Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 19/7/2012, 19 luglio 2012
“COSA NOSTRA”, L’ACQUISTO SOSPETTO DELLA VILLA SUL LAGO
Ancora una volta c’è una villa a far da sfondo all’eterno triangolo che lega i destini di Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e della mafia. In principio fu villa Casati Stampa ad Arcore e il suo custode: lo stalliere mafioso Vittorio Mangano portato da Marcello Dell’Utri in dote a Silvio Berlusconi perché curasse i suoi cavalli, ma soprattutto i suoi figli, che ancora nel 1988 erano minacciati con parole gentili tipo: “Ti consegniamo la testa di tuo figlio ed esponiamo il corpo in Piazza Duomo”.
La seconda magione ad apparire in questo film che potrebbe intitolarsi “Silvio, Marcello e ‘Casa nostra’” è Villa Borletti a Milano. Il cancello di questa elegante palazzina, già nido d’amore del Cavaliere, poi sede Fininvest e infine residenza del figlio Luigi, saltò in aria nel 1975 per colpa del solito Mangano, come rivelarono al telefono (ridendo) agli ignari carabinieri in ascolto, proprio Berlusconi e Dell’Utri, undici anni dopo l’attentato.
Un quarto di secolo dopo ecco la terza puntata del film con protagonisti e ingredienti quasi invariati: Dell’Utri, Berlusconi, una villa e la paura. Stavolta tocca a Villa Comalcione, in quel di Torno, uno stabile prestigioso sul lago di Como, finito nel mirino della Procura di Palermo quando l’8 marzo scorso è stato venduto per la bellezza di 21 milioni di euro dal senatore palermitano al suo ex datore di lavoro. Come nei due casi precedenti, secondo l’ipotesi dei pm Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo, a guidare i comportamenti del Cavaliere potrebbe essere stata la paura. Stavolta però Dell’Utri non è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, come nel processo di appello che si è aperto ieri, né per minacce a corpo dello Stato, come nell’inchiesta sulla trattativa che sta facendo tremare i palazzi più alti, bensì per estorsione.
SE NEGLI ANNI Settanta, Ottanta fino ai primi anni Novanta - secondo i giudici che lo hanno condannato in appello - Dell’Utri fu una sorta di ambasciatore delle richieste estorsive di Cosa Nostra nei confronti del Berlusconi-imprenditore, stavolta sarebbe egli stesso non lo scudo del Cavaliere ma la minaccia. Se nella seconda fase degli anni Novanta Dell’Utri si fece ambasciatore - almeno secondo l’ipotesi tutta da dimostrare dei pm - della strategia minacciosa della mafia ai danni del Berlusconi-politico, stavolta invece, sarebbe egli stesso passato all’incasso in prima persona. E proprio la paura di quanto Dell’Utri sapeva sui segreti del passato avrebbe, nell’ipotesi dell’accusa, consigliato al Cavaliere l’esborso di 21 milioni di euro per l’acquisto della villa l’8 marzo scorso. Non la paura della mafia quindi, ma la paura di Marcello Dell’Utri in persona avrebbe spinto il Cavaliere a fare - oltre all’acquisto - anche versamenti ulteriori per una ventina di milioni di euro nel corso di una decina di anni, con un’accelerazione nel 2011, quando tra febbraio e marzo, arrivano sui conti in rosso del senatore bonifici per 9,5 milioni.
Il pagamento della villa sul lago e i bonifici sono il centro dell’ultimo mistero del rapporto Dell’Utri-Berlusconi sul quale oggi vogliono far luce i pm palermitani. È questa la ragione della convocazione di Silvio Berlusconi e di sua figlia Marina, che ha in mano assieme al padre le chiavi dei conti da cui partono i versamenti al senatore.
QUELL’ACQUISTO, per i magistrati palermitani è sospetto per due ragioni: la data e le modalità di pagamento. L’atto di vendita è stato firmato il giorno prima la data della decisione della Cassazione che poteva spedire Marcello Dell’Utri in galera. Nelle telefonate appena depositate nell’indagine napoletana sull’amico e partner di affari di Dell’Utri, Marino Massimo De Caro, gli amici del senatore dieci giorni prima la stipula dell’atto dicevano: “Marcello non dorme più la notte: ormai ci siamo. Non si sa mai, visto come è andata con Totò Cuffaro”. Quando l’8 marzo varcano la porta del notaio milanese Arrigo Roveda, la moglie Mi-randa Ratti, in rappresentanza di Dell’Utri e l’ex senatore e manager berlusconiano Salvatore Scia-scia, in rappresentanza di Silvio Berlusconi, sanno che 24 ore dopo Dell’Utri può finire, come l’ex governatore siciliano, dietro le sbarre del carcere. Dell’Utri è un uomo sull’orlo del baratro. La sua posizione finanziaria, era stata esaminata nel 2011 dai commissari straordinari del Credito Fiorentino di Denis Verdini, nominati da Bankitalia dopo le dimissioni di Verdini dalla presidenza. La posizione del correntista Dell’Utri era classificata dalla banca come ‘incaglio’. C’era un mutuo ipotecario da 2 milioni con 10 rate in mora per 150 mila euro e un saldo negativo di 3 milioni e 150 mila euro su un affidamento concesso di 2,8 milioni. Per fortuna tra febbraio e marzo del 2011 il munifico amico Silvio spedisce due bonifici per 8 milioni di euro e un altro milione e mezzo era già arrivato nel 2008. Marcello Dell’Utri usa una parte di questi fondi per pagare l’impresa di costruzione Nessi & Majocchi di Como”, che ha curato la ristrutturazione della splendida villa di Torno ma i conti restano in rosso. L’8 marzo arrivano i 21 milioni dell’acquisto e finalmente Dell’Utri può chiudere i mutui e i debiti con le banche. Effettivamente la proprietà è splendida: 40 vani catastali, divisi in quattro fabbricati affacciati suol lago di Como, più la piscina, il campo da calcetto e persino la casetta sull’albero per il bird watching. La villa però era stata stimata nel 2004 dal Credito Cooperativo Fiorentino solo 9,3 milioni. “Non erano stati fatti i lavori”, ha spiegato ieri Dell’Utri, “e io la volevo vendere a 30 milioni perché tanto vale”. Ai giornalisti che gli chiedevano spiegazioni ieri, Dell’Utri rispondeva: “Io per Berlusconi ho costruito un impero, e i nostri interessi sono soltanto nostri. Io ho un sacco di debiti, ho bisogno di soldi, dovrebbe darmene di più”.