RICHARD NEWBURY, La Stampa 17/7/2012, 17 luglio 2012
Il medico che riportò in vita le Olimpiadi - Perché gli atleti in gara ai terzi Giochi Olimpici che si terranno a Londra, sfileranno non solo davanti alla regina Elisabetta II, ma anche davanti a una mascotte chiamata Much Wenlock? Perché questa piccola città sul confine tra Galles e Inghilterra è il luogo dove il Dr
Il medico che riportò in vita le Olimpiadi - Perché gli atleti in gara ai terzi Giochi Olimpici che si terranno a Londra, sfileranno non solo davanti alla regina Elisabetta II, ma anche davanti a una mascotte chiamata Much Wenlock? Perché questa piccola città sul confine tra Galles e Inghilterra è il luogo dove il Dr. William Penny Brookes (1809-1895) diede il via ai primi giochi olimpici da quando l’imperatore Teodosio I vietò le Olimpiadi originali nel 393 d. C. Questi Giochi Olimpici cominciarono il 22 ottobre 1850 «per promuovere il progresso morale, fisico e intellettuale degli abitanti» con i concorrenti vincitori, provenienti da tutta Europa, premiati con una corona d’alloro e un’urna d’argento donata dal re di Grecia per il vincitore di pentathlon dell’anno. «Se i Giochi Olimpici che la moderna Grecia non è ancora stata in grado di far rivivere sopravvivono ancora oggi, non bisogna ringraziare un greco, ma il dottor W. P. Brookes», ha scritto il barone de Coubertin, di solito accreditato per la rinascita delle Olimpiadi, a proposito del suo più vecchio amico e ispiratore per La Revue Athlétique nel 1890. Much Wenlock è stato un curioso miscuglio di medioevo e rivoluzione industriale, per aver visto i primi forni di produzione di massa nella zona di Coalbrookdale e il primo ponte di ferro al mondo, quando il ferro si dimostrò più forte e le ferrovie più veloci dell’uomo. La Grande Esposizione di Londra del 1851 al Crystal Palace celebrò la globalizzazione e l’internazionalismo. Le Olimpiadi di Much Wenlock, e ben inteso lo stesso Dottor Brookes, erano una miscela di spirito bucolico e modernità. Penny Brookes era il medico di Much Wenlock, dopo aver studiato a Londra, Parigi e Padova, ed era anche un alacre magistrato. Era un erudito, parlava francese, greco e latino ed era un botanico di nota. Benché piccolo, come de Coubertin, fu un organizzatore infaticabile. Ricostruì il Palazzo Comunale, introdusse l’illuminazione stradale a gas, la ferrovia e una Borsa del mais che all’ultimo piano ospitava un istituto educativo per i lavoratori, con una biblioteca pubblica e una società olimpionica incaricata di tenere giochi annuali «di attività letterarie e tornei di belle arti e prove di d’abilità e forza negli esercizi atletici». Perché Brookes era appassionato di esercizio fisico, i suoi giochi sarebbero stati aperti a «ogni tipo di uomo». Infatti i giochi, una miscela di sport nazionali e atletica, attirarono concorrenti e spettatori a migliaia. La caccia al maiale era un classico - non diversamente dall’odierno Beach Volley con le ragazze in bikini. Il barone Pierre de Coubertin ha descritto questi Giochi che tanto l’hanno ispirato: «Ci sono stati premi per la corsa, il tiro al bersaglio a cavallo e il cricket, così come premi per le composizioni letterarie e altre opere artistiche. L’esibizione comprendeva araldi con cappelli di velluto e piume bianche, bande musicali, bandiere delle locali associazioni sportive e scolari che cantavano inni e lanciavano petali di fiori. Il percorso partiva da due taverne locali, dal Corvo e da Gaskel fino ai «Campi dell’Olimpo». Alle cerimonie di premiazione le signore incoronavano i campioni in ginocchio con serti di alloro. C’erano striscioni con iscrizioni greche. I partecipanti piantavano alberelli che erano solennemente battezzati con lo champagne. Il Barone de Coubertin concludeva così il suo rapporto: «Dal tramonto dell’antica Grecia la razza anglosassone è l’unica che apprezza pienamente l’influenza morale della cultura fisica e dà a questo ramo della scienza didattica l’attenzione che merita». De Coubertin era un impressionabile bambino di sette anni quando i tedeschi fanaticamente in forma e socialmente darwiniani avevano umiliato i francesi, per lui, ormai sorpassati, a Sedan nel 1870. La sua stessa educazione, rigorosamente aliena dallo sport, presso il collegio dei Gesuiti lo rendeva desideroso di quello che i francesi chiamavano con disprezzo il «regime arnoldiano» in vigore presso la Scuola di Rugby, dove William Ellis per primo giocò a calcio e dove una mente sana in un corpo sano si sviluppava grazie allo studio e allo sport. Lo sport, come De Coubertin apprese con entusiasmo da Hippolyte Taine nelle sue «Note sur l’Angleterre» era «l’apprendistato tanto per l’obbedienza come per il comando». «Gli inglesi riconciliano la libertà con la subordinazione e sono più vicini alla comprensione delle condizioni in cui la società può esistere e ai diritti e ai doveri di un cittadino». Per de Coubertin l’ideale olimpico nacque dalla scuola pubblica inglese (cioè privata) come quella di Rugby, che trasformava i figli del commercio in proconsoli. Questi adoratori del «fair-play» convertivano la loro aggressività giovanile in una partita giocata dai club e con regole nazionali e internazionali: un libero commercio dello sport. C’era un gran vociare di critica francese contro l’importazione di questa malattia britannica di muscolosità organizzata verso la Francia che «importava sport interscolastici come altri importano cani da caccia e cavalli da corsa». Questi festeggiamenti deplorevoli «che stanno diventando troppo frequenti, soprattutto in fase di esame». Queste «deplorevoli competizioni che stanno diventando troppo frequenti soprattutto nel periodo degli esami. Queste gare ripetute minacciano di gettare nel caos gli studi ed effettivamente portano all’esaurimento fisico degli alunni». Si può capire perché de Coubertin cercò ispirazione per le sue Olimpiadi nei pellegrinaggi a Much Wenlock e alla Scuola di Rugby. In effetti non ci potrebbe essere migliore esempio del dilettantismo anglosassone di Lord Desborough, un membro del Parlamento alto due metri che aveva scalato il Cervino, attraversato a nuoto le cascate del Niagara e la Manica in barca a remi. Fu lui, con la moglie, a salvare le Olimpiadi del 1908 quando Roma si ritirò, e dopo che i giochi olimpici di de Coubertin a Parigi e St Louis erano stati derisi come intrattenimenti collaterali alle due Esposizioni Universali. Fu Willie Desborough, che raccolse 220.000 sterline e costruì uno stadio da 68 mila posti in 18 mesi, a porre le basi per i moderni Giochi olimpici. Nel 1994 lo spagnolo Juan Antonio Samaranch, il presidente del Cio - Comitato Internazionale Olimpico - ha visitato Much Wenlock per deporre una corona sulla tomba di Penny Brookes che, ain realtà è stato il fondatore dei moderni Giochi Olimpici».