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 2012  luglio 23 Lunedì calendario

Nella giornata di venerdì, dopo una serie quasi interminabile di incertezze, l’Eurogruppo ha finalmente dato il via ai primi aiuti alla martoriata economia spagnola

Nella giornata di venerdì, dopo una serie quasi interminabile di incertezze, l’Eurogruppo ha finalmente dato il via ai primi aiuti alla martoriata economia spagnola. Poche ore prima, in un’altra parte del mondo, un paese chiave dell’economia globale annunciava, senza perdersi in troppe formalità, la concessione di una «linea di credito» triennale a un folto gruppo di Stati, molti dei quali figurano tra i più poveri del mondo. Questo Paese è la Cina, i beneficiari sono gli stati africani, i cui rappresentanti si sono riuniti a Pechino per la quinta conferenza sulla cooperazione sinoafricana, la cifra indicata è di 20 miliardi di dollari da utilizzare per sviluppare, su un arco di tre anni, infrastrutture e piccole iniziative imprenditoriali. Il «pacchetto» di aiuti cinesi comprende anche 18 mila borse di studio e l’invio di 1500 medici. La Cina riempie così i vuoti lasciati dai tagli europei alla cooperazione e la sua espansione internazionale costringe a modificare le mappe dell’economia globale e quelle della geopolitica. Offre inoltre ai Paesi poveri – il che è forse più importante - un modello di crescita diverso da quello occidentale. L’esperienza cinese degli ultimi decenni dimostra infatti che è possibile una crescita lunga, sostenuta e fortemente modernizzante che non sia semplicemente la brutta copia di quanto ha fatto l’Occidente. La Cina è pressoché l’unico Paese, di quelli che un tempo si definivano «in via di sviluppo», a essere cresciuto negli ultimi cinquant’anni senza che le sue grandi città fossero oppresse dalle baraccopoli; la Pechino-Shanghai, una linea ferroviaria ad alta velocità di 1300 chilometri, è stata costruita dai cinesi in poco più di tre anni; mentre i giovani europei e americani sono demotivati da una crisi che rende loro difficile trovare un lavoro, ai loro coetanei cinesi il lavoro non manca e, pur di ottenerlo, affrontano lunghe migrazioni all’interno del Paese più popoloso del mondo e accettano orari molto pesanti. Da un paio d’anni, la Cina sostiene che è necessario creare una moneta internazionale, una sorta di «paniere» delle grandi monete attuali che prenda il posto del dollaro, quale base del sistema finanziario mondiale e ha cominciando ad attuare questo programma non utilizzando più la moneta americana negli cambi commerciali con il Giappone. Un esempio assolutamente vincente, da seguire senza riserve? Gli stessi cinesi sono molto cauti su questo punto in quanto la Cina deve fare i conti con tre vistose «screpolature» che potrebbero diventare crepe profonde. La prima è quella ambientale: il cielo sempre più inquinato sopra le principali città cinesi, colpa dell’eccessivo uso del carbone per il riscaldamento. La nebbiolina inquinata di Pechino che anche nei giorni d’estate impedisce di vedere il sole è la prova tangibile di un pericolo che i cinesi hanno a lungo sottovalutato anche se ora hanno impostato numerosi programmi per correre ai ripari. La seconda screpolatura riguarda le profonde disparità tra i cinesi. Nelle campagne il reddito per abitante è pari a meno della metà di quello che si registra e si ostenta in città; la legge sul figlio unico per famiglia e la preferenza delle famiglie per i figli maschi hanno impresso alla demografia un andamento potenzialmente catastrofico nel lungo periodo. L’ecografia - che permette di conoscere in anticipo il sesso del nascituro - ha provocato un’immane ondata di aborti e sta conducendo a un rapporto donne/uomini molto squilibrato rispetto alla media naturale. La terza screpolatura coinvolge più specificamente i consumi, soprattutto quelli che in Europa definiamo pubblici, ossia istruzione e sanità. L’istruzione è largamente gratuita per i primi nove anni, ma in buona parte a pagamento in seguito, mentre nella sanità, con ampie differenze regionali, molte cure decisive sono a pagamento anche se i programmi della prossima dirigenza cinese – la cui composizione verrà definita con un processo elaborato tra il prossimo settembre e il prossimo marzo – si mostrano sensibili in questo senso. La Cina, in altre parole, non è certo un paradiso per chi vive lontano dai circuiti dinamici che hanno proiettato il Paese al centro della crescita mondiale (su 100 euro di nuova produzione mondiale del 2011, all’incirca un terzo proviene dalla Cina contro il 10 per cento circa di provenienza statunitense mentre quasi nulla proviene dall’Europa ricca). Come ha però recentemente osservato il ministro delle Risorse Umane, Yin Weimin, non tutti possono diventare ricchi nello stesso momento, l’importante è che gli altri seguano. E’ fuor di dubbio che nei prossimi anni a una Cina votata alla crescita a tutti i costi deve succedere una Cina nella quale la crescita si accompagna a una diversa distribuzione del reddito; si tratta di un’operazione difficile ma sicuramente più agevole di quella di un’Europa che cerca di ridistribuire il reddito per ridurre le tensioni sociali mentre l’economia si contrae. Il divario sociale nella distribuzione del reddito non può infatti continuare ad aumentare indefinitamente: i giovani che parlano inglese e dispongono di un titolo di studio non possono continuare per sempre, e per di più con lo stesso salario, nell’occupazione dei padri pressoché privi di istruzione e contenti di essere sfuggiti alla «schiavitù» delle campagne per fare gli operai. E coloro che restano in campagna non accettano certo a cuor leggero di vedersi sottrarre i terreni agricoli, svenduti dai dirigenti locali tra sospetti di corruzione per favorire l’allargamento delle città. Di qui sono nati scioperi e agitazioni, che si propagano sull’onda di Internet e dei telefoni cellulari (oltre un miliardo in Cina). Accomodare le screpolature senza rompere il vaso prezioso dell’economia più dinamica del mondo: è questo il compito che avranno davanti a sé i nuovi dirigenti cinesi mentre l’Europa ha il compito più gravoso di rimettere assieme i cocci di una crescita spezzata. Finora il Partito Comunista ha dimostrato di saper muoversi molto pragmaticamente in un Paese ribollente, usando più le massime di Confucio che i testi del marxismo. La prova che ora lo aspetta è probabilmente la più difficile della sua lunga storia; si tratta però di una prova sicuramente più esaltante e meno angosciosa di quella che sta vivendo in queste settimane la vecchia Europa con la sua difficile moneta.