Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 17 Martedì calendario

Che cos’è la Stampa estera? - Ieri la riunione di redazione de «La Stampa» è stata aperta all’Associazione della stampa estera in Italia

Che cos’è la Stampa estera? - Ieri la riunione di redazione de «La Stampa» è stata aperta all’Associazione della stampa estera in Italia. Di che si tratta? È la più grande organizzazione di corrispondenti esteri del mondo. Conta oltre 800 organi di informazione e 54 paesi rappresentati. La sua funzione è di offrire servizi e assistenza ai corrispondenti dei media stranieri in Italia. Quando è stata fondata? Cento anni fa, il 17 febbraio del 1912 al Caffé Faraglia di piazza Venezia a Roma. Un locale molto mondano allora, tra i primi a avere la luce elettrica nella capitale e famoso anche perché Gabriele D’Annunzio vi festeggiò la prima della sua tragedia «La nave». Il 26 febbraio si tenne la prima assemblea dell’associazione. Tra i primi giornali rappresentati c’erano «Le Petit Parisien», «L’Echo de Paris», «New York World», «Russkia Viedomosti», «Kievskaja Mysl», «Daily Express» e «United Press of America». Ai corrispondenti furono subito messi a disposizione i fondamentali servizi del Ministero delle Poste e Telegrafi e il 3 marzo furono ricevuti dal ministro degli Esteri del IV governo Giolitti, Antonino Paternò Castello di San Giuliano. Anche a Milano continuarono ad arrivare nuovi giornalisti dall’estero, specializzati soprattutto in economia. Così nel 1925 fu creata una sede distaccata dell’associazione. Oggi quanti sono gli iscritti e che attività svolgono? I giornalisti soci sono 450, tra professionisti e pubblicisti, di cui 360 a Roma e 90 a Milano. Per Tobias Piller, corrispondente della «Frankfurter Allgemeine» e presidente dell’associazione sono: «Le Nazioni Unite dei media. Ci si riunisce per seguire meglio il paese in generale oppure la cultura, i viaggi, il cinema, il Papa. Da noi è venuto Monti dopo la prima manovra e tornerà. Poi diamo un premio di gastronomia e dal 1959 il Globo d’oro per il cinema, vinto pochi giorni fa dal film “L’industriale” di Giuliano Montaldo». In cosa consiste il lavoro dei corrispondenti esteri? «Nello spiegare che la parola giusta è Italie, non Italia». Per il corrispondente di «Le Monde» Philippe Ridet il suo analogo de «La Stampa» da Parigi, Alberto Mattioli, «può raccontare la Francia stando nella capitale». Lui no. «Se vado in Piemonte o in Calabria non è la stessa cosa - spiega -. È una cosa bella e anche brutta». Prima Ridet faceva il giornalista politico specializzato. «Sapevo tutto della destra parlamentare francese, da Chirac a Sarkozy. Ora cerco di aprirmi per capire l’economia e il costume, che in Italia significa per esempio lo sport». Per Ridet poi non bisogna seguire troppo la stampa italiana: «E’ una fonte ma pure un pericolo. Noi dobbiamo privilegiare la tendenza di fondo al giorno per giorno. E preferiamo raccontare i fatti quando sono avvenuti non mentre sono attesi e magari poi neanche si verificano». Cosa interessa di più ai lettori stranieri dell’Italia? Nel caso di «Le Monde», tutto ciò che riguarda il patrimonio culturale e la sua gestione. «Tra i nostri lettori - spiega Ridet - ci sono tanti professori legati a questa parte dell’Italia. Pompei interessa molto per esempio». Come sono considerati i media nostrani dalla stampa estera? «Un po’ arretrati - commenta Wolfgang Achtner, ex Cnn e Abc - non fanno tanto informazione quanto raccontano il giorno per giorno. E sono indietro col web. Negli Stati Uniti per esempio si è da tempo compresa l’importanza dei video su internet. Ma ho notato che “La Stampa” sta tentando di cambiare il modo di lavorare. Il problema resta l’informazione tv, tra le peggiori al mondo, perché privilegia l’interesse della politica a quello dei cittadini». C’è qualche luogo comune sui giornalisti italiani? «Ammiriamo tanti colleghi bravissimi racconta Andrea Bachstein del “Süddeutsche Zeitung” - ma in tv si vede un giornalismo che non merita questo nome. Un luogo comune? Che i giornali siano meno affidabili che in Germania. Purtroppo a volte è anche vero... per esempio alle conferenze stampa in Vaticano Padre Lombardi rettifica gli errori ma la stampa italiana non li riporta il giorno dopo. Da noi non sarebbe possibile». Generalmente chi segue l’Italia racconta pure il Vaticano? «Molto spesso - spiega Bachstein -. Anche se li raccontiamo come due mondi diversi. In particolare in Germania, ci interessa il Papa tedesco e la sua Chiesa più dello stato Vaticano. Quando c’era Berlusconi, che col Papa aveva poco in comune, era più facile separare. Ora tra governo italiano e Vaticano c’è più armonia». L’Italia è più seguita ora che in passato? «Gli anni di Berlusconi hanno richiesto attenzione per la loro gravità - ricorda Achtner -. Ora vi seguiamo perché a differenza della Grecia una crisi italiana avrebbe un grande impatto sul mondo. Quando è arrivato Monti in tutte le capitali hanno tirato un sospiro di sollievo. Ora quella fiducia, accordata soprattutto alla persona, inizia a mancare perché molti problemi dell’Italia restano irrisolti».