VARIE 19/7/2012, 19 luglio 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. CARRI ARMATI A DAMASCO
REPUBBLICA.IT - LA SITUAZIONE IN SIRIA
DAMASCO - Sempre più tesa la situazione nella capitale siriana dopo l’attentato che ieri ha colpito al cuore il gotha del regime, causando la morte del ministro della Difesa, del suo vice e del capo dell’unità di crisi: carri armati sono entrati per la prima volta in un quartiere di Damasco, quello di Qabun nella parte est della città. Lo riferiscono attivisti di una ong sottolineando il "timore di massacri". Sul piano diplomatico, Russia e Cina hanno posto il veto su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che intendeva imporre nuove sanzioni sul regime di Assad, suscitando l’irritazione degli Stati Uniti che hanno parlato di "completo fallimento", annunciando nuove azioni per portare al massimo la pressione nei confronti del regime di Assad, al di fuori del Consiglio.
Onu, veto di Mosca e Pechino. "Occasione sprecata". Il veto di Cina e Russia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu - il terzo in nove mesi - ha suscitato dure critiche. Al voto odierno, la nuova risoluzione ha ottenuto 11 voti a favore, Russia e Cina contro e due astensioni. "Deplorevole e spiacevole" ha commentato la Casa Bianca, sottolineando che chi ha votato contro la risoluzione è dal lato sbagliato della pace e della stabilità dell’area. Dopo il mancato passaggio della risoluzione, gli Stati Uniti hanno fatto sapere di non appoggiare l’estensione della missione Onu in Siria.
Parigi accusa Mosca e Pechino di mettere a rischio la missione di Kofi Annan, mentre la Gran Bretagna boccia le argomentazioni proposte da Cina e Russia come irrazionali. "La giornata di oggi rappresenta un’occasione perduta", ha stigmatizzato l’ambasciatore tedesco Peter Wittig, mentre il ministro Giulio Terzi chiede che ci si muova in maniera diversa, per non rimanere impotenti, suggerendo la convocazione di una riunione urgente del gruppo "Amici del popolo siriano". La preoccupazione, sottolinea il titolare della Farnesina, è che quanto accaduto al Consiglio di Sicurezza "crei nel regime la sensazione di avere una protezione efficace da parte di alcuni membri permanenti" e che ritenga di avere "le mani ancora più libere per perpetrare violenze ancora più spaventose".
Forte la delusione di Kofi Annan, l’inviato speciale di Onu e Lega Araba per la crisi siriana, alla mancanza di unità dimostrata dal Consiglio, che non è riuscito ad agire concretamente come sperava, in questa fase critica. Per il Consiglio nazionale siriano, principale sigla dell’opposizione ad Assad, "le regole Onu sono superate, perché risalgono alla seconda guerra mondiale e non rispettano le esigenze dei giorni nostri".
Battaglia nella capitale. Sul campo, è in corso nella capitale siriana l’operazione che i ribelli hanno chiamato "Il vulcano di Damasco e il terremoto della Siria", con cui sperano di abbattere definitivamente il regime di Bashar al Assad. Oggi i ribelli hanno assaltato il quartier generale della polizia a Damasco, hanno riferito testimoni. Soltanto ieri, denuncia l’Osservatorio siriano per i diritti dell’uomo, ci sono state oltre 200 vittime in Siria, la maggior parte civili.
Voci di fuga di Assad e moglie. E mentre si rincorrevano voci secondo le quali Assad avrebbe già lasciato Damasco e si troverebbe a Latakia, il presidente è apparso in televisione con il nuovo ministro della Difesa, in sostituzione di Daoud Rajha, rimasto ucciso nell’attentato di mercoledì: si tratta di Muhannad Jassim al-Frej, fino a poche ore fa capo di Stato maggiore della Difesa. La consorte del presidene siriano, Asma, avrebbe lasciato il paese per riparare in Russia, scrive il Guardian specificando che si tratta di voci raccolte a Damasco dopo l’attacco di ieri nella capitale. Il quotidiano riferisce anche di una notizia non confermata secondo cui lo stesso presidente sarebbe rimasto ferito nell’attacco di ieri, tanto da lasciare Damasco e riparare a Latakia, sulla costa.
Armi chimiche. Alla fine del regime si stanno preparando gli Stati Uniti, che stanno mettendo a punto piani d’emergenza per fronteggiare il rischio che - alla caduta di Assad - le armi chimiche in possesso del governo possano essere utilizzate contro la popolazione. Un progetto che coinvolgerebbe anche Israele, secondo quanto riferisce il New York Times.
Ma non è la difesa dei civili l’unico timore: per Rob Malley dell’International Crisis Group, l’amministrazione deve anche preoccuparsi che l’arsenale in possesso di Assad non finisca in altre mani, incluse quelle di Al Qaeda. Così come paventato stasera, dai microfoni della Cnn, anche dal Re di Giordania Abdallah II.
(19 luglio 2012)
REPUBBLICA.IT - L’ATTENTATO IN BULGARIA
BURGAS - La stampa bulgara è convinta di aver identificato l’attentatore suicida autore dell’attacco al bus 1 che a Burgas, sul Mar Nero, è costata la vita a cinque turisti israeliani e all’autista bulgaro del bus che avrebbe dovuto trasportare la comitiva, appena giunta con un volo da Tel Aviv, in albergo.
Il suo nome è Mehdi Ghezali, cittadino svedese di origini algerine e finlandesi. Tra il 2002 e il 2004, Ghezali è stato recluso nella prigione speciale americana di Guantanamo, a Cuba. Le autorità del carcere avevano
raccomandato che Ghezali fosse trasferito in un altro paese per proseguire la detenzione e l’uomo finì con l’essere consegnato alle autorità svedesi nel 2004, dove non si diede seguito alle accuse.
In precedenza, Ghezali ha frequentato una scuola religiosa presso una moschea britannica e ha viaggiato in Arabia Saudita, Afghanistan e Pakistan. Lo stesso Mehdi Ghezali figura nella lista di 12 stranieri catturati nel 2009 mentre tentavano di attraversare il confine per entrare in territorio afgano. Gli organi di informazione bulgari, inoltre, riportano varie versioni su come il terrorista abbia fatto detonare la bomba, Non è certo, ad esempio, che volesse "immolarsi", forse voleva solo caricare il trolley con l’esplosivo nel vano bagagli del bus e fuggire.
La rivelazione al momento non è stata confermata dalle autorità. Il ministro bulgaro dell’Interno, Tsvetan Tsvetanov, si è limitato a confermare che si è trattato dell’azione di un kamikaze e che l’uomo aveva con sè una patente Usa falsa, Intestata a Jacque Felipe Martin, nome che non risulta al registro americano. "L’esplosione - ha detto ai giornalisti arrivati sul luogo dell’attentato - è stata provocata da un uomo che è morto nell’attentato e la cui identità esatta non è stata stabilita ancora. Il suo documento di viaggio era una patente falsa dello Stato del Michigan".
Tsvetanov ha aggiunto che il sospetto aveva circa 36 anni ed era in Bulgaria da meno di una settimana ma da più di quattro giorni: "Non possiamo escludere la possibilità che abbia avuto un supporto logistico sul territorio bulgaro". Le indagini sono tutt’ora in corso e l’obiettivo è quello di concludere la raccolta di prove entro la giornata. "Gli esperti del Dna - ha aggiunto il primo ministro Boiko Borisov - stanno esaminando le impronte digitali del sospetto attentatore".
Intanto è stato aggiornato a sette morti il bilancio dei morti, secondo quanto riferito stamattina dal ministro degli Esteri bulgaro Nikolay Mladenov all’emittente tv locale B TV. Si tratta di cinque turisti di nazionalità israeliana, oltre allo stesso attentatore, mentre l’ultima vittima è un uomo bulgaro, morto a causa delle ferite riportate. Il ministero dell’Interno ha aggiunto che si tratta l’autista del mezzo. Oltre 30 i feriti. Tre di loro, in condizioni critiche, sono stati trasportati con un aereo militare in un ospedale di Sofia, a 400 chilometri a ovest di Burgas. Il governo di Tel Aviv ha reso noto che un aereo con a bordo 33 feriti sta rientrando in patria. Un altro aereo, con gli specialisti della Stella Rossa di David, è diretto invece a Sofia per accertare le condizioni dei feriti gravi. Il governo bulgaro ha messo a disposizione un velivolo per l’evacuazione di una settantina di israeliani rimasti illesi.
L’attentato non è stato rivendicato. Il governo di Netanyahu accusa l’Iran di essere responsabile del gesto. "Abbiamo informazioni solide - ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Liebermanche - che dietro l’attacco ci sono gli Hezbollah in stretta collaborazione con i Guardiani della Rivoluzione iraniani".
Accuse considerate "ridicole" e "clamorose" dalla tv di Stato iraniana, secondo cui le affermazioni dello Stato ebraico sono tentativi per screditare l’Iran e i suoi alleati come la Siria. Anzi, la repubblica islamica condanna con forza "ogni atto terroristico", come annunciato dal portavoce del ministro degli Esteri, Ramin Mehmanparast. "La Repubblica islamica dell’Iran, la più grande vittima del terrorismo, ritiene che mettere in pericolo la vita di innocenti è un atto inumano". Anche l’ambasciata iraniana in Bulgaria ha respinto ogni accusa: "L’affermazione infondata di uomini di Stato del regime sionista è tipica del loro metodo, che ha uno scopo politico, ma è segnale di debolezza".
Allontana ogni addebito anche anche il movimento sciita libanese Hezbollah che, secondo l’agenzia d’informazione ’Dpa’, ha bollato come "ridicole" le accuse di Lieberman.
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha presentato le proprie condoglianze alle famiglie delle vittime. "Il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni è una delle minacce più serie alla pace internazionale e alla stabilita", si afferma in una nota. Nuova condanna anche dal cosiddetto Quartetto per Medio Oriente (Unione Europea, Russia, Stati Uniti e Onu) per un "atto terroristico" contro innocenti.
Dopo l’attentato, i media israeliani avevano ricordato come Tel Aviv avesse avvertito la Bulgaria sulla sua vulnerabilità rispetto ad attacchi portati da estremisti islamici infiltratisi attraverso la Turchia. Il giorno dopo, lo Yediot Ahronot è ancora più chiaro: il Mossad due mesi fa aveva diffuso un’allerta sul rischio d’un possibile attentato in Bulgaria, ma l’allerme era poi rientrato. Sulla vicenda, il quotidiano interpella il commentatore Ron Ben Yishai, uno dei maggiori analisti di questioni sulla sicurezza in Israele.
Yishai osserva che negli ultimi mesi diversi attacchi a cittadini israeliani sono stati sventati (o sono andati solo parzialmente a segno) dall’Asia, al Caucaso, all’Europa centro-orientale. E ricorda che già a gennaio fu annunciata nella stessa Bulgaria la neutralizzazione d’un piano di attentato anti-israeliano nel Paese. Ma ricorda anche un’ulteriore, dettagliata allerta data dal Mossad due mesi fa, sempre a proposito della Bulgaria, seguita poi da un cessato rivelatosi evidentemente prematuro. L’analista riconosce che non sempre è possibile per l’intelligence anticipare i progetti del terrorismo, ma nota come in questo caso ci sia stato comunque "un buco".
(19 luglio 2012)
CORRIERE.IT - VIVIANA MAZZA
Forti esplosioni, ad un intervallo di cinque minuti l’una dall’altra, hanno scosso Damasco nella notte, alcune delle quali così potenti da poter essere udite anche da quartieri lontani. Secondo un’attivista nella capitale, sono gli elicotteri e i carri armati che continuano a colpire i quartieri con forte presenza di ribelli come Qaboun e Jobar a nord, e Midan e Tadamon a sud, ma sarebbe stato colpito anche Mazzeh, sede del ministero dell’Informazione e della tv di Stato. Qualcuno parla pure di un’esplosione – non confermata – nella centrale piazza Abaseen.
LA TV DI STATO SOTTO ATTACCO - Gli insorti dell’Esercito libero siriano (Esl) si «preparano ad attaccare la sede della tv di Stato»: lo hanno fatto sapere, subito dopo la diffusione della notizia delle esplosioni, i comitati di coordinamento locale dell’opposizione. I disertori avrebbero lanciato un ultimatum ai dipendenti dell’emittente perché lascino «immediatamente» l’edificio.
LE VITTIME DELLE ULTIME 24 ORE - Almeno cento persone sono rimaste uccise mercoledì in Siria, di cui 16 solo a Damasco in combattimenti tra ribelli e truppe filo governative. Lo sostengono gli attivisti dell’Osservatorio siriano dei diritti umani, una ong con sede a Londra, che ha fornito un bilancio dettagliato delle vittime in tutto il Paese: 46 civili, 43 soldati e 8 ribelli.
GLI ATTENTATI DI MERCOLEDI’ - Intanto Si stringe il cerchio intorno al regime del presidente siriano Bashar al-Assad. Il suo ministro della Difesa, generale Dawood Rajha, il capo dei servizi segreti militari, vice capo di Stato Maggiore dell’Esercito nonchè cognato di Assad, Asif Shawkat, e il presidente del Comitato di crisi nonché consigliere militare del capo di stato, colonnello Hasan al-Turkmani, sono stati uccisi in un attacco al quartier generale della sicurezza, dove era in corso una riunione tra militari e governo. Feriti il capo dell’intelligence civile, Hisham Bekhtyar, e il ministro dell’Interno, Mohamed Ibrahim al-Shaar, che secondo la tv satellitare al-Jazeera è deceduto in ospedale. Non è del tutto chiara la dinamica dell’attentato, che sarebbe stato eseguito da un kamikaze che faceva parte delle guardie del corpo che lavorano per l’entourage di Assad, come ha rivelato una fonte della sicurezza alla tv di stato di Damasco al-Ikhbariya. Fonti dell’opposizione hanno parlato invece di un ordigno piazzato all’interno dell’ufficio in cui era in corso la riunione. L’attentato è stato rivendicato dall’Esercito siriano libero, che riunisce disertori e oppositori armati, schierati contro il regime siriano.
«ORDIGNI IN FIORI E CIOCCOLATINI» - Le bombe che hanno ucciso il ministro della Difesa siriano Daoud Rahjia, il cognato del presidente Assef Shawkat e il capo dell’Unità di crisi Hassan Turkmani erano nascoste in una scatola di cioccolatini e in una decorazione floreale, scrive il Telegraph. I due ordigni sarebbero stati introdotti nella sede della Sicurezza Nazionale alcuni giorni prima dell’incontro da un infiltrato dell’opposizione che lavorava per uno dei generali dell’unità di crisi, e sarebbero poi stati azionati durante il vertice di mercoledì. “C’erano due bombe" ha detto Louay al-Mokdad, coordinatore logistico dell’Esercito Libero al quotidiano britannico, una al tritolo, l’altra fabbricata con esplosivo al plastico (C4). “Quella nascosta nel vaso di fiori stava al centro del tavolo nella sala delle conferenze”. Al-Mokdad ha affermato che l’operazione è stata condotta da un gruppo di membri dell’Esercito Libero insieme ad autisti e guardie del corpo che lavorano per il regime.
USA PRONTI AL CROLLO DEL REGIME - Gli Stati Uniti si preparano al crollo del regime siriano. L’amministrazione Obama lavora a piani d’emergenza, concentrandosi sulle armi chimiche in possesso della Siria e che Bashar al Assad potrebbe cercare di usare contro l’opposizione e i civili. Secondo quanto riportato dal New York Times, contatti sarebbero stati avviati fra il Pentagono e il ministero della Difesa israeliano sulla possibilità che Israele si muova per distruggere le armi in possesso di Damasco. Un’ipotesi che - riferiscono al New York Times alcune fonti americane - lascerebbe scettica l’amministrazione perché ci sarebbe il rischio di concedere ad Assad l’opportunità di guadagnare sostegno contro l’interferenza di Israele.
IL DOPO ASSAD - Dietro le quinte l’amministrazione americana lavora a piani per mettere a punto cosa fare dopo la caduta del governo Assad. Uno dei maggiori timori degli Usa è che Assad, preso dalla disperazione, possa usare le armi chimiche per reprimere la rivolta. I benefici di un eventuale raid israeliano sui depositi di armi siriane dovrebbe essere - afferma Martin S. Indyk, ex ambasciatore americano in Israele e direttore del programma di politica estera della Brooking Institution - attentamente pesato e valutato, perchè potrebbe consentire ad Assad di usarlo a suo vantaggio. Secondo Indyk e alcuni altri rappresentanti dell’amministrazione, Assad potrebbe usare le armi chimiche solo come ultima risorsa.
Viviana Mazza