Chiara Beria d’Argentine, La Stampa 21/7/2012, 21 luglio 2012
L’ uomo che non si tinge i suoi bianchi capelli, non ha mai sofferto d’insonnia, tantomeno di nostalgie e, nonostante l’età, ha più grinta e passione di certi giovanotti rampanti, in queste ore è di nuovo in volo verso l’America
L’ uomo che non si tinge i suoi bianchi capelli, non ha mai sofferto d’insonnia, tantomeno di nostalgie e, nonostante l’età, ha più grinta e passione di certi giovanotti rampanti, in queste ore è di nuovo in volo verso l’America. Dopo una sosta a New York - la città che considera ancora la più competitiva nel mondo -, Luciano Benetton si rimbarcherà sul «Tribù», il suo superecologico yacht, e ricomincerà (un mese fa, prima di tornare in Italia, era a Martha’s Vineyard dopo vari incontri a Boston) a navigare lungo le coste dal Massachusetts. Rotta: profondo Nord, ennesima tappa del giro del mondo che ha iniziato 3 anni fa. Viaggiare da un Oceano all’altro; secondo un calendario dettato più dalla natura che dai ritmi moderni; affrontando con lucidità i venti di Capo Horn come la sua ultima scelta professionale. A fine aprile, pochi giorni prima di compiere 77 anni, Benetton ha passato al figlio secondogenito, Alessandro, la carica di presidente del megagruppo di Ponzano Veneto che aveva fondato 47 anni fa con i 3 fratelli minori. Un passaggio di testimone morbido, senza tanti clamori (2 interviste con molti elogi per il figlio; nessuna cerimonia), con lo scopo evidente di lasciare tutta la scena ad Alessandro, già vicepresidente del gruppo e creatore di 21 Investimenti che eredita con la poltrona di re dell’arcobaleno (per la maglieria a Ponzano hanno messo a punto una cartella di oltre 50 colori più i mélange) grandi responsabilità e un compito assai difficile in tempi di competitori sempre più agguerriti e di nera crisi. Vicenda singolare nell’esausta Italia degli eterni ritorni con mediocri e discussi personaggi che restano incollati alle loro poltrone e industriali che litigano già dalla prima generazione per potere&soldi (ultimo caso lo scontro tra il patron di Esselunga Bernardino Caprotti e i 2 figli di primo letto). L’esploratore Benetton, il ragazzo veneto orfano di padre che, partendo nel 1965 da un primo negozio a Belluno ha portato il suo verde marchio ai 4 lati del mondo (fin dal 1983 ci sono negozi Benetton in Giappone; dal 1994 è sbarcato in Iran; ha 200 punti vendita in India ma anche nella lontana Ulaanbaatar, capitale della Mongolia), ancora una volta ha dimostrato di essere non solo un capitano d’industria anomalo ma, ciò che più conta, un uomo capace di voltar pagina con grazia. «A Chiara, ecco il mio viaggio». Con questa dedica ricevo «Benetton, l’impresa della visione», il libro curato da Fabrica, il centro di ricerca del gruppo, (348 pagine, Bolis editore), quasi un fermo immagine sui primi 47 anni dell’azienda; tra una interessante conversazione dell’industriale con il semiologo Ugo Volli e curiose foto d’archivio (il giovane Benetton era assai fricchettone) oltre a quelle delle celebri campagne pubblicitarie. In questi anni ho intervistato varie volte Benetton; ricordo come Igor Man che, nella sua formidabile vita di giornalista, aveva incontrato tanti celebri personaggi, era stato colpito (si erano incontrati per caso in vacanza) da un tycoon che non mai ha dimenticato di essere stato un ragazzo di campagna; in tante serate con Laura Pollini, amministratore delegato di Fabrica, la sua ultradiscreta e intelligente compagna, l’ho ascoltato raccontare l’inizio del suo viaggio. Olimpiadi, 1960. Anche se non era riuscito a qualificarsi nella squadra di canottaggio, Luciano, con pochi spiccioli in tasca, era partito lo stesso per Roma. Fu allora che, in una magica notte italiana, vide il maratoneta Abebe Bikila arrivare primo al traguardo correndo scalzo sull’Appia Antica. «Da qui è nato il sogno di essere presenti in tutti i Paesi del mondo, di entrare in contatto con le culture più lontane e differenti», ricorda oggi nel libro. Corri ragazzo corri verso un altro traguardo; di capitolo in capitolo la storia di Luciano Benetton andrebbe letta da certi delusi e lamentosi giovani. Luciano Benetton si meriterebbe la nomina a senatore a vita (tra il 1992 e il 1994 fece una breve esperienza politica al Senato con il partito repubblicano); sarebbe una presenza preziosa; ma io gli auguro di continuare il suo fantastico viaggio alla scoperta del mondo.