Francesco Rigatelli, La Stampa 21/7/2012, 21 luglio 2012
Nostalgia. A domandargli di Vittorio De Sica, la parola che il nipote Brando tira fuori è proprio quella che usavano gli antichi per descrivere il dispiacere (algos) del ritorno (nostos) in casa dopo aver ammirato stelle che per il freddo non si poteva star troppo fuori a guardare
Nostalgia. A domandargli di Vittorio De Sica, la parola che il nipote Brando tira fuori è proprio quella che usavano gli antichi per descrivere il dispiacere (algos) del ritorno (nostos) in casa dopo aver ammirato stelle che per il freddo non si poteva star troppo fuori a guardare. E certamente era ed è una stella fissa del cinema italiano «il nonno», come lo chiama lui senza velare «lo stupore per il sentimento di nostalgia. Che non avevo programmato spiega - perché ero troppo giovane quando ascoltavo i racconti di mio padre Christian e di mio zio Manuel. E ora, a 29 anni, vorrei poter domandare al nonno tanti consigli su come liberarmi dalle paure che riguardano le difficoltà che stiamo vivendo. Vorrei averlo come allenatore di una squadra di calcio. Non l’ho mai potuto conoscere e darei tutto per parlare con lui. Siamo in tanti, noi giovani registi, che cerchiamo di far sentire la nostra voce senza seguire le richieste delle case di produzione. E al nonno domanderei un consiglio proprio su questo: con quale forza si può tornare pionieri e indipendenti?». Una risposta Brando se la dà mentre parla, quasi senza accorgersene, come se si trattasse di una di quelle eredità che giacciono dimenticate dentro di noi finché non ci regalano un’energia inaspettata. È «la forza dei De Sica». La cita per spiegare che «siamo persone diverse, cresciute in ambienti ed epoche differenti, un figlio non c’entra per forza col padre e ognuno sceglie di essere ciò che è. Le storie che racconterò come regista non avranno nulla a che vedere con Ladri di biciclette oVacanze di Natale . L’accusa di raccomandazione va bene giusto per tirare le freccette sulle persone come al bar. Per colpa del Trota tutti i “figli di” ora sono considerati scemi. Ma in Italia parecchi fanno il mestiere dei genitori, gli avvocati, i notai. Io sono orgoglioso di essere “figlio di”, ma me lo vorrei meritare. Non come i politici che si scambiano le poltrone restando al potere senza risolvere i problemi. Io sono andato 7 anni dall’altra parte del mondo, a Los Angeles, dove tuttora vivo, per stu- «L’Oscar di Ladri di biciclette mio padre me l’ha regalato e lo tengo a Los Angeles. Quei capolavori sono state le mie fiabe prima di dormire» «Sono nato tra i set, ma non mi è mai mancato l’affetto paterno. Più che mille trucchi di scena lui mi ha insegnato a essere onesto col pubblico» diare Cinema all’University of Southern California e ora mi autoproduco con l’aiuto di Claudio Cartocci per portare al Festival di Roma La donna giusta per me con Marco Giallini, Francesco De Vito, Michael Schermi e Valeria Izzo. La storia di un ragazzo viziato e sociopatico alla ricerca di una figura femminile ideale e utopica. Un noir a tinte horror, omaggio a Mario Bava, Roger Corman e Terence Fisher. Per realizzarlo ho collaborato con la sceneggiatrice Heidrun Schleef, la stessa de La stanza del figlio eIl caimano di Nanni Moretti, una di quelle che come diceva mio nonno bisogna tenersi strette, tant’è che stiamo immaginando pure una serie sull’immigrazione a Roma. Un altro che ammiro è Matteo Garrone, il mio regista preferito perché cerca di fare le cose diversamente». Ed è qui che gli domandiamo meglio della «forza dei De Sica», che evidentemente sta anche nel non aver paura delle diversità. «Abbiamo dentro un magma - risponde Brando - che nei momenti di difficoltà ci fa scalare le montagne più alte». Ognuno a modo suo. Per esempio il padre, Christian, «quando entra in casa ed è giù di morale si chiude nella sua stanza, attacca George Gershwin, Frank Sinatra e Judy Garland e si riprende subito». Al papà, Brando deve anche l’insegnamento della vita: «Più che suggerirmi mille trucchi di scena, carpiti crescendo tra i set, lui mi ha sempre detto di essere onesto con me stesso perché solo così si può esserlo con lo spettatore. Gli devo molto, è un padre che non mi ha mai fatto mancare l’affetto nonostante il suo lavoro. E poi è stato lui a mostrarmi a 6 anni Dracula il vampiro , il mio primo film dell’orrore, a 8 anni La notte dei morti viventi e a 13, rovinandomi definitivamente, L’esorcista ». L’altro nonno di Brando era il critico cinematografico Mario Verdone, papà di Carlo, Luca e Silvia. «Mio padre Christian ha conosciuto mia madre Silvia studiando a casa di Carlo Verdone. Non ho conosciuto nessuno - racconta Brando - che faccia ridere come loro. Insieme sono meglio di un film». Christian e Silvia oltre a Brando hanno avuto Maria Rosa. «Una sorella meravigliosa, la persona che amo di più, ora stilista con passione», la descrive il fratello. «Mia mamma invece aiuta mio padre come agente ed è la colonna portante della casa». Già, la casa. Quella dei De Sica a Roma è la stessa di Vittorio. «Ci sono i suoi libri, i suoi oggetti, i suoi vestiti, solo l’Oscar di Ladri di biciclette mio padre me l’ha regalato e lo tengo a Los Angeles. Ma ogni volta che torno a casa respiro la polvere di stelle tramite cui ho conosciuto mio nonno. I suoi film, da I bambini ci guardano aUmberto D. aLadri di biciclette sono state le mie favole prima di dormire».