Luca Doninelli, il Giornale 16/7/2012, 16 luglio 2012
Da Milano a Napoli con Italo il «low cost» per ricchi e poveri - La nostra ricognizione lungo la dorsale italiana a bordo dei treni ad alta velocità non poteva non comprendere Italo, il treno nuovo di zecca della non meno nuova compagnia Ntv, fondata da Luca di Montezemolo
Da Milano a Napoli con Italo il «low cost» per ricchi e poveri - La nostra ricognizione lungo la dorsale italiana a bordo dei treni ad alta velocità non poteva non comprendere Italo, il treno nuovo di zecca della non meno nuova compagnia Ntv, fondata da Luca di Montezemolo. Viaggiare su Italo presenta molti punti di differenza rispetto a Eurostar: alcuni di questi punti vengono spiegati dai dépliant pubblicitari siti negli appositi contenitori in fianco alle poltrone, altri sono quelli che il viaggiatore scopre da sé. E sono forse i più importanti. Il rosso di Italo è più scuro di quello di Eurostar, la linea del treno più moderna:Eurostar comincia a sentire l’età, e non ha la muscolarità setosa, un po’ vecchiotta, molto francese di un Tgv con le sue stoffe, i suoi abat-jour, a garantirgli una vita più lunga. Cominciamo con la fuffa: la differenza tra «classe»(Trenitalia)e«ambiente » (Ntv). Cose di cui non importa niente a nessuno. In ogni caso, Smart sarebbe la Seconda ( o la Standard) di Trenitalia, poi c’è la Prima - che costa come la Seconda Eurostar - , infine la Club, dall’ambiente raffinato ma dal lusso contenuto, nulla a che vedere con la faraonica Executive di Eurostar. Qui la prima parola che assale il viaggiatore è la parola Fineco: scritta in grande sulle porte del treno e poi ripetuta tante volte quanti sono i sedili, sul dorso del tavolinetto. La prima parte del viaggio è in classe, pardon, ambiente Smart. Il biglietto costa molto meno rispetto alla concorrenza e l’utenza è soprattutto di giovani, così come giovanitutti, e questa è la prima bella sorpresa - sono i membri del personale. Il modello di affabilità e cortesia un po’ casual cui si attengono questi simpatici ragazzi è stato studiato a dovere: fin dal messaggio di benvenuto, introdotto da un (eccessivamente alto) riff di pianoforte. Il viaggiatore Italo è pagante, e in Smart l’utenza è da treno regionale, oppure ricorda le vecchie migrazioni, come se qui sedessero i nipoti e i pronipoti di coloro che alla fine degli anni Cinquanta salirono a Milano, a Torino con le valigie di cartone. Qui non è come in Exe. I nipotini degli operai di allora leggono la Gazzetta, proprio come allora, e il tema del giorno è grave: il Milan. Dove andranno Thiago Silva e Ibra? Mi colpisce piacevolmente la compagine umana che Smart riesce a ottenere, ragazzi in gita, famigliole, due fidanzati africani, quattro slavi che ridono come pazzi, due signore di mezza età che parlano di scolari chiamandoli «elementi», due prof si direbbe.C’è un mix di diversità che a Milano ( dove tutti vanno in giro in divisa, o en travesti, a seconda della tribù di appartenenza: dai nerd alle sciure) non è facile trovare, perché a Milano la «gente» non esiste più, le persone non sanno più mescolarsi, non sanno stare insieme. Il basso costo unisce i popoli. Del resto, la sola Grande Stazione in cui Italo attracchi è quella di Napoli, dove viceversa la gente esiste, eccome. Come se Italo traesse la propria radice umana da quella città più che dall’enigmatica Roma o dalla sussiegosa Milano. Il modello low-cost traspare qui un po’ da tutto: dal modo di acquistare i biglietti, dalla fluttuazione dei prezzi, dall’assenza di carrozza ristorante. Se il pranzo (a pagamento) è preparato (a terra) da Eataly, il personale qui è solo Ntv, niente appalti a terzi, tipo Chef Express. In Prima e in Club passano con il carrello, mentre in Smart ti devi portare il panino da casa. Un cortese, giovanissimo e impacciato addetto-Italo mi informa che con l’attivazione del servizio non-stop Mi-Rm il servizio ristorazione migliorerà. Qui il valore aggiunto non è la ristorazione ma la connessione: non un optional per persone importanti che devono essere sempre connesse ma una condizione normale della vita di tutti, soprattutto dei più giovani. Lo stesso nome del treno (che non è Italo bensì «.italo») indica questo indirizzo. Rispetto a Eurostar,qui l’insistenza sul lavoro è meno assillante. Se Eurostar vince sull’aereo perché il tempo a bordo può essere utilizzato per lavorare, Italo non sottolinea questo aspetto: la connessione non è un diritto, non un servizio offerto ma un fatto naturale, come il viaggiare stesso. Come dire: se uno vuol lavorare in treno, che lavori: ma senza farla troppo lunga. Come la connettività, anche il design qui è stato preso più alla leggera, secondo buon senso. Le poltroncine sono targate Frau, marchio tra i meno colpiti dalla febbre dello stile, gli appendiabiti sono pratici bottoncini (in Smart come in Prima) sul bordo del sedile antistante, e dietro non si intravede nessun genio del design. Per fortuna. Infine, per concludere sul tema dell’antistress, qui la velocità (anche Italo raggiunge i 300 km/ h), viene indicata su un discreto display a inizio carrozza e non su pacchiani monitor lampeggianti. Probabilmente Montezemolo, o chi per lui, ritiene che di norma la gente abbia di meglio da fare che tenere gli occhi fissi su un monitor. A Firenze cambia la classe del mio viaggio, e dalla Smart passo direttamente alla Club, che è la top class di Italo. Anche qui niente fantascienza: i sedili, di un bel marrone rossiccio, si possono reclinare ma solo manualmente. L’insieme produce un’impressione di buon senso e praticità, nessuna voglia di stupire a tutti i costi. La classe da perfezionare è la Prima, dove viaggio da Roma a Milano. Poco interessante il blu delle sue poltroncine Frau, non ben calibrata la vendita del prodotto: la Prima di Italo costa uguale se non meno della Seconda ( o della Standard) su Eurostar, e si sta più larghi, ma le panze XXL come la mia soffrono un po’ i tavolinetti,che sono fin troppo profondi: accorciandoli di cinque, sei centimetri la sensazione di larghezza aumenterebbe per tutti. Viaggiando su Italo si capisce quanto si somiglino Trenitalia e Alitalia, che non ha mai saputo fronteggiare l’offensiva dei low- cost, e il cui programma di fidelizzazione offre biglietti gratis solo per modo di dire visto che, solo di tasse, si pagano molto più di tanti biglietti Ryanair o Easyjet. Ora, la fatica titanica di essere Compagnia di Bandiera si fa sentire anche in Trenitalia, mentre Ntv non ha di questi problemi: le basta portare sui sentieri Tav un pubblico nuovo, più giovane, più squattrinato, più simpatico. Proprio come il personale: simpatico, gentile, e soprattutto giovanissimo. L’allegria di questi ragazzi di cui è palese l’inesperienza (il mio steward, laureato in scienze della comunicazione, stava sbagliando porta a Firenze) aiuta a trovare una dimensione umana in questa fuga del paesaggio- e dal paesaggio- che tanto mi doleva su Eurostar. Anche qui: meno high-tech negli arredi e più human touch. Il problema non è: essere perfetti. Il problema è: come porgere agli altri la nostra imperfezione. Fare le Ferrari è un mestiere particolare: sono le automobili più esclusive del mondo, desiderate da tutti e accessibili solo a pochi. Al tempo stesso, Ferrari è anche il nome di un tifo popolare intramontabile, di una passione sconfinata. Il nome Ferrari unisce i due margini estremi, e produrle significa tenerli uniti. Per riuscirci non bastano le ricerche di mercato: ci vogliono intelligenza, coraggio imprenditoriale e molto buon senso. Io credo che l’esperienza Ferrari - e parlo in primo luogo di esperienza umana- sia stata utile a Montezemolo quando ha concepito questa avventura. Nonostante le molte cose perfettibili, mi è piaciuto viaggiare su Italo. Si avverte il profumo del rischio commerciale, della vera scommessa, senza nessuna certezza di riuscita, soprattutto in un tempo come questo. La Fornero ha detto che le cose vanno male e non possono che peggiorare: ma se è così, a che pro sacrificarsi? ( Non è meglio fare un bel tuffo nel baratro e poi provare a ricominciare?). Perciò mi chiedo: aiuta di più il paese il funereo richiamo governativo al dovere del sacrificio senza nessuna prospettiva, oppure un’impresa che parte nel momento peggiore sulla scorta della fiducia nella propria proposta e, intanto, dà lavoro i giovani anziché toglierlo?