Gino Pagliuca, Corriere della Sera 19/7/2012, 19 luglio 2012
La Banca centrale europea chiede agli istituti organizzatori dell’Euribor, il tasso per i prestiti a breve termine fra le banche stesse, una revisione di questo sistema grazie al quale si calcolano gli interessi sui mutui e su numerosi altri prodotti finanziari in Europa
La Banca centrale europea chiede agli istituti organizzatori dell’Euribor, il tasso per i prestiti a breve termine fra le banche stesse, una revisione di questo sistema grazie al quale si calcolano gli interessi sui mutui e su numerosi altri prodotti finanziari in Europa. La Bce ieri si è limitata a far trapelare la sua intenzione, dopo lo scandalo sul Libor che ora tocca anche Hsbc, Deutsche Bank, SocGen e Crédit Agricole. Oggi l’Euribor è fissato dalle segnalazioni sui tassi da parte di 43 banche europee. Anche se la Gran Bretagna si è tenuta lontana dall’euro, i problemi dell’Euribor, il tasso che misura le transazioni interbancarie a breve termine nella moneta europea, vengono da Londra, e precisamente dal Liffe, il mercato dei future che scommette anche sull’andamento di questi tassi. Uno spostamento di qualche centesimo del parametro può portare a forti guadagni o perdite per l’effetto leva implicito nel meccanismo dei derivati; il rischio di conflitti di interesse analoghi a quelli verificatisi con il Libor non è trascurabile. Il livello dell’Euribor viene fissato alle 11 di tutti i giorni di mercato sulla base delle rilevazioni di 43 istituti europei (per l’Italia partecipano Intesa, Unicredit e Monte Paschi); la Bce si propone di rivedere le modalità di determinazione del tasso e di vigilare perché sia più coerente con la realtà del mercato. Queste le notizie trapelate da Francoforte e sulla base di queste scarne informazioni è difficile delineare cosa succederà, anche se un effetto di questo cambiamento possiamo già metterlo in conto: i mutui variabili in corso costeranno di più, perché i valori attuali dell’Euribor non hanno relazione né con la realtà del mercato né con il buon senso. Ieri il parametro a un mese è stato fissato allo 0,18% su base annua (in linea teorica significa che se presto per un mese 1000 euro ne avrò in cambio 1001,5); il trimestrale si è fermato allo 0,46 per cento. Il tasso ufficiale Bce è dello 0,75 per cento. Nella fisiologia del mercato le transazioni tra privati non dovrebbero avvenire a tassi minori rispetto a quelli offerti dall’istituto centrale. Ma quale sarebbe la fisiologia e non la patologia? Per rispondere bisogna andare abbastanza indietro nel tempo e tornare agli anni che vanno dall’introduzione dell’euro alla fine del 2007, prima di quando, cioè, lo scoppio della bolla dei subprime e i successivi fallimenti bancari hanno cambiato le regole del gioco. Per restare ai due parametri più usati per i mutui variabili, l’Euribor a un mese e quello a 3 mesi, il valore dell’indice mensile è stato in media due decimi più alto del tasso Bce, mentre il trimestrale ha quotato tre decimi in più. Se la vigilanza prospettata dalla Bce portasse a un ritorno a questa situazione — ma lo ripetiamo, per ora si tratta solo di indiscrezioni — l’aumento sarebbe di 80 centesimi di punto per chi ha ancorato il prestito all’Euribor mensile, che significa un incremento rispetto alla rata teorica attuale di circa 65 euro al mese su un debito residuo di 100 mila euro; mentre per chi ha un mutuo legato all’Euribor trimestrale l’aumento sarebbe contenuto in 60 centesimi (circa 48 euro al mese in più rispetto alla rata corrente su 100 mila euro). Dal meccanismo rimarrebbero esclusi i pochi debitori (non più del 2-3% del totale) che hanno direttamente scelto di ancorare il mutuo al tasso Bce. Bisogna però dire che spesso si è trattato di carenza d’offerta: le banche in teoria dovrebbero avere in catalogo mutui ancorati all’Euribor o alla Bce alle medesime condizioni di partenza, ma nei fatti pochissimi istituti lo fanno. E per chi il mutuo lo deve ancora avviare? Una volta definite le regole, cambieranno anche i calcoli di convenienza: secondo i dati del broker Mutuionline, nell’ultimo semestre circa il 45% dei finanziamenti ipotecari erogati era un mutuo variabile puro; a questi va aggiunto un 30% circa di prestiti con limite massimo di risalita o a formula mista che comunque sono influenzati dall’andamento dell’Euribor; una risalita dei tassi di partenza degli indicizzati farebbe subito aumentare la quota di chi opta per il tasso fisso. Gino Pagliuca