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 2012  luglio 15 Domenica calendario

IL BRASILE NON È PIÙ UN SUPERMARKET “ORA I NOSTRI GIOVANI CE LI TENIAMO”


Una volta da quelle parti si arrivava col carrello vuoto per riempirlo dei migliori pezzi in esposizione. Magari, in cambio di una manciata di euro. Qualcosa è cambiato però: il Brasile non vende più, il supermarket del calcio mondiale chiude le proprie porte all’Europa. L’ultimo episodio, forse il più eclatante, coinvolge in prima persona l’Italia, con il “no” del centrocampista Paulinho al trasferimento all’Inter di Moratti. Impensabile soltanto pochi anni fa. Il motivo? La forte volontà della federcalcio brasiliana, presieduta da José Maria Marin, di trattenere i propri migliori giovani in vista del mondiale del 2014. Quasi uno spot verso la manifestazione – ma anche verso le Olimpiadi di Rio 2016 – in nome del quale è stato assoldato, ad inizio 2011, anche Ronaldo, l’ex Fenomeno oggi gonfissimo membro del comitato organizzatore del Mundial 2014. Proprio lui, nella serata italiana tra venerdì e sabato, ha
fatto pressione direttamente su Paulinho per convincerlo che restando in Brasile avrebbe avuto più facilmente un posto fisso in nazionale, e spingendo il Corinthians a rinnovargli il contratto superandola anche se di poco, l’offerta interista. «Resto in Brasile», ha fatto sapere il giocatore. E un altro «no» è arrivato dal San Paolo per l’altro talento Lucas. Anche lui nel mirino dell’Inter, scavalcata però nella corsa dai 25 milioni di sterline (quasi 33 milioni di euro)
del Manchester United.
«Non bastano», la risposta.
Il segno di una rivoluzione in atto: persino il fenomeno Neymar, la più fulgida stella del panorama sudamericano, ha rispedito al mittente le offerte di Real e Barcellona. Il Santos gli riconoscerà quasi 1,5 milioni di dollari al mese fino a fine 2014, grazie ai soldi del Banco Santander che ha acquistato i diritti d’immagine del giocatore. Strategia, questa, che i grandi gruppi seguono sulla scia delle grandi manifestazioni sportive, trainando economicamente
il calcio verdeoro. Con tanti saluti ai portafogli europei, ormai sempre più sgonfi causa crisi globale. Addio, dunque, alle esportazioni in massa: dai duemila giocatori ceduti all’estero nel 2008, il Brasile – oggi sesto Pil mondiale secondo il Fmi, davanti a Regno Unito e Italia – ha invertito la rotta, importando più di settecento giocatori nel 2009. E l’inizio del 2012 conferma il trend con 230 esportazioni: i campioni si acquistano dall’estero e quelli brasiliani, al massimo, circolano nel floridissimo mercato interno.
L’Internacional di Porto Alegre è il manifesto della nuova politica: dall’Italia ha ingaggiato Forlan e Juan, tratta Nilmar col Villarreal ed è pronto a chiudere per Ganso, stellina del Santos. E noi? Se nel 2009 il Milan acquistava per 10 milioni Thiago Silva dal Fluminense, oggi la spesa brasiliana di Galliani si ferma al baby portiere Gabriel. Mentre la Roma si accontenta dei semisconosciuti Dodò, Marquinho, Castàn cui a ore aggiungerà anche il paraguayano, ma del San Paolo, Piris: in tutto, 10 milioni appena. Non un caso se nella Coppa America 2011, ultima grande rassegna per il Brasile, giocavano solo 6 protagonisti del nostro football. Nel Brasile stellare del Mundial ’82 erano 9 i calciatori che in carriera hanno giocato nel nostro paese. Addirittura 11 su 22 i Verdeoro campioni nel ’94 con esperienze italiane nel curriculum. Il segno dei tempi: adesso, chi avrà il coraggio di chiamarlo supermarket...