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 2012  luglio 19 Giovedì calendario

YOU WORLD


Quando sarete arrivati alla fine di questa frase il mondo avrà guadagnato quasi un giorno di video in più. È il miracolo di YouTube: il sito Internet che sta cambiando la nostra vita. Ogni minuto che passa vengono caricate 72 ore di immagini. Ma dimenticate i gattini che suonano il piano e le gaffe da Paperissima: You-Tube è diventato una cosa seria. Anche troppo. Uno studio del prestigiosissimo Pew Research Center ha scoperto che il sito di soli video si sta mangiando i telegiornali. Anzi. YouTube è già il telegiornale più grande del mondo: e senza avere lo straccio di un giornalista o una telecamera. È qui che i ragazzi di tutto il pianeta pescano le notizie: anche perché così pescano quello che vogliono. La parola magica si chiama “on demand”: l’informazione a richiesta. Funziona come nelle vecchie radio libere di una volta: mi mettete quel disco dei Bee Gees? Solo che adesso basta cliccare per rivedere l’ultimo spot di Barack Obama. O, meglio, gli sberleffi degli egiziani che gridano «Monica! Monica!» a Hillary Clinton che sfila per il Cairo.
E già: sono addirittura due le versioni di quel video che ancora ieri comparivano tra i primi sei più visti alla voce “News and Politics”. Ma perfino se cliccate sui più popolari di tutto il web, tra l’ultimo videoclip degli Owl City e le
gag di Ray William Johnson, che è il comico più famoso del mondo senza essere mai andato in tv, ecco che in classifica spunta lo spot anti Mitt Romney firmato Barack.
YouTube sta diventando il nostro mondo: YouWorld. Televisione addio: o quasi. Aveva ragione Eric Schimidt, il presidente di Google. Quando il gigante di Mountain View si comprò quel sito nato da appena un anno — era il 2006 — gli investitori di tutto il mondo lo guardarono come un pazzo: come si fa a sborsare 1 miliardo e 65 milioni di dollari per una società che non dà un centesimo? «Se funziona» sussurrò Schmidt all’orecchio di Ken Auletta, il critico del
New Yorker
e autore di
Googled,
«sarà come la nascita della
Cbs
nel 1927». Anche allora diedero del matto al capo della Columbia, la casa discografica, che mise a repentaglio il business allora fiorentissimo dei dischi per dedicarsi a quell’invenzione nuova: la televisione. E com’è finita non serve certo raccontarlo.
Gli “spettatori” di YouTube erano 25 milioni nel 2007 e 90 milioni nel 2009. Oggi sono 850 milioni. Al
giorno. E, soprattutto, non sono semplici spettatori. Quella società nata per gioco sopra una pizzeria di San Mateo, California, ha cambiato per sempre il mondo dei media. Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim avevano in mente qualcosa di simile a Facebook: un sito dove potersi scambiare i video fatti in casa. Il primo dice tutto: si chiama “Io allo zoo” e vede protagonista proprio Jawed allo zoo di San Diego. Non proprio un documento programmatico. Ma entro un anno i ragazzi
sono costretti a vendere perché il sito scoppia: e loro non sono attrezzati per gestire il successo.
Oggi se scorri i trend degli ultimi mesi resti sbalordito. Macché zoo e gattini. A gennaio i video più visti sono quelli che celebrano un anno di Primavera Araba. A dicembre è la sparata antigay dell’aspirante candidato alla casa Bianca Rick Perry. A ottobre il terremoto in Turchia e le proteste di Occupy Wall Street. «È una nuova forma di giornalismo» dice all’agenzia
APAmy
Mitchell, la
vicedirettrice del Pew. «Ed è una forma di giornalismo in cui la relazione tra i media e i cittadini è molto più dinamica». Non solo appunto per quella caratteristica dell’on
demand:
del giornalismo a richiesta. Il 40 per cento dell’informazione che passa su YouTube è autoprodotta: sono i video che realizziamo noi stessi. Macché spettatori: l’effetto video moltiplica quel
citizen journalismche
già fiorisce in rete di blog in blog. Il giornalismo dei cittadini.
Naturalmente nella nuova televisione non c’è solo il telegiornale. C’è il cinema. Ci sono i programmi tv. Ma anche qui: dimenticate la vecchia favola della pirateria. Marc Andreessen, l’ex ragazzo che agli albori della
net economyaveva
fondato Netscape — il sito accusato appunto di piratare la musica — e oggi è diventato il più grande azionista della Silicon Valley, ricorda sempre su
Googled
quando all’inizio degli anni Duemila Hollywood e dintorni si scagliarono contro YouTube: il
colosso Viacom chiese un miliardo di dollari di danni. «Non capirono niente, continuarono a infilare la testa nella sabbia». Il futuro non si arresta con la paletta del vigile. E infatti. Oggi Google ha inventato un meccanismo che si chiama “Content Id”. Spiega Federica Tremolada, partnership manager di YouTube per l’Italia: «Il meccanismo permette ai proprietari di identificare i propri contenuti sulla rete. Quando si scopre che un video è stato postato da qualcun altro, lo si può bloccare, lo si può seguire sul web oppure lo si può monetizzare». Eccolo là il trucco. Per restare in Italia, per esempio, la partnership di YouTube con la
Raio
con
La 7permette
alle tv di controllare che fine fanno i propri video. «Monetizzarli» vuol dire vederli viaggiare liberamente sul web: ma con un bello spot provvisto da YouTube. Così, insomma, vissero tutti e contenti: i proprietari e gli utenti.
Che YouTube sia la nuova televisione lo dimostra appunto il nuovo palinsesto. Da qualche mese il portale si è riorganizzato in più di cento canali. Tematici come l’informa-
zione, lo sport, il divertimento. Ma anche personalizzati con i 30mila partner di tutto il mondo: dai colossi di Hollywood, che finalmente si sono fatti furbi, alla nostra Rai. Ma la forza del sito resta ovviamente la sua natura di fai da te. «L’idea di YouTube è sempre stata quella di essere un video-universo alternativo alla distribuzione piramidale della vecchia tv» dice a
Repubblica
Steven Levy, l’ex firma di
Newsweek
e oggi di
Wired,
autore di
Rivoluzione Google.
E l’alternativa, adesso, finalmente
paga. «Questo grande mucchio di informazione disaggregata ritrova ordine attraverso gli strumenti di ricerca e le connessioni social». La community degli utenti «sta smantellando il vecchio mondo delle news». E siamo ancora agli inizi. «Il nuovo trend sarà quello dei video in diretta: lo streaming in tempo reale». Sì, certo, live: proprio come i telegiornali. Chiaro poi che la natura stessa del media favorisce l’afflusso dei giovani: «Come alla maggior parte di noi, ai ragazzi
piace vedere le figure» scherza proprio Ken Auletta. «Le immagini danno un senso più potente di autenticità al fatto. YouTube fornisce più o meno il 40 per cento dei video su Internet. Un trend destinato ad aumentare. Che farà ancora più male ai media tradizionali».
L’informazione però è solo un aspetto della rivoluzione YouWorld. «Internet è per definizione ricerca senza fine: il modello di sviluppo è disaggregante» dice sempre Levy «e YouTube si trova
nella migliore posizione per sfruttare quel modello: grazie all’interazione tra contenuti e struttura social ». Ma allora YouTube è la nuova tv o il nuovo Facebook?
La storia è sempre istruttiva. E forse bisognerebbe ricordare chi era quel signore che tentò di mettere i bastoni tra le ruote quando Google decise di comprare il sito: Rupert Murdoch. Sì, proprio il padrone dell’impero editoriale su cui, dagli Usa all’Australia, non tramonta mai il sole, il Super Rupert che oggi possiede il
Wall Street Journal, Skye
la
Fox
(non solo tv, anche cinema) evidentemente vide in quelle pagine web allora odiate da Hollywood tutte le potenzialità per diventare davvero la nuova tv. Poi, però, è andata diversamente. E il sito coi gattini che suonano il piano e le altre gaffe da Paperissima è finito nel regno di Google. In fondo 850 milioni di utenti sono giusto 100mila in meno degli amici di Facebook. Tra social e news insomma la sfida è appena cominciata: tutti i particolari, manco a dirlo, li scopriremo su YouTube.