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 2012  luglio 15 Domenica calendario

IL RIMPROVERO DI HOLLANDE “ANCHE VALÉRIE DEVE RISPETTARE LE REGOLE”


«Gli affari privati si risolvono in privato. L’ho detto ai miei, perché accettino scrupolosamente questo principio». François Hollande prende posizione per la prima volta sul tweet della sua compagna contro Ségolène Royal. Lo fa per dovere e quasi controvoglia: il capo dello Stato non ama mettere in piazza le beghe di famiglia. Le liquida con poche parole, sperando di chiudere così una polemica cominciata un mese fa: «Il principio che ho appena ricordato sarà scrupolosamente applicato. I francesi vogliono che le cose siano chiare, che lo Stato sia diretto da chi hanno scelto e che non ci sia nessuna interferenza». Quanto a Valérie Trierweiler, dovrà essere discreta, continuare la sua attività professionale stando al suo posto: «Non c’è uno statuto per la First Lady. Valérie vuole continuare a lavorare, lo capisco. Sarà al mio fianco quando il protocollo lo esige. Non è facile prendere quel posto, devono esserci delle regole». Punto e basta: Hollande non dirà una parola di più sulla vicenda, che ha intaccato la sua immagine di presidente «normale» cui tiene tanto.
Il primo 14 luglio del capo dello Stato è stato esattamente uguale a quel che ci si aspettava. Dopo la tradizionale sfilata, Hollande ha voluto reintrodurre l’intervista televisiva, soppressa per cinque anni da Sarkozy. E nella quarantina di minuti davanti a due giornalisti è riuscito a sfuggire alle domande più insidiose.
Fedele a sé stesso ha messo in primo piano i problemi di metodo, la concertazione, la ricerca del compromesso, il rifiuto delle decisioni brutali. Con il risultato di dire ben poco, a parte un duro attacco alla direzione del gruppo Peugeot-Citroën per la soppressione di 8 mila posti di lavoro. Prima di tutto, il presidente ha coltivato il suo profilo consensuale. L’unica vera polemica è stata contro il suo predecessore e contro la destra che ha governato negli ultimi dieci anni, il cui bilancio è stato riassunto in tre cifre: debito pubblico al 90 per cento, disoccupazione al 10 per cento, deficit commerciale di 70 miliardi. Hollande ripete di voler risanare i conti del paese, ma continua a non voler pronunciare la parola rigore, preferendo parlare di sforzo.
Impossibile, tuttavia, fargli dire quali saranno i sacrifici che chiederà al paese dopo l’estate. Tutto è rinviato ai negoziati, ai rapporti, ai mediatori. Anche sul caso Peugeot—Citroën, il presidente
non dice granché. Alza la voce contro i vertici, accusati di aver mentito nei mesi scorsi e di aver ritardato l’annuncio della ristrutturazione per compiacere la destra al potere. Poco, invece, sugli strumenti che intende mobilitare contro un piano giudicato «inaccettabile». Dice che «lo Stato non lascerà fare», si preoccupa giustamente dell’indotto, ma le piste concrete sono poche. Certo, Hollande insiste sul fatto che non ci devono essere licenziamenti, ma questa è anche l’intenzione
manifestata dal gruppo automobilistico.
«Hollandismo allo stato puro», ha commentato
Le Monde.
La nomina di una commissione sulla moralizzazione della vita pubblica, che sarà guidata da Lionel Jospin, illustra bene l’attendismo presidenziale, la volontà di non strattonare il paese, come amava fare Sarkozy. Se lo stile e il metodo del presidente sono ormai chiari, e apprezzati dall’opinione pubblica, adesso si aspettano i risultati e le vere decisioni.
Quanto all’Europa, Hollande ha riconosciuto di essere un po’ solo di fronte ai leader di destra, ma ha rifiutato l’idea di un suo isolamento: «La Francia è ascoltata, guardata, talvolta osservata ». E con Angela Merkel «non c’è effusione», ma i rapporti sono «franchi, equilibrati, rispettosi» per tentare sempre di trovare un compromesso. Anche in campo internazionale, quest’ultima parola è la stella polare del presidente.