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 2012  luglio 19 Giovedì calendario

LA STRAGE “ANNUNCIATA” SUL MAR NERO NEL NOME DEL RE DEL TERRORE HEZBOLLAH


Che a Burgas la morte sia arrivata con dell’esplosivo temporizzato già a bordo del pullman, ovvero caricato con le valigie dei suoi passeggeri, è dettaglio ancora irrisolto e che le prossime ore chiariranno. Ma, appunto, resta un dettaglio. Perché, nel circuito delle intelligence occidentali, almeno due sono le “verità” che in queste ore è possibile raccogliere. La prima: il “preavviso” con cui il massacro del Mar Nero è stato annunciato. La seconda: la matrice e dunque l’identità dei suoi mandanti. Se sono infatti attendibili le informazioni condivise negli ultimi sette mesi dai Servizi bulgaro e israeliano con Washington e le capitali europee (Roma non ha fatto eccezione), se ha una logica e una forza simbolica la macabra ricorrenza del calendario del Terrore (il 18 luglio del 1994 furono 84 i morti nell’attentato che colpì a Buenos Aires l’Associazione di mutuo soccorso ebraico), la strage di ieri pomeriggio in qualche modo allunga l’elenco degli attacchi annunciati e, soprattutto, ha stimmate inconfondibili. Che il premier israeliano
Benyamin Netanyahu mette in chiaro, indicandone in Teheran e in Hezbollah, che ne è il braccio armato, i mandanti.
Già a metà del gennaio scorso, con una nota governativa diffusa a tutti i Paesi dell’Unione e naturalmente condivisa con Tel Aviv, le autorità di Sofia avevano indicato come «concreta» e «imminente» la minaccia di un attacco di Hezbollah a obiettivi israeliani in territorio bulgaro (il mar Nero è destinazione abituale del turismo israeliano) e, alternativamente, in quel di Atene. E che non si trattasse di un generico “al lupo, al lupo”, lo aveva dimostrato, in qualche modo, non solo la serietà con cui l’informazione era stata immediatamente raccolta in Europa (in Italia, per dirne una, è stata da mesi rafforzata la sorveglianza sui «possibili obiettivi legati al turismo
stagionale israeliano»), ma soprattutto la teoria di falliti attentati con cui, in altri angoli del mondo, da gennaio in avanti, il Terrore aveva cercato di colpire Israele. In India, a Nuova Delhi, dove un’esplosione, in febbraio, aveva ferito la moglie di un diplomatico. In
Thailandia, a Bangkok, dove era stato scoperto un deposito di esplosivi che si era ritenuto dovessero essere utilizzati per colpire appunto obiettivi israeliani. In Azerbaijan, a Baku, dove in marzo erano stati arrestati 22 uomini con l’accusa di essere legati al regime iraniano e di prepararsi a colpire, ancora una volta, obiettivi israeliani e americani. Senza contare l’arresto, proprio nei giorni scorsi, a Cipro, di un militante di Hezbollah, accusato di lavorare a un piano stragista.
Hezbollah, dunque, e Teheran. Ma anche un nome. Quello di Imad Mugniyah, uno dei fondatori di Hezbollah, icona e cervello del terrorismo palestinese negli anni ‘80 e ‘90 (nell’83, a Beirut, firma l’attentato al compound Usa che uccide 241 marines e 58 francesi. Due anni dopo, è coinvolto nel famigerato
dirottamento del volo Twa 847), l’uomo la cui morte o cattura, all’indomani dell’11 Settembre, il governo americano aveva messo sullo stesso piano di quella di Osama Bin Laden e che la morte effettivamente trova. Il 12 febbraio 2008, salta in aria a Damasco, ucciso da un’autobomba che siriani, iraniani ed Hezbollah dicono imbottita di esplosivo da uomini del Mossad. E che il Dipartimento di Stato Usa saluta così: «Da oggi, il mondo è un posto migliore ». «Da quattro anni a questa parte — spiega una fonte qualificata della nostra Antiterrorismo — vendicare Mugniyah con altro sangue è diventato un mantra di Hezbollah. E aver scelto il 18 luglio per colpire, dice molto». Anche quella strage di israeliani a Buenos Aires aveva infatti una firma, come avrebbero accertato le autorità argentine. La sua. Quella di Imad Mugniyah. L’uomo che chiamavano “senza volto”, perché si era sottoposto a due interventi di chirurgia plastica che modificassero i suoi lineamenti e di cui, fino al giorno della morte, è esistita una sola fotografia, scattata nel 1985.