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 2012  luglio 17 Martedì calendario

RUOLO E FUNZIONE SALVAGUARDATI DALLA CARTA

Intercettare il Capo dello Stato si può, foss’anche accidentalmente? No, non si può, perché le garanzie sono una prerogativa della funzione, non invece un privilegio della persona. Questa, d’altronde, è la ragione che ha indotto il Costituente quando, all’art. 90 della Costituzione, ha previsto che «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni». Infatti, ad eccezione dei due unici casi di responsabilità presidenziale esplicitamente individuati (alto tradimento o dell’attentato alla Costituzione, che prevedono la messa in stato di accusa del Capo dello Stato da parte del Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei suoi membri), in base ai quali l’articolo 7 della legge 5 giugno 1989, n. 219, su autorizzazione del Parlamento e solo dopo la sua sospensione dalla carica da parte della Corte costituzionale, consente l’uso delle intercettazioni per il Presidente della Repubblica, la Costituzione ritiene che il ruolo e la funzione esercitata dal Capo dello Stato debba essere salvaguardata. Sempre e comunque.
Ne consegue che non si può disporre nei confronti del Presidente della Repubblica nessun altro atto d’indagine, neanche, appunto, un’intercettazione indiretta, registrata accidentalmente, in quanto essa sarebbe lesiva della funzione fondamentale che quest’organo svolge nel nostro ordinamento. Pertanto, qualsiasi intercettazione, anche se rilevante ai fini dell’indagine, può essere acquisita al processo penale soltanto se assunta in modo legale. Un’intercettazione che coinvolga, anche in via indiretta il Presidente della Repubblica, non oggetto di indagine penale, rappresenta una raccolta illegale di informazioni e dunque deve essere distrutta ai sensi dell’art. 240 del C.p.p.
Invece, pur occasionalmente registrate, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, come evidenzia il decreto presidenziale, non ha ritenuto opportuno distruggere le intercettazioni delle comunicazioni del Presidente, sottolineando di volerle mantenere. Su questa base quindi trova perfettamente riscontro nelle norme la decisione della Presidenza della Repubblica di sollevare un conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo. Di qui il conflitto.
Sull’inviolabilità delle comunicazioni del Presidente della Repubblica, la dottrina ha avanzato differenti tesi. Alcuni sostengono, come già avvenuto in un caso analogo riguardo al Presidente Scalfaro nel 1997, che la tutela riguarda l’utenza telefonica e non invece la telefonata in sé. Ma è un’evidente insipienza: come se fosse possibile per il Presidente spogliarsi liberamente della funzione che ricopre, a maggior ragione cambiando telefono. Invece, altri evidenziano che va individuata, caso per caso, la garanzia fornita dallo status presidenziale, distinguendo tra attività funzionali e attività extra-funzionali. In verità è piuttosto difficile distinguere e frammentare la funzione presidenziale che fa, ovviamente in modo unitario, della libertà di comunicazione e di corrispondenza – garantita a tutti i cittadini dall’art. 15 Cost. – un dato essenziale e qualificante proprio per l’esercizio delle sue funzioni. Altri, infine, sottolineano che questa garanzia è squilibrata rispetto a quella del parlamentare, le cui intercettazioni – legittimo strumento d’investigazione, comunque particolarmente pervasivo – possono essere autorizzate dall’organo collegiale ad hoc previsto dal Parlamento, mentre ciò non è possibile nei confronti del Capo dello Stato. Eppure, qui la questione è evidente: se l’organo è monocratico, a differenza dei singoli parlamentari rispetto al Parlamento, non vi è possibilità di separare l’istituzione dalla funzione. Le due coesistono, appunto, nella natura monocratica dell’organo.
Insomma, se la mafia si sconfigge in primis con la legalità, anche l’inviolabilità delle comunicazioni del Presidente durante l’incarico è un architrave giuridico che, preservando la natura e la funzione dell’Istituzione, preserva, appunto, il rispetto delle regole: cioè, la legalità. E la legalità viene prima. Sempre.