. «Se ci sono stati dei ritardi la Grecia deve recuperarli», ha detto Schäuble al quotidiano Bild. Anche più duro il ministro dell’Economia e vice cancelliere Philipp Roesler, che si dice «più che scettico» che Atene riesca a realizzare le riforme richieste. «E se la Grecia non rispetta i suoi impegni», aggiunge il ministro, «allora non ci possono essere ulteriori pagamenti». Con quali conseguenze? «Per me un’uscita della Grecia non rappresenta più da tempo uno spauracchio» dice Roesler. Nulla potrà essere deciso sinché la Troika non avrà finito la sua missione. Ci vorrà almeno metà del mese entrante. E’ per questo che il presidente dell’Eurogruppo, Juncker, ha fissato per inizio settembre una riunione extra dei ministri economici dell’Eurozona, antipasto di quella in programma Nicosia il 14 e 15. Il dossier, salvo colpi di scena, verrà chiuso in quell’occasione. Nel frattempo, Samaras dovrà reperire i tre miliardi che mancano nel suo bilancio per il 2013-2014. E anche escogitare un modo per far fronte alla scadenza del 20 agosto, giorno in cui dovrà rendere onore a un prestito obbligazionario da 3,2 miliardi intestato alla Bce. Pochi giorni fa, Juncker ha immaginato «una soluzione tecnica»: qualcuno suggerisce una sospensione, politicamente poco onorevole ma pragmaticamente non rifiutabile. Ieri il tedesco Spiegel ha scritto che ad Atene mancano fra i 10 e 50 miliardi per essere in regola con le ambizioni del 2020 e aggiunto che il Fmi non intende pagare altri soldi se non c’è ottemperanza allo schema previsto col secondo pacchetto. Non è proprio così. Detto che non ci saranno nuove tranche sino a che la Troika non farà rapporto, e che non ne servono sino ad ottobre, ogni erogazione è condizionata al rispetto dei patti.