Mattia Feltri, La Stampa 22/7/2012, 22 luglio 2012
Attentato! A che cosa? Eh, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. Attentato alla Costituzione! Attentato alle tradizioni! Attentato alla storia! Attentato ai nostri confini spirituali, e poi alle prerogative dei cittadini, ai servizi erogati e soprattutto all’orgoglio di campanile
Attentato! A che cosa? Eh, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. Attentato alla Costituzione! Attentato alle tradizioni! Attentato alla storia! Attentato ai nostri confini spirituali, e poi alle prerogative dei cittadini, ai servizi erogati e soprattutto all’orgoglio di campanile. È - dicono - il Nord che paga gli sprechi del Sud. È il Sud che paga le baionette del rigore. Non c’è amministratore locale che non si inalberi davanti alla spending review, che nell’occasione non cede all’anglismo ma al politicamente corretto: le Province non saranno soppresse né accorpate, si tratta piuttosto di riordino; un poco di zucchero, ma la pillola non va giù. Si prenda la governatrice del Lazio, Renata Polverini, attonita al cospetto dei numeri beffardi: «Rischiamo di perdere la provincia di Viterbo per 30 mila abitanti». E quella di Latina «per 49 chilometri quadrati», aggiunge. Destino cinico e baro. Che fare? Ci si organizza. La provincia di Treviso, annuncia il presidente Leonardo Muraro, spera di conservare lo status rosicchiando qualche fazzoletto di terra a Venezia: ci sono Comuni troppo lontani dal capoluogo che stapperebbero bottiglie per acquisire il titolo di trevigiani, sostiene Muraro. Ascoli Piceno, nei piani del presidente Piero Celani, si rimetterà con Fermo com’era fino a qualche tempo fa. Ma la minaccia è all’orizzonte: Macerata (sono voci di corridoio) avrebbe in animo di «fare shopping» nell’Alto Fermano e Ascoli - abile contromossa - si rifornirebbe in Val Vibrata, oggi sotto Teramo destinata a mettersi con Pescara. Le Province no, ma il millenario spirito italiano è salvo. Difatti il pugnace presidente della Provincia di Pordenone, Alessandro Ciriani, è disposto a imbracciare le armi piuttosto che cedere all’annessione di Udine: «Siamo pronti ad andare sul ponte del Tagliamento!». A fare che? Sarà una delizia verificarlo. Ma le ritorsioni sanguinose sono già in corso. Rapido e implacabile come Athos, Marcello Meroi, presidente della Provincia di Viterbo, ha risposto al governo di stoccata: «Abbiamo spedito alla Prefettura l’avviso di sfratto». Lo faremo anche noi in Veneto, in Lombardia e in Piemonte, ha avvertito il sempre più turgido Muraro (che è anche presidente dell’Unione delle Province del Veneto). Come sempre succede, c’è chi non esclude l’espatrio poiché certe offese non trovano rimedio; l’economista Giacomo Vaciago, ex sindaco di Piacenza, vibra di indignazione alla sola idea di riconsegnare il patriottismo ai ceppi, come nei secoli del Ducato: «Non sono nato servo di Parma e non lo diventerò per colpa del governo». E dunque? E dunque «se ciò avvenisse me ne andrei altrove, c’è tanto mondo a disposizione fra cui scegliere». Così tanto mondo che a Piacenza c’è chi coglierebbe l’occasione - e non sono soltanto i leghisti per traslocare la città dall’Emilia alla Lombardia (e, a proposito, i leghisti umbri propongono a Rieti di fuggire dal Lazio per fondersi con Terni), intanto che parmensi, modenesi e reggiani si affidano ai sondaggi on line per capire quali matrimoni siano fattibili e graditi. Un tumulto senza fine. Puro orrore, in Campania: la provincia di Benevento non c’è più e dovrà associarsi a quella di Avellino; e però Avellino non sarà capoluogo poiché è Benevento la più popolata. Nella speranza di evitare l’unione contro natura, il presidente della Provincia di Benevento, Aniello Cimitile, si è messo a capo di una lega delle Province reiette. Un documento sarà spedito a onorevoli e senatori affinché si mettano una mano sul cuore e non votino la parte in questione del decreto: mancano i requisiti d’urgenza. Hanno aderito tutti, da Lodi a Matera, da Gorizia a Trapani (che si dissolve per 40 chilometri quadrati). E ora che siamo sul terreno delle sacre regole, l’allarme di incostituzionalità è stato lanciato da Francesco Ventola, presidente di Bat, che non è un pianeta di Star Trek ma la provincia Barletta-Andria-Trani; la spending review farebbe stupro dell’articolo 133 della Costituzione in tutela delle autonomie locali. Poi si alzano alte questioni di buon senso. Come si fa, dice il presidente della Provincia di Perugia, a «non riconoscere la storia e la tradizione di Terni?». Come si fa, dice il governatore veneto Luca Zaia, a capire così poco dei territori da sopprimere la provincia di Belluno, che per di più è tutta montana? Come si fa a dilaniare Rovigo, un po’ con Padova e un po’ con Verona (noi non ne vogliamo neanche un coriandolo, avvisano a Ferrara)? Come si fa a «far sparire nel silenzio generale», dice Marco Zacchera, sindaco di Verbania, la provincia Verbano-Cusio-Ossola? E comunque, implorano in città, quella nuova la si chiami almeno NovaraVerbania. Un drammone in quattro punti cardinali in cui il colpo di saggezza è, sant’uomo, di Mario Cardinali, direttore del Vernacoliere , giornale satirico di Livorno; alla prospettiva di un abbraccio a Pisa ha risposto: e chi se ne frega.