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 2012  luglio 23 Lunedì calendario

Quando la lista dei sindaci che chiedeva udienza al Dipartimento affari interni ha cominciato ad allungarsi al Viminale è scattato l’allarme rosso

Quando la lista dei sindaci che chiedeva udienza al Dipartimento affari interni ha cominciato ad allungarsi al Viminale è scattato l’allarme rosso. C’erano Comuni con le casse vuote, amministratori magari appena eletti che volevano capire come fare, oppure sindaci più navigati e in sella da anni che lanciavano l’ennesimo grido d’aiuto. Per tutti lo spettro del dissesto dietro l’angolo. Passaggio drammatico per ogni Comune, visto che si traduce nel commissariamento ed in una immediata paralisi di tutte le attività per un lungo periodo. Proprio per questo ministero dell’Interno e governo da settimane sono al lavoro per evitare che la situazione possa diventare irrecuperabile per tante amministrazioni. Il progetto blocca-dissesti corre lungo l’asse Viminale, ministero di Grazia e Giustizia e Corte dei Conti, cui sono demandati a tempo i controlli sugli enti locali. L’idea di fondo è quella di consentire alle amministrazioni in difficoltà di fare punto e a capo. Di poter avviare insomma una nuova gestione, ovviamente con vincoli ben precisi su tutte le voci di bilancio tradizionalmente più a rischio, dalle spese per il personale alla gestione dei servizi sino agli investimenti. «Bisogna dare loro la possibilità di iniziare ex novo, di avviare un meccanismo virtuoso di gestione dei bilanci» spiegano i collaboratori del ministro Cancellieri, che forte della sua esperienza di prefetto e di commissario (Bologna, Parma le ultime città che ha «guidato» prima di entrare a far parte del governo Monti) ha subito spinto per individuare una soluzione al problema. Il piano, è nelle cose, dovrà partire a breve. Perché l’emergenza-comuni è lì lì per esplodere. Come prima cosa, anziché proclamare lo stato di dissesto, i Comuni in crisi verrebbero messi nelle condizioni di approntare precisi piani di rientro e di riordino pluriennali dei propri bilanci. La durata precisa non è ancora stata definita: si ragiona su tre o cinque anni, ma anche su manovre biennali eventualmente prorogabili. Piani che dovrebbero ovviamente essere certificati dai revisori dell’ente e quindi approvati dalla Corte dei Conti che a sua volta dovrebbe fissare poi dei controlli periodici, anche di tre mesi in tre mesi, per accertare il pieno rispetto degli accordi. Il Viminale, oltre che con la Corte dei Conti, con cui negli ultimi tempi i contatti si sono intensificati sempre di più, ha avviato colloqui anche col ministero della Giustizia per valutare la fattibilità di un altro punto importante del blocca-dissesto, ovvero la possibilità di congelare temporaneamente i debiti che i Comuni hanno nei confronti dei fornitori. Rispetto alle tante manovre che si sono succedute negli ultimi tempi, spiegano al Dipartimento affari interni, «in questo caso non parliamo di introdurre nuovi risparmi, ma di far finalmente diventare virtuosi queste amministrazioni». Cosa non facile soprattutto per molti enti del Mezzogiorno sui quali, nel corso dei decenni, sono stati impropriamente scaricati centinaia e a volte anche migliaia di lavoratori inquadrati poi come forestali o «lsu» al solo scopo di far fronte alle più disparate emergenze occupazionali. Eccessi di personale che oggi si traducono in un costo strutturale molto consistente ma anche impossibile da cancellare con un tratto di penna. Una marea di dipendenti, spesso male o poco utilizzati, che col nuovo regime gli enti dovranno gestire in maniera differente rispetto al passato. «Bisogna essere capaci di risanare senza ammazzare l’ente, perché se soffre il Comune poi soffrono i cittadini» spiegano ancora al Viminale, che proprio in questi ultimi giorni ha per questo intensificato il suo lavoro, stretto i contatti col presidente della Corte dei Conti Giampaolino e avviato le verifiche col dicastero guidato da Severino. E’ una vera corsa contro il tempo, l’obiettivo è evitare quanti più disastri possibili.