FB, bacheca di, 19 luglio 2012
Lettera aperta ai Grandi Manager della Pubblicità Italiana Posted on 19 luglio 2012 by Massimo Guastini Condivido questa lettera aperta, scritta con Annamaria Testa, perché sono socio fondatore di un’agenzia indipendente e considero improcrastinabile la necessità di riportare trasparenza in un settore ottenebrato dall’opacità
Lettera aperta ai Grandi Manager della Pubblicità Italiana Posted on 19 luglio 2012 by Massimo Guastini Condivido questa lettera aperta, scritta con Annamaria Testa, perché sono socio fondatore di un’agenzia indipendente e considero improcrastinabile la necessità di riportare trasparenza in un settore ottenebrato dall’opacità. Condivido questa lettera anche come copywriter e presidente dell’Art Directors Club Italiano. Perché penso che tutti i “creativi” (e non solo, ovviamente), soci e non soci, non possano fare a meno di porsi domande analoghe. Ritengo che chiunque voglia continuare a considerarsi un professionista dovrebbe pretendere una risposta. Cari colleghi, una domanda semplice semplice: come fanno le grandi agenzie, gran parte delle quali peraltro iscritte ad Assocomunicazione, a sopravvivere e pagare stipendi coi prezzi che stanno chiedendo ai clienti? Eppure il Codice Deontologico di Assocomunicazione recita (art 7): La giusta remunerazione è l’elemento fondamentale che assicura la qualità dei servizi offerti e l’indispensabile professionalità. Il compenso è riconosciuto come l’elemento portante che regola i rapporti fra Associate e utenti. L’applicazione del giusto compenso e la difesa della sua integrità costituiscono principi fondamentali da ribadire a salvaguardia delle professionalità del settore. C’è qualcosa che ci sfugge e, da imprenditori indipendenti della pubblicità, attenti sia alla qualità, sia alle condizioni di lavoro, sia ai conti, saremmo incantati di saperne di più. Prendiamo, fra i moltissimi, un caso recente (Poste Italiane) che ha coinvolto diversi nomi noti. Ricordando che ci sono casi anche più imbarazzanti. Nel caso di Poste Italiane si tratta di un incarico che dura tre anni, chiede – a detta del cliente – il coinvolgimento costante di più persone, e viene aggiudicato a circa 60.000 euro complessivi. Vuol dire 20.000 euro all’anno. Il costo, spese generali escluse, di un singolo stipendio regolare da apprendista: circa 1000 euro al mese. C’è qualcosa che non torna. Facciamo qualche ipotesi 1. su quel lavoro, per quel cliente, verrà impiegata una singola professionalità del valore di 1000 euro al mese, e senza un centesimo di guadagno per l’agenzia 2. su quel lavoro verranno impiegate persone che guadagnano molto meno. Anzi: magari niente …ma quale professionista lavora gratis? 3. su quel lavoro verranno impiegati fior di professionisti, pagati però da più consistenti tariffe versate da altri clienti 4. su quel lavoro verranno impiegati fior di professionisti, attualmente sottoutilizzati perché l’agenzia è alla frutta, ci sono più dipendenti che clienti ed è meglio lavorare sottocosto che tenere la gente a girarsi i pollici 5. su quel lavoro si guadagnerà comunque, facendo la cresta, per esempio, sulle spese di produzione. O con qualche altro artificio poco trasparente 6. non è vero che che il lavoro chiede molto impegno di molte persone: verrà fatto a costo zero nei ritagli di tempo, alla faccia del cliente e come capita capita 7. su quel lavoro verranno persi un bel po’ di soldi… ma perché? a. c’è il gusto di fregare la concorrenza col dumping, anche a rischio di farsi del male da soli b. le grandi agenzie sono ricchissime e di farsi pagare tutti i lavori non gli importa un fico c. le grandi agenzie italiane sono comunque per la stragrande maggioranza sedi periferiche di gruppi multinazionali, che fanno profitti in economie più vivaci. E agli headquarter di quel che, nel bene e nel male, succede in Italia interessa poco Dai, cari colleghi, illuminateci con qualche altro motivo comprensibile, e migliore. Se ce ne sono, vuol dire che avete fatto l’invenzione del secolo: il lavoratore virtuale. Gli annunci autogenerati. Lo spot automatico. Il viral che si inventa da solo. Oppure avete robotizzato l’intera agenzia. Sì, illuminateci: noi, che continuiamo come si faceva una volta a lavorare a lungo sui brief, a investire tempo per trovare idee efficaci, a formare e a pagare le persone, siamo ansiosi di sapere che futuro, scaturito da quale meravigliosa trovata, aspetta tutti noi e le imprese italiane che continuano, nonostante tutto e in questi tempi complicati, a fare affidamento sulla buona comunicazione pubblicitaria. (Annamaria Testa – Massimo Guastini) This entry was posted in ADCI by Massimo Guastini. Bookmark the permalink. 3 thoughts on “Lettera aperta ai Grandi Manager della Pubblicità Italiana” art director on 19 luglio 2012 at 16:10 said: Lettera molto interessante.. a cui potrei anche avere una risposta avendo avuto la sfortuna di lavorare in agenzie del calibro sopracitato.. pagano i ragazzi da 0€ a 3,5€ l’ora e pretendono dalle 10 alle 16 ore lavorative giornaliere. con questo ritmo da fabbrica cinese è facile fare i conti.. Reply ↓ Quasicopy on 19 luglio 2012 at 16:12 said: Lavoro da veramente poco, neanche un anno, ma mi sto meravigliando di quanto poco rispetto abbiano i clienti per il nostro lavoro. Parlo di ore lavoro buttate a caso nel cestino e non perché le creatività o la strategia non andassero bene, ma semplicemente perché i clienti non hanno le idee chiare e le cambiano come fossero banderuole, contraddicendosi nel giro di poche ore. Questo per me si chiama mancanza di rispetto. Se chiedo un mojito a un barista non aspetto che abbia finito di decorarlo per dirgli che voglio un daiquiri. Reply ↓ Ted on 19 luglio 2012 at 17:05 said: Non dobbiamo commettere l’errore di pensare che i punti 3, 4, 5 e 6 siano alternativi. Io li vedo tutti insieme sullo stesso francobollo. Solo un commento: le commissioni stracciate esistevano anche prima, ma con una piccola differenza: internet non era così potente. Quindi oggi quei manager che pensavano di salvare la faccia con un cliente vinto – o mantenuto – (punto 8, l’unico che manca alla tua analisi), la perdono del tutto con una figura orrenda e a caratteri cubitali con i propri dipendenti, con i propri clienti, e – se solo gliene fregasse qualcosa del polverone sollevatosi in quel paese vicino alla Grecia e alla Spagna- con i propri capi Internazionali. Si attenderebbe ora solo un commento, una giustificazione o una difesa di qualsiasi tipo da chi è finito su tutte le home page del settore per questa vicenda. Non posso credere che per dei comunicatori il silenzio sia il modo migliore di rispondere. ted