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 2012  luglio 15 Domenica calendario

IL NOSTRO OBIETTIVO È LA STABILITÀ MA PER FAR RIPARTIRE IL PAESE SERVE UN GOVERNO NATO DALLE URNE


Nonostante le valutazioni delle agenzie di rating, si può iniziare a vedere la luce in fondo al tunnel. Ma per risolvere radicalmente i problemi del Paese serve una “visione” complessiva. E solo un governo che nasca dalle urne e non risponda al principio delle larghe intese può averla. Il ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, guarda già al 2013. «Non sarò candidato», assicura. Ma avverte che il prossimo esecutivo dovrà essere il frutto di una «competizione reale». Con posizioni chiare. Il governo Monti ha fatto le cose «indispensabili» ma non «sotto dettatura» della Ue e dei mercati. Il problema semmai è che quei «mille» investitori che determinano l’andamento dei mercati, si fanno orientare «dai «salotti», ma non sono persone di «grande finezza ».
Eppure l’Italia sembra ancora sotto attacco. Rischiamo di essere il prossimo obiettivo della speculazione?
«Non credo ai complotti. Ma nella situazione di incertezza che si vive a livello internazionale, basta un respiro per aggregare convincimenti in quelle mille persone che comprano o vendono titoli. Ma saremo in grado di essere convincenti».
È solo questo? Anche il taglio del rating da parte di Moody’s fa parte di questa forma di condizionamento?
«Non sono nelle segrete stanze, ma non mi pare ci sia un’altra spiegazione».
Non c’è il rischio di una sorta di dittatura dei mercati, soprattutto se non c’è controllo sui giudizi delle agenzie di rating?
«Il 99% delle cose fatte da questo governo andava comunque fatto. Si tratta di provvedimenti che attendevano da anni l’approvazione, non di misure prese sotto dettatura. Il problema semmai è un altro...».
Quale?
«In una situazione di grandissima confusione, nessun paese può permettersi di essere un po’ pazzerello, come è capitato per un periodo a noi. Se lo fa, tutti si convincono che è quello da attaccare. Quello sul quale la speculazione può ottenere risultati. Non è una dittatura ».
E il governo è riuscito a convincere che l’Italia non è più pazzerella? O manca qualcosa?
«Ogni governo deve rispondere del mandato che gli è stato assegnato. Noi dobbiamo ricostruire le condizioni di stabilità, reintrodurre il rigore nella rete economica e sociale e nell’azione pubblica. Questo governo non deve disegnare una visione di lungo periodo, questo spetta solo all’esecutivo che emergerà dal confronto elettorale ».
Vuol dire che l’attuale governo non può avere una visione di lungo termine in grado di
affrontare le criticità nazionali?
«La storia degli ultimi 23 anni è una storia fatta di mancate riforme, il Paese ha cercato di riformare se stesso ma i risultati sono stati modesti. Per lo sviluppo serve una visione che solo un mandato elettorale può attribuire».
Quindi dobbiamo aspettare il 2013?
«In questi anni nessuno ha raccontato quale fosse il rapporto tra capitale e lavoro, tra pubblico e privato. Abbiamo aggiunto norme a norme, con pezzi presi qua e là. I governi non hanno avuto una visione del capitalismo. Ci può riuscire
un governo che esce da un confronto elettorale. Anche il governatore della Banca d’Italia Visco ci ha detto che solo così si può, ad esempio, realizzare un progetto di manutenzione del patrimonio immobiliare e del territorio».
La visione può averla anche un governo appoggiato da una grande coalizione?
«Non lo so, deve essere un governo che ha una visione netta, deve nascere da una competizione elettorale vera».
Ma lei si candiderà alle prossime elezioni?
«Assolutamente no».
Eppure il suo nome viene spesso indicato per il 2013.
«Da parte di alcuni è un segno di garbo. Altri mi vogliono scavare la fossa».
E può essere Monti a guidare ancora questo governo?
«Lo deve chiedere a lui».
Sta di fatto che le incertezze sulla situazione politica pesano anche sul quadro economico. Moody’s ne è un esempio.
«A me sembra che la confusione sia soprattutto di Moody’s. Quando mancano le grandi istituzioni mondiali, questi signori non sono in grado di fare analisi particolarmente lucide. Non è che siano persone di particolare finezza. Riflettono l’ultima chiacchierata fatta in un salotto».
Noi vediamo la luce in fondo al tunnel o rischiamo ancora di essere al centro della speculazione?
«La macchina sta ripartendo, faccio molto affidamento sui provvedimenti presi per lo sviluppo. Se il settore delle costruzioni e quello manifatturiero ritroveranno la tranquillità nel credere che si può investire, allora la ripresa potrà prendere il via già durante la vita di questo governo».
Nel frattempo sprechiamo i fondi europei. La Sicilia è stata di fatto bocciata dalla Commissione sull’uso dei soldi comunitari.
«Il problema Sicilia esiste. Usa solo il 14,5% dei fondi che arrivano. Nel sud non tutto è così. La Basilicata arriva al 34%. Ma bisogna capire che i fondi strutturali sono una grande opportunità per la ripresa».
Come pensate di risolvere il problema-Sicilia?
«Lì si accumulano tre fattori: l’impulso nazionale si è indebolito, i siciliani hanno scarse possibilità di conoscere le opportunità a disposizione, c’è una grande frammentazione degli interventi. E soprattutto c’è una forte lontananza fra politica e pubblica amministrazione
e i cittadini».
Quindi?
«Noi martedì prossimo metteremo sul web tutti i 400 mila progetti già finanziati. Cosi tutti potranno informarsi e dire la loro opinione. In più organizzeremo tre incontri con la Regione e le forze sociali per capire cosa succede».