Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 16 Lunedì calendario

È l’Onu la discarica dei premier bolliti - Le chiamano Nazioni Unite, ma sono anche la più grande di­scarica di politici sul viale del tra­monto

È l’Onu la discarica dei premier bolliti - Le chiamano Nazioni Unite, ma sono anche la più grande di­scarica di politici sul viale del tra­monto. Per noi italiani il caso più singolare è quello di Romano Pro­di il «mortadella» nazionale mes­so dal Segretario generale Ban Ki­moon a risolvere i problemi delle missioni di pace in Africa ovvero la summa di tutti i fallimenti onu­siani. L’ultimo caso per la platea internazionale è quello di Gordon Brown. L’ex primo ministro ingle­se considerato ­uno dei più grigi ca­pi di governo del Regno Unito è sta­to appena nominato inviato spe­ciale delle Nazioni Unite per l’edu­cazione e da settembre lancerà una crociata per garantire l’acces­so alla scuola primaria a tutti i bim­bi del pianeta. Ovviamente sono utopie, ma poco importa. Le Na­zioni-Unite pur di rottamare qual­che dinosauro della politica sfida­no anche l’impossibile. Da questo punto di vista Ban Ki moon garan­tisce livelli d’eccellenza. Grazie a lui Ricardo Lagos, un ex presiden­te cileno accusato dagli ecologisti di aver ignorato tutti i problemi ambientali, ricopre dal maggio 2007 la carica di inviato speciale per i cambiamenti climatici. Cer­to la sua è una presenza assoluta­mente ininfluente, ma sicuramen­te costosa. Anche perché in quella galleria della salata futilità si muo­vono, con lo stesso incarico, l’ex premier sud coreano Han Seung­so­o e la signora Gro Harlem Brun­dtland, famosa per aver guidato per tre volte l’esecutivo norvege­se. Insomma un ex presidente e due ex capi di governo messi insie­me per coordinare le risposte ad un cambiamento climatico su cui non esistono certezze scientifi­che. Delegare le missioni impossi­bili ai grandi pensionati della poli­tica è il chiodo fisso di Ban Ki mo­on sin dall’inizio del mandato. Nel 2007 tenta di sbolognare a Pad­dy A­shdown i negoziati sull’Afgha­nistan. Dopo aver guidato i liberal democratici inglesi negli anni in cui Tony Blair costruiva l’egemo­nia labu­rista il povero Ashdown ri­schia così di dover gestire una del­le principali grane planetarie. Consapevole delle difficoltà, gra­zie all’esperienza pregressa di al­to rappresentante dell’Onu per la Bosnia Erzegovina, Ashdown pri­ma accetta, poi capisce e regala a Ban Ki Moon il gran rifiuto. Uno degli incarichi più singola­ri è però quello d’inviato speciale per Haiti assegnato all’ex presi­dente Usa Bill Clinton dopo il ter­remoto del 2010. L’ex presidente è infatti ricordato per esser stato uno dei sostenitori di Jean-Ber­trand Aristide, l’ex prete trasfor­matosi in uno dei più corrotti pre­sidenti dell’isola. Un ex prete che per ringraziare Clinton non esitò a trasformare l’isola in una depen­dance della politica economica clintoniana. I paradossi di Ban Ki moon hanno comunque illustri precedenti. Noi italiani non pos­siamo dimenticare il caso di Betti­no Craxi. L’ex leader socialista, pa­dre nobile del nostro mastodonti­co debito pubblico, viene nomina­to nel dicembre 1989 - dall’allora segretario generale Perez de Cuel­lar - inviato speciale per il debito dei paesi in via di sviluppo. Una specie di vitalizio concesso ad un capo di governo costretto momen­taneamente a far i co­nti con il ritor­no al potere della Democrazia Cri­stiana di Ciriaco De Mita. Quel vi­talizio o­norifico lo accompagna fi­no al crepuscolo grazie al successi-voincarico di consiglierespeciale per i problemi dello sviluppo e del consolidamento della pace e del­la sicurezza. Un incarico rinnova­togli da Boutros Ghali nel marzo 1992. Ovvero appena un mese do­po quell’arresto di Mario Chiesa che apre la stagione di tangento­poli e segna la fine del segretario socialista.