Daniela Mastromattei, Libero 17/7/2012, 17 luglio 2012
GALATEO DA SMARTPHONE
Il «cafone» lascia in bella mostra il telefonino sul tavolo del ristorante. Magari lo dimentica sopra il tovagliolo del vicino. Invia messaggi. Parla a voce alta, spesso gridando in autobus, in treno e nei posti chiusi costringendo gli altri ad ascoltare i suoi discorsi. La suoneria è chiassosa e volgare. Della persona elegante e chic, invece, nessuno ha mai visto il suo cellulare, di sicuro ne possiede uno. Lo estrae e lo ripone con discrezione, la suoneria è di quelle che non disturbano, e quando è a tavola o in compagnia lo tiene silenziato o spento. Bei tempi: era da poco spuntano il telefonino, bastava poco per disturbare e essere additati come maleducati. Oggi la prepotente irruzione tecnologia a base di smartphone e iPad fa vivere allucinanti cene col fidanzato che tra una portata e l’altra, invia e riceve mail, guarda le prime pagine dei siti e magari dà una sbirciatina su Facebook, scusandosi subito dopo con un«mi spiace cara, ma dovevo rispondere a un sms di lavoro». C’è l’urgenza di regole severe, per cercare di riequilibrare i rapporti interpersonali, di fabbricare galatei (con pene per chi non li rispetta) per rimettere un po’di ordine e arginare, per quanto sia possibile, la maleducazione dilagante. Siamo finiti nell’era della superficialità dove tutto è consentito e nessuno si stupisce più di nulla. Ecco perché il Wall Street Journal ha sentito la necessità di stilare il decalogo per i party, dove la gente si incontra e dovrebbe staccare la spina dalla tecnologia per distrarre la mente e divertirsi. Un bon ton per i padroni di casa che dovrebbero vigilare perché le zone di servizio (tavoli e mensole) non siano invasi dai cellulari e preparare un cestino per raccoglierli tutti (altre regole nella tabella sopra). E c’è anche chi (sfinito da così tanta maleducazione) riesce a imporre un proprio galateo: Bevy Smith, grande organizzatrice di party per aziende e celebrities, fulmina con un’occhiataccia chi messaggia e twitta oltremisura. E Brené Brown, docente a Houston, in occasione del pigiama party di sua figlia undicenne, avendo notato che le fanciulle si messaggiavano con chi alla festa non c’era, ha fatto arrivare un bel cestino con su scritto «Solo telefonate con i genitori. Godetevi chi è alla festa: sono persone fantastiche!». E ha invitato tutte a mettere i cellulari dentro la cesta e a dimenticarli. Dove manca il buon senso bisogna ingegnarsi. Perché se un tempo si entrava a una festa e se non si conosceva nessuno all’inizio ci si rifugiava in cucina (luogo di incontro dei timidi), ora ci si aggrappa al cellulare, compagno di vita, di viaggio e salva-serata. Si naviga, si twitta, si posta su Facebook. Oppure si finge una chiamata urgente per sviare una conversazione. Insomma il telefonino di ultimissima generazione è una presenza che non ti fa fare più la figura dello sfigato, ma del maleducato sì. Purtroppo molti sono ormai convinti che parlare al telefono, messaggiare o navigare durante colazioni e cene sia ormai routine. Anzi, fa uomo e donna impegnati, in carriera. «Bisognerebbe tornare indietro nel tempo e provare a comportarsi come quando non avevamo i cellulari: potrebbe essere l’unico modo per non sprofondare nell’aridità delle nuove tecnologie», dice il maestro Alberto Presutti, esperto di bon ton e galateo. «Una volta era tutto più spontaneo, ci si presentava, si affrontavano conversazioni banali o magari si commentava il tempo, però si riusciva a rompere il ghiaccio con naturalezza». Oggi ci si affida alla «escort sociale» (telefonino) che fa compagnia e spesso trasforma la dinamica delle feste: c’è chi si aggira con un cellulare in mano, dando notizie in diretta a chi non è al party, scattando foto dei presenti (a loro insaputa) da pubblicare subito su Facebook e su Twitter. E questa non è solo maleducazione è altissima scorrettezza.