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 2012  luglio 17 Martedì calendario

IL KILLER UCCIDE IN AUTOSTRADA 18 DONNE SPARITE

Vancouver
In Canada la A16 si è guadagnata il triste soprannome di “Autostrada delle lacrime” dopo la scomparsa di almeno 18 donne. Molte sono state assassinate, quasi tutte indiane d’America. La polizia si è dimostrata quanto meno poco interessata e non ha mai risolto neppure un caso. La zona è stupenda, il paesaggio sembra uscito da una brochure turistica: picchi innevati, foreste a perdita d’occhio e un ruscello dove abbondano i salmoni. Mentre percorriamo l’autostrada l’umore dell’autista, Gladys Radek, comincia a cambiare. Gladys è nata 56 anni fa in una riserva indiana della British Columbia. Mentre guida sull’Autostrada delle lacrime commenta con un filo di voce: “Ci sono troppi fantasmi qui”. I fantasmi sono quelli delle donne scomparse lungo i 700 chilometri dell’A16. Secondo la polizia si tratta in tutto di 18 donne, 17 delle quali indiane d’America. Secondo Amnesty International, tuttavia, il numero delle donne che mancano all’appello negli ultimi trent’anni sarebbe di gran lunga maggiore. È una cosa che non sorprende Gladys. Secondo lei da queste parti, a 200 km. dall’Alaska, la vita di una indiana d’America non conta molto. Gladys crede di sapere cosa è accaduto: le donne sono state sequestrate, violentate, uccise e gettate ai lati della strada.
ARRIVIAMO a Prince Rupert dove l’autostrada costeggia il Golfo dell’Alaska. Gladys Radek si sente a disagio. Non le piace questo posto. Da bambina suo padre adottivo veniva qui a pescare e Gladys passava la giornata chiusa a chiave sotto il ponte della barca. È stato proprio qui che sua nipote Tamara è scomparsa otto anni fa all’eta di 18 anni. La madre di Vicky Hill è scomparsa nel 1978. Vicky Hill ha trascorso tutti i suoi 32 anni di vita qui a Prince Rupert. Ci incontriamo in un ristorante cinese dove arriva con una cartellina piena di foto e ritagli di giornale. È tutto quanto le resta della madre.
La foto di uno degli articoli mostra una bellissima donna con un abito estivo. Tre giorni dopo la sua scomparsa, il suo cadavere fu rinvenuto a 30 chilometri di distanza. Era completamente nuda, seminascosta in un cespuglio a qualche centinaio di metri dalla strada. Sul suo certificato di morte c’è scritto “polmonite”. Ma l’ultima riga del certificato contraddice il motivo del decesso in quanto recita “omicidio”. Eppure non fu avviata alcuna indagine per scoprire il colpevole. La madre di Vicky fu sepolta nel cimitero di Prince Rupert senza nemmeno una lapide. Chi ha trovato il cadavere? Chi ha compilato il contraddittorio certificato di morte? Perché la polizia non ha svolto delle indagini? Vicky Hill attende ancora risposta a queste domande.Malesiparadavantiun muro di silenzio.
Ci vogliono tre giorni di viaggio per arrivare da Prince Rupert a Vancouver dove facciamo la conoscenza dell’investigatore privato Ray Michalko, ex agente della polizia a cavallo canadese. Sei anni fa il corpo della polizia a cavallo istituì una commissione speciale per indagare sugli omicidi della A16. Per svolgere le indagini investirono la somma di 11 milioni di dollari canadesi, ma senza alcun risultato.
Michalko non è sorpreso: “Hanno messo cinquanta persone davanti ai computer nella speranza che il serial killer si sarebbe materializzato per miracolo sullo schermo”. Furono raccolti dati e fatti profili psicologici del possibile omicida. Solo una cosa non è stata fatta, commenta Michalko: “Un serio lavoro investigativo con metodi tradizionali”. Ed è proprio per questo che ora Michalko percorre avanti e indietro la A16, bussa alla porta delle case lungo la strada e parla con le persone del posto. Michalko dubita della serietà di intenti della Commissione speciale. Il fatto è, come ci spiega, che si potrebbero fare scoperte tremende che non fanno comodo a nessuno.
È QUANTO accaduto nel corso del processo contro Robert Pickton condannato all’ergastolo nel 2007 dal tribunale di Vancouver. Quando la polizia perquisì il suo allevamento di maiali appena fuori Vancouver: furono trovati brandelli di un abito femminile appartenente ad una prostituta indiana scomparsa. Ad una più approfondita perquisizione furono rinvenuti i resti di 49 indiane d’America.
Prickton girava filmetti prono e poi uccideva le sue vittime come faceva con i maiali del suo allevamento . Ma il processo fece nascere dubbi anche sulla polizia e sul sistema giudiziario. Come poteva averla fatta franca per così tanto tempo? Perché nessuno aveva cercato le donne scomparse? “Questo è ovviamente il lato oscuro della British Columbia”, commenta Michalko.
Andando da Prince Rupert a Prince George passiamo da Moricetown, la riserva nella quale è cresciuta Gladys. Sua madre vive ancora qui in uno dei tanti prefabbricati della riserva. Le stradine fangose sono ricoperte di immondizia, televisori rotti, auto abbandonate e lattine di birra vuote.
Ci apre Peggy, la sorella di Gladys, che si è fatta due anni di prigione per aver aggredito un uomo che la voleva violentare. Sua madre è seduta in poltrona con la sguardo assente. “È intollerabile che la nostra gente sia costretta a vivere così”, dice Gladys quando un’ora dopo torniamo sulla A16. È quasi un miracolo che Gladys sia riuscita a fuggire da questa miseria. I suoi genitori erano quasi sempre ubriachi. A cinque anni la allontanarono da loro. Gladys non può avere buoni ricordi nemmeno dei genitori adottivi.
Infatti, l’uomo che l’ha cresciuta cominciò ad abusare di lei quando aveva otto anni. A 13 anni ebbe il coraggio di denunciarlo alla polizia che non intervenne. Così decise di fare i bagagli e scappare di casa giovanissima.
GLADYS avrebbe potuto fare la fine delle donne scomparse sulla A16, ma è sopravvissuta, si è trasferita a Vancouver e ha avuto cinque figli. Ora è la portavoce dell’Organizzazione delle “Donne scomparse e assassinate”. Le donne scomparse, in tutto il Canada, di cui non si sa più nulla sarebbero almeno 500. “Qualcuno deve dare voce alle molte famiglie che ignorano il destino delle loro figlie o mogli o sorelle – conclude – La cosa peggiore è essere soli con il proprio dolore”.
© Der Spiegel, 2012
Distribuito
da The New York Times Syndicate Traduzione di Carlo Antonio Biscotto