Valerio Maccari, Affari & Finanza, La Repubblica 16/7/2012, 16 luglio 2012
IL BLACKBERRY PERDE QUOTE TRAVOLTO DA APPLE E SAMSUNG NON È PIÙ RE DEGLI SMARTPHONE
Perdita di quote di mercato, declassamento da parte di Morgan Stanley, crollo del valore delle azioni, difficoltà a far arrivare prodotti sul mercato e, adesso, anche l’ostilità degli azionisti. I guai di Research in Motion, la società canadese produttrice del Blackberry, sembrano essere senza fine, nonostante le assicurazioni del Ceo, Thorsten Heins. Una situazione maldigerita dagli azionisti della società, che nell’assemblea annuale hanno attaccato pesantemente il board direttivo. Si è addirittura prospettata una class action contro i vertici della società. Colpevoli, secondo gli azionisti, di minimizzare la situazione di crisi della società. Nel mirino soprattutto le recenti dichiarazioni di Heins, che aveva assicurato clienti e azionisti sostenendo che non ci fosse “nessun problema nella società”. Un’affermazione che, a qualcuno, è parsa decisamente fuorviante, soprattutto se confrontata con le cifre dei risultati raccolti da Rim negli ultimi anni. Nel 2007, anno di uscita del primo iPhone nel mercato statunitense, il Blackberry era lo smartphone leader di mercato, con una quota del 41% negli Usa. Ed era anche un fenomeno culturale, tale da arrivare ad essere protagonista anche di sketch (perfino del comico cult Jerry Seinfeld) e di studi sociologici sui “blackberry people”, gli utilizzatori fanatici dello smartphone. Da allora, però si è assistito ad una discesa costante: nel 2011 lo share di Blackberry negli States si è attestato su un più modesto 11%, e i dati dei primi mesi del 2012 lo vedono addirittura al 4%, schiacciato dalla concorrenza di smartphone Apple ed Android. Ma la perdita di quote di mercato non è l’unico problema di Rim. Dallo scorso anno, la società ha visto crollare del 70% il valore delle proprie azioni, fino a raggiungere una quota di 4 dollari pericolosamente vicina al minimo storico. A gennaio di quest’anno, vista la situazione, la Morgan Stanley ha declassato il titolo Rim, con un prezzo target di 7 dollari ad azione, ancora meno delle aspettative degli altri analisti. E a febbraio un outage, un’improvvisa interruzione dei servizi di messaggistica di Blackberry ha ulteriormente minato l’immagine della società. Insoddisfacenti anche i risultati presentati nell’ultima trimestrale, con vendite in crollo del 43% a quota 2,8 miliardi di dollari, 518 milioni di dollari di perdite e il contestuale piano di licenziamento di 5mila dipendenti, quasi un terzo della forza lavoro globale impiegata dalla società che si aggiungo ai duemila già licenziati due anni fa. Una lista di difficoltà troppo lunga perché gli azionisti accettassero di buon grado le dichiarazioni ottimistiche di Heins. Che, in carica da pochi mesi, cioè da quando i Co-Fondatori e Co-Ceo Mike Lazaridis e Jim Balsillie si sono dimessi, a inizio gennaio, ha potuto fare ben poco. Se non rassicurare, appunto, che la società non è nella “death spiral”, la spirale di morte, come hanno chiosato molti analisti. Ma all’assemblea annuale dei soci, per evitare premature dimissioni, ha cercato di spiegare di non avere mai minimizzato sulla gravità della situazione. «Quello che ho detto - ha spiegato Heins - è che non c’è niente che non vada nella società così come è adesso. Non parlo della compagnia di cui sono diventato Ceo 6 mesi fa, ma della Rim di oggi. In questo periodo sono stati apportati molti cambiamenti di grande peso, sia nella dirigenza che negli obiettivi di business». Heins, che in passato era stato criticato per non aver dato una vigorosa sterzata alla compagnia, ha sottolineato i punti di forza attuali della società e ha anche delineato una strategia futura. «Chi scrive epitaffi per Rim finge di ignorare che la base del nostro servizio di messaggistica (quello colpito dal blackout quest’anno) continua a crescere, con più di 75 milioni in 175 paesi. Rim, inoltre, non ha debiti, e la compagnia ha più di 2 miliardi di dollari in cassa. E la prevista razionalizzazione della società ci permetterà di ridurre le spese annuali di circa 1 miliardo di dollari entro la fine del prossimo anno fiscale. Sfortunatamente, questo ci porterà ad essere un’organizzazione più piccola e concentrata su meno fronti». Per quanto riguarda la crescita, Heins punta soprattutto su un’espansione nel mercato emergente del Sud America, dove Blackberry è ancora competitivo. E poi, ovviamente, sull’arrivo di Blackberry OS 10: il nuovo sistema operativo, basato su quello unix-like di Qnx, che dovrebbe essere in grado di combattere ad armi pari, per funzioni e interfaccia, con i più evoluti iOs di Apple e Android di Apple. Peccato che, negli ultimi tempi, sia stato nuovamente rimandato, e adesso si attende l’uscita nel 2013, un anno dopo quella inizialmente prevista. Per questo gli azionisti nell’assemblea hanno dato battaglia. Il board è stato riconfermato, ma con un 30% di astensioni: un dato altissimo, che suona come un avvertimento per la prossima assemblea annuale, come sottolinea Vic Alboini, chairman del fondo di investimento Jaguar Financial Corp, azionista di Rim: «Il consiglio di amministrazione manca di una maggiore esperienza tecnologica e di marketing. Abbiamo eletto un nuovo consigliere, Timothy Dattels da Tpg Capital (un fondo di investimento specializzato in tecnologia), che rappresenta un passo nella giusta direzione ». Se Rim non dovesse essere in grado di rimettersi in piedi, però, la soluzione migliore sarebbe la vendita, da una parte l’hardware ormai fallimentare e dall’altro software e servizi che continuano ad avere un buon mercato. «Dovremmo dividere la società e venderla: Microsoft e Ibm potrebbero essere possibili acquirenti». Heins ha cercato di calmarli: «Vi assicuro che non siamo soddisfatti nemmeno noi delle ultime performance. Ma stiamo lavorando 24 ore al giorno per completare il percorso di trasformazione che abbiamo intrapreso ». Ma le parole di Heins sembrano, per ora, aver avuto poco effetto nel placare gli azionisti e i mercati. Che hanno dato ragione alle previsioni di Morgan Stanley, facendo precipitare ulteriormente il titolo.