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 2012  luglio 19 Giovedì calendario

JURASSIC PARK DIVENTA REALT


Sulla sua scrivania al Museum of the Rockies tiene da sempre lo scheletro di un pollo perché gli ricorda quello di un dinosauro, e a lui piace stare in mezzo agli scheletri di dinosauro. Ha confessato che, spesso e volentieri, lo guarda e lo rigira da tutte le parti, pensando: «Se solo potessi far crescere queste ossa in modo leggermente diverso, piegare questo in un modo, quello in un altro... avrei lo scheletro di un dinosauro». Stiamo parlando di Jack Horner, il paleontologo più famoso al mondo, docente presso la Montana State University, vincitore del McArthur Fellowship, il cosiddetto “Premio dei Geni”, e autore, con James Gorman (vicedirettore scientifico del New York Times), del volume Come costruire un dinosauro(Pearson,pp. 198,euro 16, traduzione di Alessandro Carpana e Lisa Torre dell’Associazione Paleontologica Parmense Italiana). Horner è uno studioso capace di sognare come un bambino o come un disegnatore della Disney e, non a caso, è stato l’ispiratore e il consulente scientifico del film Jurassic Park. Non ha ancora risposto alla domanda se è nato prima l’uovo o la gallina, ma ha già dimostrato che, prima del pollo, c’era il dinosauro. Anzi, che non solo il pollo, ma tutti gli uccelli, sono dinosauri viventi, con alcune trascurabili differenze rispetto ai progenitori. La sua scelta del gallinaceo dipende dalla più facile (e meno costosa) reperibilità di quest’ultimo rispetto a struzzi ed emù (che sarebbero i più vicini agli antenati non aviari) e, forse, dalla sua molto americana passione per le alette di pollo in salsa piccante. I pennuti di oggi, scrive Horner, risultano sprovvisti di denti, coda e zampe anteriori a tre dita. Per il resto, continuano a essere «dinosauri dentro». La travolgente passione per i giganti del passato si è trasformata in una vera monomania, dopo aver preso parte, nel 1999, nel Montana, alla più grande spedizione paleontologica di tutti i tempi, denominata “Hell Creek Projet”, che gli offrì l’opportunità di esaminare centinaia di fossili di dinosauri del tardo cretaceo e anche, in particolare, tessuti molli, come collagene, vasi sanguigni e cellule ossee di un Tirannosaurus Rex. E dal tirannosauro alla gallina, il passo è sorprendentemente breve. Già Aristotele aveva documentato le fasi di crescita di un embrione di pollo. Dentro un uovo, la più perfetta protezione esistente in natura, si possono vedere le fasi di sviluppo dell’embrione. E si vedono anche, in nuce, tutti quegli elementi che daranno origine alla futura forma del nascituro. Coda, zampe anteriori, denti, appaiono abbozzati, per via dei geni ancestrali e, solo in una certa fase della crescita, le zampe a tre dita si trasformeranno inali, i denti scompariranno e la coda diverrà un pigostilo. In altre parole, la transizione da zampa ad ala non richiede un nuovo set di geni, ma alcuni cambiamenti nel controllo di quei geni che danno inizio o arrestano la crescita. Del pari, è teoricamente possibile (Horner giura anche praticamente) far crescere un pollo con la coda al posto del pigostilo, mentre, già ora, non è fantascienza far nascere un uccello dentato. Allora, il nostro scienziato, che si è conquistato la gloria scavando fossili sul terreno, è adesso passato ai laboratori di ingegneria genetica. Conservando tutto il suo inquietante entusiasmo fanciullesco. No, non intende recuperare il Dna da un animale preistorico e impiegarlo per riportare in vita un colosso della notte dei tempi. È la trama di Jurassic Park, ma non funzionerebbe nella realtà. Qui si tratta di manipolare geneticamente un pollo. E trasformarlo in «pollosauro». Che ci vuole? Nulla. «Basta prendere un embrione di pollo, dargli una spintarella biochimica in questa o quella direzione, fino a ottenere alla schiusa non più un pollo, ma un piccolo dinosauro con denti, zampe anteriori con artigli e la coda. Non c’è motivo per non farlo». A questo punto nascono spontanee obiezioni e perplessità. Non solo del lettore comune, ma da parte della comunità scientifica internazionale. È legittimo giocare al Creatore? Manipolare la vita a proprio piacimento, sperimentando l’inosabile, smontando e rimontando la creatura-obiettivo per capire come funziona e ricomporne i pezzi riavvolgendo il nastro dell’evoluzione come la bobina di un film? Quale sarà il risultato? Il nostro non si preoccupa delle critiche. La ricostruzione definitiva del passato, la creazione di un dinosauro vivente è la sua principale ragione di vita. Egli sa che, dietro l’aspetto innocuo di un pollo, si celano migliaia di anni di evoluzione che ci portano dritti al mondo raccontato da Crichton e Spielberg. Il bello è che, secondo Horner, il principale scopo di questi esperimenti è «far contenti i bambini» e, certo, il bambino che è in lui. Solo incidentalmente ricorda che resuscitare un dinosauro potrebbe servire alla cura di molte malattie genetiche, posto che, imparando a controllare l’attivazione e la disattivazione di alcuni geni nell’embrione, si potranno prevenire tante malformazioni umane. La digressione filantropica viene però subito corretta, affermando che, attraverso la conoscenza dei geni che determinano i cambiamenti, sarà possibile dar vita a creature capaci di trasmettere ai discendenti le loro caratteristiche, in pratica a nuove specie. Ma non sappiamo quanto se ne senta la mancanza al di fuori dei set hollywoodiani.