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 2012  luglio 15 Domenica calendario

LA MIA LONDRA


Meglio avere Fede. Consapevole, sorridente, aperta. Questa è l’ultima volta che parla prima di Londra. Una conferenza- stampa per dire che passerà un po’ di giorni a casa, in famiglia, e che non c’è nessun grumo a dare fastidio. Federica Pellegrini, 24 anni, non si nasconde: non fa la modesta, né la presuntuosa. Fa la Pellegrini, appunto. Promette battaglia e intensità. Londra non l’ha mai vista, ma è vicina.
I Giochi tornano in Europa.
«Bene per me. Quelle sveglie allucinanti alle quattro della mattina per disputare le batterie a Pechino non me le dimenticherò mai. E anche ai mondiali di Shanghai non abbiamo scherzato. Finalmente si torna a fusi orari più accettabili, basta rivoluzioni dei bioritmi».
Londra sarà la sua terza partecipazione olimpica.
«Ad Atene ero la matricola, nessuno, ma dico nessuno avrebbe scommesso sul mio argento. L’oro di Pechino è stata la consacrazione e la conferma. Londra chiude un ciclo. In molti sensi. Sono dodici anni che nuoto e non mi fermo, mai un attimo di respiro. È ora di prendere una pausa. Mi regalerò un anno sabbatico, me lo merito. Confermo che la grande città non fa per me, ma con più tempo libero Roma offre grandi angoli».
Le sue avversarie finora vanno più forte.
«Bene. Ne ho bisogno. Non m’illudo che le giovani sentano la pressione dei Giochi, nel senso che non ci conto. Non faccio calcoli, le voglio in forma, senza scuse».
Lei non vuole mai parlare delle altre.
«Però stavolta non ne posso fare a meno. Confermo che non sono ossessionata dai risultati delle avversarie. Ma mi preparo a tutti gli scenari».
C’è la francese Camille Muffat
sui 200 e 400 stile.
«È andata molto bene, ha fatto tempi importanti, il suo percorso è eccellente».
Studia da Pellegrini, ha preso un mental-coach e imposta le gare come lei.
«È un po’ che lo fa, che vuole provare la sua versatilità. Voi dite che psicologicamente soffre la competizione, ma io non ci conto. E soprattutto non mi lascio influenzare
».
Figuriamoci: c’è l’americana Missy Franklin, sempre sui 200.
«Credevo andasse più veloce. Non mi ha impressionato ai trials Usa, forse però ha badato a qualificarsi e basta. Anch’io avrei fatto così, senza tirare troppo».
Ha appena 17 anni e si diverte a fare sette gare.
«Escludo si diverta. Lo dice e basta, ma non le credo. Anzi, credo che soffrirà lo stress. I Giochi sono sempre una brutta bestia, ti scatenano dentro reazioni assurde.
Pensi di essere preparata, poi arrivi al villaggio e tutto cambia. Ognuno reagisce a modo suo. Anche perché Missy ai mondiali di Shanghai la pressione
l’ha subita eccome».
C’è l’altra americana, Allison Schmitt.
«Tempi notevoli i suoi, ma ci gareggio insieme dai mondiali di Roma. Non è una sorpresa per
me, la conosco».
In sintesi?
«Ne hanno ancora da pedalare le mie avversarie. Certo, hanno potenzialità per fare bene. Ma il succo è che io ho vinto mentre loro devono ancora arrivare in alto. Avviso: ho ancora fame, non sono sazia. In più sto bene, sono contenta del lavoro svolto e reggo bene».
La solita bolla.
«Sì, il mio segreto è la bolla. Dura, forte, consistente. Io nei momenti importanti mi isolo, entro in una bolla, divento impenetrabile. Lascio passare solo quelli che mi fanno stare serena, gli altri, i negativi, stanno fuori. Le mie sensazioni sono buone, non voglio essere contaminata, né è facile distrarmi. Come si è visto
ai mondiali di Shanghai».
La sua situazione non è cambiata: è sempre fidanzata con un nuotatore azzurro, anche se non è lo stesso.
«Infatti, da quel punto di vista tutto è come prima. Non chiedetemi se riuscirò a seguire la gara d’esordio di Filippo, preferisco non parlare di noi. E vedremo gli sviluppi della nostra storia».
Sua madre dice che lei dovrebbe imparare un po’ di leggerezza.
«Vero. Prendo tutto molto sul serio, non riesco a farmi scivolare addosso le cose. M’impegno e mi preoccupo, non mi piace fare brutte figure. Anche se un certo egoismo aiuta. Ora mi dispiace che il mio manager Marco Del Checcolo che mi ha sempre seguito
con affetto, cura e attenzione, non possa essere a Londra per decisione degli alti vertici
dello sport italiano».
Lei ha detto che su di lei c’è molta morbosità.
«Difficile che mi lascino tranquilla. Anche se sono sotto la doccia vogliono sapere che tempi faccio, a volte trovo questa curiosità eccessiva. Porto sulle spalle molta responsabilità, non la scrollo, ho imparato sulla mia pelle ad accettarla e a starci comoda, anche quando molte cose non andavano bene. Non scanso i sogni e non dico evitate di sognare. Però ho bisogno di serenità ».
Claudio Rossetto è il suo quarto allenatore in due anni e mezzo: non lo ha ancora licenziato?
«No. Fa strano vero? Avevamo bisogno di conoscerci e di chiarirci. Lo stimo molto tecnicamente. Ma lui ha sempre e solo allenato uomini e in più velocisti, che sono una razza a parte. Io sono donna e non sono una velocista. Ma i momenti brutti, più che quelli belli, a questo servono: a entrare in comunicazione, a strappare e a ricucire. Io avevo delle critiche, le ho fatte, abbiano discusso e costruito un rapporto. Agli europei di Debrecen sono affondata nei 400 perché ero ancora troppo carica di lavoro. Nulla di più, non ci sono colpe».
Tra 14 giorni lei a Londra nuoterà i 400.
«Mi piace l’idea, mi sono allenata per questo. Anche se a Roma all’AcquAniene nella corsia accanto alla mia c’erano signore e bambini. Se vuoi andare forte devi avere atleti che spingono al massimo, che si azzannano per un secondo in meno, non gente che cerca il wellness. Io non posso mai contare su una situazione competitiva: o spingo da sola o non trovo duelli».
Lei scende in acqua dopo la finale del fioretto. Il suo potrebbe essere il secondo oro azzurro, tutto femminile.
«Non trovo che questo dualismo faccia bene. Sia chiaro: sono contenta che le donne siano un movimento sportivo in ascesa, ma nel nuoto i maschi hanno la nostra stessa fame e voglia di emergere».
Più Beatles o Rolling Stones, più Winehouse o Adele?
«Amy Winehouse forever. E gli Stones li preferisco. Io nuoto rock».