Giuseppe Marino, il Giornale 16/7/2012, 16 luglio 2012
Tornano i marziani, ma siamo noi - «Signore e signori, devo riferirvi qualcosa di molto grave
Tornano i marziani, ma siamo noi - «Signore e signori, devo riferirvi qualcosa di molto grave. Sembra incredibile, ma le osservazioni scientifiche e l’evidenza stessa dei fatti inducono a credere che gli strani esseri atterrati stanotte nella fattoria del New Jersey non siano che l’avanguardia di un’armata di invasione proveniente da Marte». Bastarono queste parole, trasmesse da Orson Welles in stile «breaking news», interrompendo la musica alla radio, a diffondere il panico negli Stati Uniti. È poco probabile che lo stesso trucchetto possa funzionare con i marziani: dopo 42 missioni terrestri verso il Pianeta Rosso in sessant’anni, c’è da giurare che gli abitanti del luogo stiano già preparando i souvenir da vendere ai primi astronauti. Erano le 20 del 30 ottobre 1938 quando la trasmissione della Guerra dei Mondi suonò il primo squillo della cosiddetta Epoca d’oro della fantascienza, quella della rivista Astounding Science Fiction , delle tre regole della robotica di Isaac Asimov, delle Cronache Marziane di Ray Bradbury. Marziano diventò un sinonimo di extraterrestre: era dal Pianeta Rosso che sarebbero sicuramente arrivati i «dischi volanti » a invaderci. E invece fummo noi a far atterrare per primi una nostra capsula spaziale, il lander lanciato dai sovietici nel 1971. Poi arrivarono le immagini del robottino Mars Pathfinder, le rilevazioni di telescopi sempre più potenti e lo spettro dell’invasione, almeno quella da Marte, sparì non solo dal sentire comune, ma anche da cinema e letteratura. Settantacinque anni dopo però, l’idea dell’invasione marziana sta tornando di moda: solo che stavolta gli invasori siamo noi. Un video messo in Rete dalla Nasa ha rivelato quanto sia bollente il fascino del Pianeta Rosso. Sette minuti di terrore è un breve documentario sull’ultima missione della Nasa che prevede l’atterraggio su Marte il 5 agosto, ma è montata come un cortometraggio di «horror spaziale» cliccato centinaia di migliaia di volte su Youtube: «Abbiamo letteralmente sette minuti per scendere dall’atmosfera alla superficie del pianeta frenando dalla velocità di 13 mila miglia all’ora a zero», declama uno degli scienziati calcando sul pathos. Ed è così che ancora una volta la fiction ci riavvicina al Pianeta Rosso. Come nel 1938, ma stavolta siamo noi terrestri a sbarcare. I piani ci sono già: un’azienda olandese sta lavorando al progetto «Mars One», il cui scopo è spedire i primi coloni nel 2023. Poveri marziani, dovesse funzionare dopo secoli di pace inanimata, si ritroverebbero in un lampo col traffico di Napoli e lo smog di Milano. E poi la tv spazzatura: il concorso di Miss Marte, il Grande fratello da un altro pianeta. Per non parlare delle tasse: Marte è quasi la metà della Terra, con una superficie così ridotta, chissà che rendite catastali. E il lavoro? L’anno dura 687 giorni, ma c’è da scommettere che le ferie resterebbero di tre settimane. Speriamo almeno di non vedere mai l’euro marziano. Ma è troppo presto per preoccuparsene. Al momento il Pianeta Rosso è solo una moda di ritorno. Cruciani, quello dei braccialetti, ne ha messo in commercio uno dal nome evocativo: «Marte rosso ». E alcune rocce marziane sono finite all’asta a un prezzo superiore all’oro: 22.000 dollari l’oncia. Nello scorso giugno è uscito John Carter , film di fantascienza ispirato a un romanzo del ciclo di Marte, partorito dalla penna di Edgar Rice Burroghs, papà di Tarzan e grande del romanzo d’avventura e di fantascienza. Guarda caso, non è la storia di un’invasione aliena sulla Terra, ma quella di un veterano del Vietnam che va in trasferta. Marte ha già il suo Rambo.