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 2012  luglio 17 Martedì calendario

I l più importante, ma anche il più grande poeta drammatico del Settecento è, come tutti sanno, Pietro Metastasio

I l più importante, ma anche il più grande poeta drammatico del Settecento è, come tutti sanno, Pietro Metastasio. Il primo in ordine di tempo e il più popolare dei suoi «Drammi per musica» è l’Artaserse (1730) che, nella versione intonata da Johann Adolf Hasse, inaugura con grande successo il trentottesimo Festival della Valle d’Itria a Martina Franca. Coi forti connotati classici della forma e dello stile Metastasio chiude la disordinata epoca dell’Opera barocca. I suoi Drammi sono costruiti in Recitativi in versi sciolti, ai quali per lo più è affidata l’azione, e Arie in metri regolari, alle quali è commessa la vita emotiva e lirica da questa stessa azione nascente nell’animo dei protagonisti. Le Arie si svolgono sovente con paragoni retorici indotti dalla vita ai sentimenti in ciascuna Aria sostanziantisi: ad esempio, Cacciator che intorno errando e così via. La versione di Hasse, anch’essa del 1730 e per Venezia, è la seconda, dopo quella romana dell’esponente della scuola napoletana Leonardo Vinci, dello stesso anno; all’incirca ottanta sono i compositori destinati ad affrontarlo. Della compagnia di interpreti dell’Opera di Hasse fa parte anche il grande Farinelli, sensibile e colto artista; colti erano per lo più i castrati settecenteschi, grazie anche alle severe regole della loro istruzione; Farinelli ebbe con Metastasio, dallo stesso anno poeta cesareo a Vienna, una consuetudine d’amicizia documentata nel meraviglioso epistolario. Hasse, a onta del soprannome di «sassone», è il principale compositore dell’Opera italiana della prima metà, e non solo, del Settecento. Sebbene impropriamente, e anche a Martina Franca, ascritto alla tarda Opera barocca, con conseguente realizzazione del basso continuo, è invece colui che all’Opera barocca, e anche al dominio della scuola musicale napoletana, pone fine, per introdurre prepotentemente i caratteri dell’Opera preclassica, diffusa in tutta Europa. Egli sposò il mezzosoprano Faustina Bordoni, una delle dive del canto settecentesco; attratto dal suo successo, errò per tutta Europa, come avveniva ai compositori italiani, ma la sua origine dresdense (Dresda era una capitale cattolica dell’Opera italiana) lo portò all’amicizia con Bach, che giudicava le sue Arie graziose canzoncine. Di Arie nell’Artaserse v’è una profluvie, corte e dall’invenzione musicale generica e antidrammatica; si sviluppano a partire da motivi musicali poveri e di natura ripetitiva e ovviamente dedicano alla tecnica virtuosistica della coloratura ampio spazio: Hasse è dei compositori in assoluto uno dei migliori a scriver per le voci. Oggi si adotta prevalentemente, e non qui ripeterò le mie perplessità già tante volte esposte, la soluzione di affidare le parti già scritte per castrati a voci artificiosamente occupanti la stessa tessitura, ossia sopranisti e contraltisti, i quali con evidente sforzo lo compiono. L’Arbace di Franco Fagioli non fa eccezione, e anzi lo sforzo dell’emissione contro natura lo porta a un’incapacità di pronunciare le parole a partire dallo stesso colore delle vocali, non che delle consonanti. Applauditissimo però, come l’intera partitura, che ha prodotto in noi stanchezza e noia. La partitura di Hasse è diretta da Corrado Rovaris, ovviamente dal cembalo; dal fare pretesco, costui dà attacchi ridicoli esponendo tutta la persona, quasi fosse Nikisch impegnato con una Sinfonia di Mahler. Nel palcoscenico ricavato dal cortile del Palazzo ducale si dispongono gli artisti che la regia di Gabriele Lavia sposta dalla Persia di Erodoto a un moderno regime ove gli armati sono carabinieri con pistole. L’Artaserse dura, con gl’intervalli, circa quattro ore.