Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 17/7/2012, 17 luglio 2012
IL FATTO DI IERI - 17 LUGLIO 1942
Erano bambini e ragazzi dai sei ai 16 anni. Tutti ebrei. Polacchi, croati e tedeschi, la maggior parte orfani, in fuga, nel 1940, dalla Germania nazista. Piccoli perseguitati, partiti dai territori del Reich su convogli illegali, travestiti da studenti in gita, pronti a una biblica traversata verso la Palestina. Un calvario a tappe. Nel dicembre ’40, ospiti di famiglie ebree, il primo rifugio è Zagabria ma, con l’invasione nazista della Jugoslavia del ’41, la fuga riprende. Direzione Slovenia, dove in un castello di caccia vicino Lubiana, vivranno un anno di clandestinità. Fino agli scontri tra partigiani di Tito e soldati italiani che li ricacceranno in fuga. Questa volta verso l’Italia, dove il 17 luglio ‘42, assistiti dalla Delasem, associazione di aiuto agli ebrei, troveranno asilo e pace a Villa Emma, un’antica casa di Nonantola, in quel di Modena. Per un anno, e nella storia della Shoah, i 73 adolescenti, adottati da un piccolo paese di Uomini Giusti, che scelsero di aiutarli, nasconderli e salvarli dall’orrore nazista, diventeranno “i ragazzi di Villa Emma”. Quasi tutti giunti, nel ’45, dopo un ultimo drammatico transito in Svizzera e un’odissea di cinque anni, in terra di Palestina.