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 2012  luglio 16 Lunedì calendario

Il governo rischia il salasso: deve dare 4 miliardi ai medici - Nelle vecchie borse di stu­dio dei camici bianchi si nascon­de una tegola pesantissima per il governo

Il governo rischia il salasso: deve dare 4 miliardi ai medici - Nelle vecchie borse di stu­dio dei camici bianchi si nascon­de una tegola pesantissima per il governo. In pratica Palazzo Chigi rischia di dover sborsare una cifra colossale: circa 4 miliardi di euro per non aver riconosciuto ai medi­ci che hanno frequentato le scuo­le di specialità, tra il 1982 e il 1991, le borse di studio cui invece aveva­no diritto. Un vero e proprio teso­ro: praticamente tutta la quota di gettito dell’Imu, entrata nelle cas­se dello Stato. Tutta colpa di una raffica di direttive europee che im­ponevano allo Stato di dare «ade­guata remunerazione» ai medici specializzati. Il legislatore italia­no, tuttavia, non s’è adeguato alle norme Ue per tempo e la Corte di giustizia Ue ci ha condannato: «Avete lasciato fuori tutti quelli che si sono specializzati tra l’82 e il ’91». Naturalmente molti medici hanno cominciato a prendere d’assalto i tribunali per richiedere quanto spettava loro e il risarci­mento del danno. Altrettanto na­turalmente sono fioccate le prime sentenze, tutte favorevoli ai medi­ci. La presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Econo­mia hanno quindi cominciato a staccare assegni su assegni per in­denni­zzare i camici bianchi ingiu­stamente non remunerati. Ma vediamo qualche cifra, gira­ta al giornale dall’associazione Consulcesi, la più grande associa­zione italiana che tutela decine di migliaia di nostri medici. La sola Consulcesi, ad oggi, ha portato in tribunale, vincendo a mani basse, 3.280 casi. E il governo è stato co­stretto a sborsare 204.600.000 eu­ro. Nel 2006 lo Stato ha pagato 34 milioni; nel 2010, 6 milioni e mez­zo; nel 2011, 106 milioni e mezzo ecc... Non solo: considerando che per tutti i ricorrenti è stata fatta ri­chiesta in Corte d’Appello e/ o Cas­sazione delle differenze nell’im­porto assegnato degli interessi e della rivalutazione monetaria, Pa­lazzo Chigi rischia di pagare ulte­riori 177.600.000 euro. Totale: 382.200.000 euro. Non è finita qui: gli associati che hanno cause in corso sono ben 32.127 e se tutti ­come prevedibile- dovessero vin­cere, per il governo sarebbe un ba­gno di sangue, reso ancora più do­loroso dal fatto che si stima siano in tutto 120mila i medici da rim­borsare. Il tutto in un periodo in cui lo Stato non ha più un becco di un quattrino; lo spread fa pagare salatissimi interessi sul debito pubblico; il gettito cala perché le tasse montiane hanno spremuto così tanto i cittadini che non si con­tano i fallimenti e quindi la platea dei contribuenti s’è ridotta; la cu­ra dimagrante della pubblica am­mi­nistrazione impone tagli draco­niani. Eppure la legge è legge e pre­sumibilmente si dovrà pagare. A meno che... Si cambi la legge. A prendersi a cuore la questio­ne è stato il senatore del Pdl, Stefa­no De Lillo. Il quale s’è fatto pro­motore di un disegno di legge vol­to a chiudere la partita con i medi­ci senza troppi danni per nessu­no: né per i camici bianchi e i loro diritti, né per le casse dello Stato, già drammaticamente a secco. La sua proposta parla di un rimborso forfettario per tutti i medici anco­ra in attesa e che hanno già intra­preso una causa. Proprio una setti­mana fa il provvedimento è stato incardinato e discusso in commis­sione cultura del Senato e adesso si aspetta il parere della commis­sione bilancio. Nel dettaglio, De Lillo propone un rimborso forfet­tario di 20mila euro a testa per ogni anno di corso, senza interes­si né rivalutazione delle somme. «Questa iniziativa è l’unica che possa garantire allo stesso tempo sia i legittimi interessi dei medici che non hanno ricevuto quanto lo­ro dovuto, sia l’esigenza dello Sta­to di contenere i costi - spiega al Giornale­così, l’Italia riconosce il diritto sancito dall’Unione euro­pea, intraprendendo la sola stra­da possibile per dirimere la que­stione. Sempre che anche il gover­no Monti abbia voglia di risolvere il rebus e non scaricare la patata bollente nelle mani del prossimo esecutivo».